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15 Gennaio 2025
11:32

Fotografa due rari leopardi delle nevi sull’Himalaya: «Privilegio vederli liberi in luoghi remoti»

Durante uno dei suoi viaggi sull'Himalaya, il fotografo naturalistico Marco Gaiotti ha immortalato due rari leopardi delle nevi. Un’emozionante sfida tra natura selvaggia e conservazione di una natura sempre più fragile.

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Intervista a Marco Gaiotti
Fotografo naturalista
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Leopardi delle nevi sull’Himalaya (Foto di Marco Gaiotti)

Due leopardi delle neve, veri fantasmi della montagna, si muovono silenziosi lungo i crinali dell'Himalaya, uno dei sistemi montuosi più inaccessibili del mondo. A osservarli c'è Marco Gaiotti, un cacciatore di foto selvagge che dalla sua Genova gira il mondo in cerca di incontri rari ed emozionanti, una passione che nel 2023 gli è valso un posto da finalista nel concorso internazionale Wildlife Photographer of the Year People’s Choice Award, il più importante riconoscimento dedicato alla fotografia naturalistica promosso dal Museo di Storia Naturale di Londra.

«Sono animali che capaci di trasmettere un'emozione, soprattutto quando sono così rari. Al di là della volontà di portare a casa un risultato fotografico, l'emozione più grande è riuscire a godersi la scena e osservare il comportamento in natura degli animali in zone remote».

Non è facile fare fotografia naturalistica in ambienti selvaggi, o immortalare incontri con animali difficili da avvistare come il leopardo delle nevi, soprannominato "il fantasma della montagna" proprio per la sua straordinaria capacità di mimetizzarsi e per il comportamento elusivo. Marco però ne ha fotografati due: si tratta di fratelli con una storia particolare.

L'incontro con il leopardo delle nevi sull'Himalaya

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L'Himalaya è la catena montuosa più grande del mondo, attraversa sei paesi dell'Asia centrale e le sue vette più famose, tra cui l'Everest, sono luoghi inospitali per la maggior parte degli esseri viventi. C'è però un animale che si muove con sicurezza su crinali alti fino a 5.400 metri, si tratta del leopardo delle nevi (Panthera uncia).

Questo felide è considerato "vulnerabile" dall'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), l'ente che a livello globale monitora lo stato di salute delle popolazioni animali. Avvistarne uno non è difficile solo perché la pelliccia gli conferisce un camuffamento naturale, ma anche per le condizioni ambientali e la scarsità degli individui.

Marco però, l'anno scorso ne ha avvistati due: «Si tratta di due fratelli che proprio l'anno scorso sono rimasti orfani della madre, un leopardo molto anziano che monitoravo da undici anni e avevo capito che era quasi al termine della sua vita. Quando è morta i due cuccioli erano già abbastanza grandi per vivere da soli e il primo inverno senza la madre lo non hanno passato insieme, in un certo senso hanno deciso di continuare la loro "vita da cuccioli", ma erano già in grado di cacciare da soli. A fine gennaio partirò di nuovo: voglio sapere come sta procedendo la loro vita».

Tra coloro che si occupano di fotografia naturalistica è comune l'abitudine di seguire uno o più esemplari nell'arco della loro vita, e così è stato anche per la famiglia di leopardi delle neve avvistati sull'Himalaya. «Tutti gli anni, a fine gennaio, mi reco in quei posti, e lo faccio regolarmente da un po'. Per me è un progetto un po' di ampio respiro».

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Ci sono però incontri sporadici, e altrettanto fortunati. «Ricordo uno dei miei primi avvistamenti di leopardo delle nevi, è stato anche uno dei più interessanti che abbia fatto in assoluto: si trattava dell'accoppiamento di un maschio e una femmina, abbastanza raro da fotografare in natura». Fotografare gli animali nel loro ambiente naturale significa però non sapere se si tornerà a casa dopo ore di avvistamento, e con ogni condizione climatica, senza portare a casa un singolo fotogramma: «La prima volta che sono partito con la speranza di vedere i leopardi delle nevi non avevo alcune certezza, e poi invece ho assistito a una scena spettacolare: c'erano queste due femmine che che camminavano lungo un crinale con anche una luce molto bella. È stato veramente emozionante assistere a tutta la scena».

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Gli avvistamenti più belli in natura: orso polare, lince iberica e panda

Sono tanti gli animali che, proprio perché avvistati nel loro habitat naturale, riescono a regalare emozioni e anche a fare scoprire un nuovo modo di vivere. «Ho sempre viaggiato con un occhio alla natura, fin da bambino con la mia famiglia, quindi è stato un percorso molto lento. Sono passato dall'essere solo un viaggiatore con la macchina fotografica all'essere un fotografo, ma ho impiegato un bel po' di tempo, non è stato un cambiamento improvviso».

La folgorazione in questo caso non è avvenuta sula via di Damasco ma al gelo dell'Alaska: «Era il 2009, un'esperienza estremamente selvaggia e in autonomia, quindi senza appoggi locali. Un idrovolante ha letteralmente scaricato me e l'altra persona con cui viaggiavo in un'area remota e una settimana dopo è venuto a riprenderci. Al termine di questa esperienza ho capito che questo tipo di attività non la fai solo per piacere, c'è qualcosa di più. Quella è stata la molla che poi mi ha portato a puntare sulla fotografia professionale, ma i primi risultati sono arrivati anni dopo, nel 2013 con delle foto dell'Artico, alle isole Svalbard, dove è possibile trovare luci molto particolari e orsi polari in ambientazioni uniche». Qui scatta la foto dell'orso polare che gli varrà il premio internazionale di fotografia naturalistica “Oasis Photocontest Roero”.

«Mi trovavo su una barca, era l'estate del 2020 in pieno periodo Covid. Dato che le navi erano quasi vuote ho avuto la possibilità di fare due viaggi allo Svalbard. Quando ho fatto lo scatto la luce non era particolarmente interessante e quindi ho deciso di puntare a uno sviluppo monocromo, sovraesponendo l'immagine, ed è venuta bene perché ha valorizzato con l'intera scena».

Avvicinarsi alla fotografia naturalistica in maniera professionale però significa anche prendere coscienza della fragilità dell'ecosistema. L'esempio è la lince iberica (Lynx pardinus), la specie di lince più minacciata del mondo, oppure il lupo etiope (Canis simensis), considerato in pericolo di estinzione a causa del conflitto con l'uomo.

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Lince

«Il lupo etiope in particolare per generazioni è stato osteggiato dai pastori – spiega Gaiotti – grazie all'interesse intorno a questo animale piano piano nei parchi naturali si è riuscito a prendere un po' di consapevolezza e a ripristinare il loro habitat».

Il simbolo di questa fragilità strutturale dell'ecosistema e delle sue creature è però ancora una volta il panda gigante (Ailuropoda melanoleuca). «È uno degli animali più difficili che abbia mai provato a fotografare. Sono riuscito ad avvistarli in natura, ma mai a fotografarli».

Il problema del fototurismo di massa per la conservazione della fauna selvatica

L'interesse sempre più diffuso verso la fotografia naturalistica però rischia di portare una grande quantità di persone anche nelle aree più selvagge e remote, dove i "turisti della natura" potrebbero causare un danno significativo agli animali, come ammette lo stesso Marco: «Ci sono zone del mondo in cui sicuramente la turistificazione ha causato dei danni, tuttavia rendere un animale selvatico di interesse per l'economia dei locali, può contribuire a favorirne la conservazione».

Il conflitti uomo-animale è particolarmente evidente e drammatico dove i selvatici scontano una forte riduzione de loro habitat naturale, sovrapponendosi agli agricoltori e allevatori. Il risultato più cruento di questa dinamica si è verificato in Uganda nel 2021 quando 6 leoni sono stati trovati morti, uccisi da alcune carcasse avvelenate.

«Si tratta di un meccanismo ambivalente, l'interesse verso questi animali genera un po' di pressione sull'opinione pubblica per la conservazione, però allo stesso modo genera uno sviluppo proprio dato dalla pressione antropica, come sta succedendo in molti paesi dell'Africa».

Tutte le foto sono gentilmente concesse da Marco Gaiotti

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