
C'è un motivo per cui il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha messo i dazi anche su isole abitate solo da pinguini, e lo ha spiegato il segretario al commercio Howard Lutnick. Quando la scorsa settimana Trump ha annunciato ufficialmente l'introduzione dei dazi contro tutti i paesi partner commerciali degli Usa, non ha preso il via solo uno scontro commerciale nella quale sono entrati anche l'Europa e l'Italia, ma anche una guerra dei meme, e i vincitori in questo caso sono stati proprio i pinguini.
Tra i territori colpiti dai dazi sono rientrate anche le isolette di Heard e McDonald, territori esterni dell'Australia, tra i più remoti del mondo, tanto irraggiungibili da non vedere un essere umano da almeno 10 anni. Qui a scontare i dazi imposti da Trump saranno alcune popolazioni di pinguini dal ciuffo dorato, come saltarocce (Eudyptes chrysocome), che nulla hanno a che fare con la politica economica statunitense. Come però si è affrettato a spiegare il segretario Lutnick, c'è una spiegazione a questa (ennesima) controversa scelta del tycoon.
I pinguini vincono la guerra dei meme, ma gli Usa non ci stanno
L'impatto dei social network in un momento in cui a essere colpiti dai dazi saranno anche i cittadini del paese che li ha introdotti, come hanno spiegato alcuni tra i più importanti economisti italiani a Fanpage.it, non è trascurabile. Le prime imprese a pagare i dazi infatti sono proprio quelle della nazione che li impone, e con esse i cittadini meno abbienti che così sconteranno non solo l'aumento del prezzo dei beni importati, ma anche quelli prodotti in Usa ma che utilizzano materie prime estere.
Si prepara un periodo molto difficile per tutti, anche per gli statunitensi, i quali si troveranno faccia a faccia con le conseguenze della politica di Trump. In questo contesto, si gioca una guerra senza fucili ma che usa le armi dell'economia e del consenso. I principali nemici, come mostrano anche le tariffe personalizzate imposte da Trump, sono Cina ed Europa, quest'ultima infatti in quanto unione doganale risponde ai dazi come un corpo unico, e neanche le strette relazioni diplomatiche con Meloni possono salvare l'Italia.

Alla luce dell'importanza acquisita dalla comunicazione digitale sul consenso popolare, negli ultimi anni si è ha preso sempre più piede la guerra ibrida, di cui la Russia è esperta, che gioca proprio sulla capacità di influenzare la percezione dei cittadini di un paese attraverso social e media tradizionali. Un tipo di attività diverso dalla propaganda perché non avviene volto scoperto, e per questo è capace di penetrare direttamente nel sistema dell'informazione del paese colpito, influenzando le reazioni dei cittadini in maniera indiretta.
In questo contesto, anche i meme rappresentano uno strumento di costruzione e distruzione del consenso. La pioggia vignette satiriche che accostano Trump ai pinguini sono diventate un caso internazionale, e nazionale, venerdì 4 aprile, quando i principali indici azionari statunitensi sono crollati di oltre il 5%, nella settimana peggiore per il mercato azionario statunitense dal 2020. Sui social è stata sbeffeggiata la scelta di imporre i dazi anche a territori disabitati e ininfluenti per il commercio, ridicolizzando per estensione la stessa scelta delle "reciprocal tariffs".
Trump, e il suo segretario al commercio Howard Lutnick, non ci stanno e hanno scelto di rispondere.
Il segretario Lutnick: "Chiudiamo scappatoie ridicole"
Come ha dichiarato Lutnick alla CBS, l'imposizione dei dazi anche alle isole Heard e McDonald aveva lo scopo di chiudere "scappatoie ridicole" e impedire ad altri paesi di navigare attraverso le isole per raggiungere gli Stati Uniti.
Quando gli è stato chiesto dell'inclusione del territorio australiano, all'interno del quale sarebbero già figurate le isole, Lutnick ha detto: "Se si esclude qualcosa dall'elenco, i paesi che cercano sostanzialmente di fare arbitrato sull'America passano attraverso quei paesi per arrivare a noi. Il Presidente lo sa, è stanco di questa situazione e risolverà il problema".
Secondo i dati sulle esportazioni della Banca Mondiale, negli ultimi anni le isole hanno esportato negli Stati Uniti solo una piccola quantità di prodotti. Ma nel 2022 gli Stati Uniti hanno importato dal territorio 1,4 milioni di dollari Usa, quasi tutti prodotti "macchinari ed elettrici" senza nome.