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22 Ottobre 2024
7:30

Gli animali sanno che gli esseri umani sono pericolosi?

L'essere umano è considerato a tutti gli effetti un "super predatore", al pari di leoni, squali bianchi o coccodrilli. Anche se non possediamo lunghi artigli o denti affilati, la maggior parte degli altri animali sa che siamo pericolosi predatori.

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L'essere umano è un animale tra gli altri animali ed è considerato a tutti gli effetti un "super predatore", al pari per esempio del leone, dello squalo bianco o dei coccodrilli. A differenza degli altri animali, però, noi Homo sapiens non possediamo lunghi artigli o denti affilati e il nostro enorme ed efficace potenziale di caccia viene espresso soprattutto grazie all'organizzazione sociale e all'utilizzo di armi e strumenti.

Verrebbe quindi da chiedersi, ma gli altri animali sanno che siamo pericolosi predatori? Ci percepiscono comunque come un pericolo? La risposta a questa domanda non è semplice, tuttavia sempre più studi recenti stanno rafforzando notevolmente la crescente evidenza che buona parte degli animali selvatici in tutto il mondo temono il "super predatore" umano, talvolta molto più degli altri predatori.

La percezione del pericolo negli animali

Nel corso dei milioni di anni di evoluzione, quasi tutti gli animali ha sviluppato strategie e comportamenti che gli consentono di riconoscere un pericolo permettendo di valutare il livello di minaccia di un potenziale predatore, aumentando così le possibilità di fuga e sopravvivenza. Prede e predatori che da milioni di anni convivono e si evolvono insieme negli stessi habitat, sono infatti in perenne "lotta" coevolutiva e continuano a sviluppare sempre nuove e più efficaci strategie per cacciare o non essere cacciati.

A questi meccanismi biologici innati vanno poi sommate le abilità che molti animali, soprattutto quelli sociali, acquisiscono grazie agli insegnamenti e all'imitazione dei propri simili o anche alle esperienze individuali, che li aiutano ad associare particolari circostanze o altri animali a un potenziale pericolo. In linea generale, la maggior parte degli animali è infatti timorosa di fronte a qualcosa di nuovo o di mai visto, come un altro organismo sconosciuto o di grandi dimensioni, incluso l'essere umano. È una sorta di diffidenza o paura istintiva, che può però fare la differenza tra la vita e la morte.

Molte specie sono però in grado di riconoscere per esempio anche le vocalizzazioni, le tracce, l'odore o anche solo la sagoma di un loro predatore, in maniera spesso innata. Altri animali possono identificare invece colori, disegni e pattern solitamente associati a un pericolo. Come per esempio accade per i colori aposematici di avvertimento di animali velenosi o poco appetibili. Per quanto riguarda l'essere umano, invece, sempre più studi stanno dimostrando che anche la solo presenza della nostra specie in un area viene percepita come un pericolo dagli altri animali, anche in maniera più forte ed evidente di altri predatori naturale.

Grazie a uno studio recente, per esempio, i ricercatori hanno dimostrato che gli animali della Savana africana hanno il doppio delle probabilità di scappare più velocemente quando sentono le voci delle persone che parlano rispetto ai versi di altri animali selvatici, come il leone. Molti altri studi vanno nella stessa identica direzione, dimostrando che gli esseri umani, che spesso uccidono le prede con tassi molto più elevati rispetto a qualsiasi altro super-predatore, "terrorizzano" gli altri animali. Gli scienziati lo conoscono bene e lo definiscono infatti "paura della predazione" (da fear of predation) oppure "ecologia della paura" (da ecology of fear).

Significa quindi che anche la sola presenza dell'uomo può indurre cambiamenti comportamentali e fisiologici anche drastici nelle altre specie, inclusa la fuga, lo spostamento della distribuzione o il cambio di abitudini, come per esempio l'essere più attivi di notte quando ci sono meno persone in circolazioni. Gli animali selvatici, poi, possono grazie all'esperienza negativa imparare ad associare la vista di una persona o anche solo di un'automobile a un pericolo, soprattutto in quelle zone in cui la caccia (e quindi la pressione predatoria) esercitata dalla nostra specie è particolarmente alta.

Le possibili reazioni degli animali alla presenza degli esseri umani

leone

La maggior parte degli animali possiede quindi una naturale diffidenza nei confronti degli esseri umani. Quasi sempre, perciò, di fronte alla vista o anche solo alla percezione della presenza di una persona, sia prede che predatori tendono a scappare e a nascondersi. La distanza di fuga è considerata per esempio un indice della sensibilità degli animali al rischio rappresentato da un predatore in avvicinamento e nella maggior parte dei casi, quando un animale si imbatte in un essere umano, è sempre molto alta.

Sappiamo però, in generale, che di fronte ai cambiamenti ambientali gli animali possono adeguare il proprio comportamento a seconda delle circostanze. In alcuni ambienti particolarmente urbanizzati, per esempio, molte specie sinantropiche riducono questa distanza di fuga, soprattutto se tendono ad associare agli esseri umani la possibilità di ottenere del cibo, come nel caso degli individui particolarmente confidenti e abituati al contatto con le persone. Tuttavia, questa distanza di fuga talvolta si riduce anche in animali che non hanno mai incontrato un essere umano in vita loro o che vivono in regioni particolarmente isolate dove la pressione esercitata dalla caccia è molto bassa o del tutto inesistente.

In alcuni casi, inoltre, la sola presenza umana ha spinto molte specie a cambiare completamente abitudini o a frequentare solo determinati habitat. Accade per esempio con grossi erbivori o carnivori confinati in aree montuose o molto selvagge oppure con molti predatori diventati nel tempo prevalentemente notturni, proprio per ridurre il rischio di incontro con la nostra specie.

Se è vero che nella maggior parte dei casi gli animali fuggono o evitano il contatto con l'essere umano, in alcune particolari circostanze le reazioni possono essere talvolta anche molto aggressive. Accade sia con animali carnivori che erbivori, quando per esempio si sentono minacciati, alle strette o senza via di fuga. Ma accade anche quando ci imbattiamo in animali per esempio feriti, accompagnati dai cuccioli o nei pressi di una carcassa appena conquistata. In questi casi, sentendosi minacciati, molti animali possono reagire all'uomo anche in maniera molto aggressiva.

I fattori che influenzano la paura o la fiducia degli animali verso gli esseri umani

Come detto, nella maggior parte dei casi è la forte pressione predatoria legata alla caccia o al bracconaggio a far crescere la paura per l'uomo negli animali selvatici. Anche la sola presenza, tuttavia, può determinare grossi cambiamenti nell'ecologia, nel comportamento e nella distribuzione delle specie selvatiche. Ruolo fondamentale lo gioca poi anche l'esperienza individuale. Se un animale ha vissuto un incontro negativo con la nostra specie, come un tentativo di caccia o anche solo un allontanamento forzato, molto probabilmente assocerà anche in futuro l'essere umano a un pericolo da cui tenersi a distanza.

L'esperienza può però anche cambiare e ribaltare completamente questa percezione, aumentando negli animali la fiducia verso le persone. Questo fenomeno è però molto pericoloso per la fauna selvatica, poiché espone questi animali particolarmente confidenti a molti più pericoli, aumentando inevitabilmente anche il rischio di incidenti. In gergo un animale "confidente" è un individuo poco timoroso nei confronti delle persone e dei centri abitati, che ha perso quindi la naturale diffidenza nei confronti della nostra specie.

Questo fenomeno può essere favorito da vari fattori e può probabilmente essere trasmesso dalle madre ai figli, come sembra succedere per esempio con gli orsi. Un animale che tende a essere confidente lo diventa sempre di più se avvicinandosi a case e persone vive ripetutamente esperienze positive, ovvero se trova del cibo. Si tratta di una condizione che andrebbe sempre evitata con gli animali selvatici, che siano lupi, orsi o cervi, poiché aumenta esponenzialmente il rischio per la salute di questi individui (che finiscono spesso per essere investiti, uccisi o catturati) e di incidenti con gli esseri umani, come morsi o attacchi.

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