Solo 4 giorni dalla cattura alla morte. E' questo l'ultimatum per centinaia di cani vaganti che dalla Striscia di Gaza o dal confine settentrionale con Israele hanno "osato" sconfinare e che andranno incontro all'accalappiamento e, in assenza di richiesta di adozione, all'eutanasia.
Il Parlamento israeliano ha infatti approvato un disegno di legge che stabilisce che gli animali catturati entro 20 km dalla Striscia e entro 10 km dal confine nord possano essere soppressi.
La decisione, definita «di emergenza», è passata ufficialmente dopo seconda e terza lettura all'interno della Knesset ed è in realtà un'estensione di un'ordinanza già esistente che consente ai veterinari di uccidere i cani catturati.
A descrivere la situazione dei cani liberi dei territori palestinesi e a seguire la loro situazione in prima fila c'è sempre stata l'associazione "Let the animals live" che, chiaramente, non è d'accordo con quanto ora il governo di Israele vuole mettere in atto. Le motivazioni avanzate riguardano presunti attacchi dei cani nei confronti di soldati ma in generale, invece, questi cani sono descritti come tranquilli e abituati a vivere sul territorio in presenza delle persone.
L’appello di "Let the animals live" per i cani della striscia di Gaza
«Per anni, “Let the Animals Live” ha sollecitato il Ministero dell'Agricoltura a elaborare un piano governativo umano e a lungo termine per il trattamento dei cani randagi in Israele – scrivono gli attivisti sul loro sito – In assenza di dati ufficiali sul numero di cani randagi, nel 2017 abbiamo condotto un sondaggio in collaborazione con la “Humane Society International” per contare la popolazione. Il risultato ha mostrato che ci sono circa 32.800 cani randagi in Israele, circa 20.000 dei quali si trovano nella regione meridionale. Da allora, non sono stati raccolti ulteriori dati. L'attuale stato di emergenza causato dalla guerra di Gaza ha messo sul tavolo la gravità della situazione dei cani randagi nella regione meridionale».
Una situazione dunque sicuramente peggiorata dalla guerra in corso ma le cui vittime non sono solo umane. «Durante ottobre, in seguito all'attacco di Hamas in Israele, in seguito alla violazione della barriera di confine con Gaza e, in seguito, alla mancanza di cibo nella Striscia di Gaza, i cani liberi di vagare hanno iniziato ad attraversare il territorio israeliano – specificano dall'associazione – Mentre le città e i villaggi del sud venivano evacuati, i cani si sentivano a loro agio a muoversi nella zona in cerca di cibo. I primi resoconti dei media sulla questione sono iniziati a dicembre, quando il Ministero dell'agricoltura ha stimato che circa 500 cani erano entrati dalla Striscia di Gaza».
I fondi stanziati dal Governo Israeliano per i cani, cosa è successo
In un'udienza presso la commissione istruzione della Knesset, il Ministero ha poi affermato che sarebbero stati stanziati «2,1 milioni di NIS (circa 500 mila euro ndr) per curare questi cani, per il ricovero, la sterilizzazione, la vaccinazione ecc». Secondo Let the Animals Live, però, non sono state mai prese misure adeguate. «Come pubblicato sui media a febbraio, la stima del Ministero è cresciuta fino a circa 5.000 cani che avevano attraversato la barriera». E poi c'è stata una dichiarazione ufficiale da parte del veterinario responsabile del monitoraggio governativo, il dottor Tamir Goshen: «Il 90% dei cani non sono adottabili e quindi non c'è altra scelta che condurre un'uccisione di massa».
L'associazione denuncia che è stato di conseguenza anche modificato anche lo scopo dei soldi che erano stati stanziati per procedere appunto all'eliminazione e non alle cure necessarie per consentire a questi animali di continuare a vivere sul territorio e badare alla cura del loro benessere.
«Come può il Ministero sapere quanti cani randagi erano in Israele prima della guerra, quanti sono entrati dopo la guerra e come è possibile distinguere tra cani di Gaza e cani di Israele? Come è possibile stabilire che il 90% dei cani non è adottabile senza che vengano esaminati? Senza dati sufficienti, il quadro che emerge è che il Ministero dell'agricoltura sta approfittando dello stato di emergenza per risolvere un problema che è stato trascurato per molti anni», è la conclusione di Let the Animals Live.
Nessun caso di rabbia tra i cani della Striscia di Gaza
L'organizzazione, poi, mette in evidenza anche il problema rappresentato dal governo relativamente alla salute pubblica, in particolare specificando che non vi è stato nessun caso di rabbia e che l'ultimo si è verificato nel sud (quindi non nell'area "incriminata") e nel lontano 2010. «Non ci sono dati che suggeriscano che la rabbia sia un problema a Gaza. Inoltre, il disegno di legge non sarebbe efficace nel prevenire la rabbia e ridurre la popolazione di cani randagi. L'uccisione di massa, oltre a essere incredibilmente crudele, non fornisce una soluzione efficace a lungo termine».
Da parte delle istituzioni ad ora non vi è stato altro commento se non l'intervento del ministro dell'Agricoltura, Avi Dichter, che ha espressamente indicato agli israeliani di non avvicinarsi ai cani, di non farli entrare nelle case e di adottare solo attraverso associazioni riconosciute «dopo che siano stati sottoposti a visite mediche approfondite e vaccinati contro le malattie».