I gatti rossi sono tra i più amati al mondo, ma anche tra i più rappresentati al cinema e non solo. È rosso Garfield, probabilmente il gatto dei fumetti più famoso di tutti, Romeo, il protagonista de Gli Aristogatti, ed era rosso anche Orangey, il celebre micio-attore che ha recitato con Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany e in tantissimi altri film, come Il diario di Anna Frank. Tutti questi gatti sono o erano maschi, come la maggior parte dei mici dal pelo rosso-arancione.
Questa peculiarità genetica è stata per anni un vero e proprio mistero che ha affascinato gli scienziati, i genetisti e gli amanti dei felini di tutto il mondo, almeno fino a oggi. Recentemente, due diversi studi indipendenti ancora in fase di revisione hanno infatti finalmente svelato il segreto dietro la pelliccia arancione dei gatti, scoprendo anche un nuovo meccanismo genetico che contribuisce alla colorazione del pelo e che non era mai stato osservato prima in nessun altro animale.
La genetica del colore nei gatti
Per comprendere meglio questo scoperta, occorre prima fare qualche passo indietro partendo da alcune basi della genetica felina. I gatti arancioni, così come i calico (i famosi gatti "tricolore") e quelli tartarugati, devono il loro aspetto a un gene presente nel cromosoma X. Nei maschi, che possiedono un solo cromosoma X, il colore del pelo è quindi determinato esclusivamente da quello ereditato dalla madre. Le femmine, invece, possiedono due cromosomi X, uno ereditato da ciascun genitore. Durante lo sviluppo embrionale, uno dei due cromosomi X viene reso inattivo in modo casuale, ed è proprio questo fenomeno esclusivo delle femmine a creare il caratteristico mosaico di colori nei gatti calico e tartarugati.
Ma cosa succede invece nei gatti maschi completamente rossi-arancioni? Per diversi anni, gli scienziati hanno cercato senza successo il gene responsabile del colore rosso nei felini più amati del mondo. Sapevano che non si trattava del gene MC1R, che è responsabile invece della pelliccia rossa di molti altri mammiferi (inclusi noi esseri umani), ma il mistero persisteva. Ora, Due gruppi diversi di ricercatori, coordinati rispettivamente da Gregory Barsh della Stanford University e da Hiroyuki Sasaki dell'Università di Kyushu, hanno trovato la soluzione in un gene chiamato ARHGAP36, che si trova nel cromosoma X, lo stesso responsabile della rara malattia genetica che colpì la piccola Beatrice Naso, la "bambina di pietra" morta a 8 anni nel 2018.
Qual è il gene responsabile del colore rosso nei gatti
Per scoprirlo, gli scienziati hanno analizzato alcuni campioni di pelle prelevati da gatti arancioni e non, scoprendo che i melanociti (le cellule che producono pigmento) dei mici rossi producevano 13 volte più RNA associato al gene ARHGAP36 rispetto agli altri felini. La chiave della scoperta non risiede in una mutazione del gene stesso, ma in una delezione – un particolare tipo di mutazione cromosomica – di una porzione vicina del DNA. Questa delezione sembra alterare la regolazione del gene, aumentando la produzione di ARHGAP36 e attivando una via molecolare che spinge i melanociti a produrre pigmento chiaro.
Questa scoperta è stata confermata da entrambi i gruppi di ricerca, che hanno trovato lo stesso tipi di mutazione in centinaia di gatti arancioni, tricolori e tartarugati in tutto il mondo. I risultati dei loro studi, pubblicati sulla piattaforma di preprint bioRxiv, sono ancora in fase di revisione, ma sono importanti per diversi motivi. Innanzitutto, ARHGAP36 non era mai stato associato alla colorazione del pelo, in nessuna specie animale. Inoltre, è abbastanza insolito che una mutazione aumenti l'attività di un gene invece di ridurla. Infine, il fatto che questo gene sia soggetto all'inattivazione del cromosoma X, spiega perfettamente il perché i maschi sono prevalentemente unicolore, mentre le femmine sono invece rosse "a chiazze".
Una scoperta che rende i gatti (ancora più) speciali
Questi risultati, oltre a risolvere un mistero di lunga data, rappresentano un passo in avanti notevole nello studio della genetica felina, ma aprono anche nuove strade per per comprendere sempre meglio come i geni interagiscono tra loro e con l'ambiente. Ma oltre a soddisfare l'instancabile curiosità degli amanti dei gatti, conoscere meglio l'espressione genica e le interazioni di ARHGAP36 con le altre porzioni di DNA, potrebbe anche aiutarci a comprendere meglio i meccanismi genetici in altri animali, compresi noi esseri umani. Inoltre, ci offre un esempio affascinante di come un singolo gene possa avere effetti anche complessi e specifici in base al singolo contesto biologico.
In sintesi, i gatti arancioni sono il risultato di un complesso ed elegante gioco fatto genetica, mutazioni ed ereditarietà, dove una piccola variazione in una porzione del cromosoma X, può dare origine a tante colorazioni differenti nella pelliccia dell'animale più amato al mondo e non solo, inclusa una delle colorazioni più amate e riconoscibili. Un altro motivo per ammirare questi meravigliosi felini che, secondo alcune affascinanti teorie ancora da dimostrare, sarebbero non solo più estroversi degli altri, ma anche arrivati a noi grazie ai Vichinghi. Ma questa è tutta un'altra storia.