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31 Gennaio 2025
14:11

“Era un membro della famiglia”: 30 mila euro di risarcimento per la morte di un cane lasciato in pensione

Una sentenza del Tribunale di Prato ha riconosciuto a una famiglia oltre al danno patrimoniale quello morale per la morte della loro Aden, una Samoiedo che avevano lasciato in una pensione di Calenzano e che ha perso la vita a causa della negligenza del gestore.

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"Il cane era un membro della famiglia". Questa frase, blindata all'interno di una sentenza, rende onore e non solo giustizia a chi ha subito la morte della propria cagna dopo averla lasciata in pensione. Ed è una sentenza importante perché riconosce il danno morale e di conseguenza il valore affettivo che caratterizza il rapporto che le persone vivono nella relazione con Fido.

La sentenza è stata firmata dalla giudice Giulia Simoni che ha condannato per negligenza il gestore di una pensione di Calenzano, dove era stata lasciata la Samoiedo Adel, a pagare circa 30 mila euro alla famiglia. Il risarcimento prevede 1.300 euro quantificati come "danno patrimoniale" ma le cifre maggiori sono state stabilite proprio per il danno emotivo causato a tutti i membri: 6 mila euro alla madre che risultava come proprietaria di Adel e 4 mila euro a testa per il marito e i figli.

Si tratta di una sentenza che fa giurisprudenza sulla scia di una diversa sensibilità da parte della opinione pubblica e della magistratura di conseguenza, in cui la giudice ha sottolineato proprio l'aspetto intimo di quello che è un dolore enorme per chi perde l'animale domestico, reputato appunto un membro effettivo del gruppo familiare. "La perdita in questione – è scritto nella sentenza – determina la lesione di un interesse della persona alla conservazione della propria sfera relazionale-affettiva, costituzionalmente tutelata, in quanto il rapporto tra padrone e animale costituisce occasione di completamento e sviluppo della personalità individuale".

Nelle motivazioni della sentenza, poi, si insiste proprio su questo aspetto anche nella parte in cui viene sottolineato che la morte della cagna ha determinato una "forte sofferenza e un profondo patema d'animo".

La Samoiedo è stata praticamente abbandonata a se stessa, secondo quanto ricostruito e agli atti dell'inchiesta che ne è conseguita dopo la denuncia delle persone di riferimento. "Il gestore non ha approntato le misure necessarie per evitare che, anche in considerazione del clima, caratterizzato da elevate temperature, il cane si ammalasse, per esempio assicurandosi che le fosse somministrato cibo idoneo e che potesse abbeverarsi regolarmente con acqua fresca; una volta constatato che l'animale stava molto male nonostante le offerte di aiuto di una collaboratrice, non si è attivato per curarla né ha chiesto l'intervento di un veterinario".

Tutto ciò, dunque, poteva e doveva essere evitato applicando in fondo le minime cure nei confronti dell'animale che è praticamente morto a causa di diarrea e disidratazione.

La giudice ha lavorato su un fascicolo d'indagine in cui la famiglia ha fornito elementi che non solo hanno portato a stabilire la colpa del gestore in termini patrimoniali ma a far sì che si arrivasse appunto a scrivere nero su bianco che la morte di un cane provoca un danno affettivo pari a quello di un qualsiasi altro componente umano della famiglia. Durante il processo, infatti, sono state mostrate le foto di compleanni e altri momenti di vita vissuta in cui la Samoiedo non mancava mai.

Il riferimento alla Costituzione nelle motivazioni della Corte è al cambiamento dell'articolo 9  avvenuto il 9 marzo 2022. E' questa la data in cui è entrata in vigore la Legge Costituzionale n. 1 del febbraio 2022 che ha introdotto nella nostra Carta Costituzionale la tutela degli animali.

Ma come spiega Salvatore Cappai, avvocato esperto di diritti animali bisogna ragionare più a fondo sul valore di questo caso nel quale la dirimente fondamentale è sapere se "la giudice ha riconosciuto o meno una sussistenza anche potenziale di una condotta di reato, per maltrattamento o uccisione di animali che renderebbe questa sentenza ancora più importante perché il danno morale, in linea di massima, viene ormai spesso riconosciuto. La giurisprudenza infatti sta facendo enormi passi avanti nel riconoscere – anche in assenza di reati – l'importanza del legame tra le persone e i propri animali domestici, compagni di vita e membri della famiglia a tutti gli effetti e, di conseguenza, nel condannare al risarcimento del danno morale (non patrimoniale) subito dalle prime".

Ciò che l'avvocato infatti mette in evidenza è appunto che la considerazione della relazione tra persona e animale domestico è cambiata anche nelle aule dei tribunali, ricordando che nel 2008 una sentenza della Cassazione "era arrivata a definire la morte di un animale d’affezione come un fastidio risibile, al pari della rottura del tacco di una scarpa da sposa, dell’errato taglio di capelli, di un’attesa stressante in aeroporto, di un disservizio in un ufficio pubblico, del mancato godimento della partita di calcio per televisione determinato da black-out elettrico. Oggi le sentenze dei Tribunali e persino le posizioni delle compagnie assicurative in sede stragiudiziale hanno iniziato a superare l'indirizzo precedente".

Infine ciò che l'avvocato sottolinea come davvero rilevante nel caso di Prato è che "la sola quantificazione del danno stabilita dal Tribunale dimostra l'importanza di questa sentenza. comunque: diverse migliaia di euro riconosciute a ciascuno dei familiari del cane deceduto testimoniano come non si tratti più la perdita come un semplice fastidio, bensì come un danno rilevante e assolutamente non trascurabile".

Le informazioni fornite su www.fanpage.it/kodami sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra il paziente ed il proprio veterinario.
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