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5 Novembre 2024
18:18

Dopo l’assalto, incontro tra i veterinari della Federico II di Napoli e le associazioni: «Nuova collaborazione»

L'incontro tra le associazioni del territorio e i veterinari della Federico II indica un nuovo corso per i rapporti tra professionisti e volontari a Napoli.

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Da sinistra: Aniello Anastasio, Claudia Cavallo, Fatima Gargiulo, Orlando Paciello, Maria Rosaria Anna Ceglia

Un nuovo corso per i veterinari della Federico II di Napoli e le associazioni del territorio. È questo il tema dell'incontro organizzato negli spazi della storica facoltà di Veterinaria dopo l'aggressione ai veterinari a Napoli da parte di alcune persone, sedicenti animalisti, a seguito della morte del cane di quartiere Lucky.

All'incontro hanno partecipato Aniello Anastasio, recentemente riconfermato alla direzione del Dipartimento di Medicina Veterinaria della Federico II; Orlando Paciello, direttore del Master Universitario di II Livello in “Scienze Forensi Veterinarie” e presidente dell'Ordine dei Veterinari della Provincia di Salerno. Per le associazioni hanno preso parte Claudia Cavallo, attivista molto nota sul territorio e presidente dell'associazione Meicla Zampe Indifese; Fatima Gargiulo, responsabile del rifugio omonimo; e Maria Rosaria Anna Ceglia di Zoe APS.

Al centro dell'incontro c'è stata la volontà di rafforzare i canali di comunicazione tra i professionisti della Federico II e i volontari, nell'ottica del benessere degli animali liberi, come sottolinea Paciello: «L'obiettivo è migliorare la qualità per garantire in tutta la regione servizi adeguati per tutti».

Sul tavolo della direzione veterinaria sono state poste le questioni delle convenzioni che i volontari vorrebbero per attività di routine come sterilizzazioni e controlli per la Leishmaniosi. «In alcuni periodi ho cento cani al rifugio – dice Gargiulo – pagare per ognuno di loro è impegnativo».

Quello della collaborazione tra cosa pubblica e associazioni rappresenta però un traguardo ambizioso che l'Università non può raggiungere da sola perché nella gestione degli animali liberi e vaganti la responsabilità appartiene alle autorità regionali, e il ruolo centrale appartiene al Criuv, il Centro di Riferimento regionale per l’Igiene Urbana Veterinaria. È in questa struttura che i volontari devono fare il primo accesso per i loro cani, mentre il polo della Federico II interviene solitamente per terapie di complessità più avanzata.

Il Dipartimento che si trova negli spazi della sede storica di via Delpino, alle spalle del Real Orto Botanico, offre gli spazi per le visite ambulatoriali.

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La sede storica della Facoltà di Veterinaria delle Federico II

Questo servizio è rivolto principalmente alle famiglie che vivono con animali, mentre i volontari delle associazioni devono rivolgersi al Criuv, proprio in ragione della responsabilità della Regione sugli animali vaganti sul territorio. In situazioni eccezionali però anche i cani gestiti dai volontari arrivano nelle mani dei medici veterinari della Federico II ma il timore di questi ultimi però è che alcuni vengano lasciati indietro. «Vogliamo essere sicuri che non ci siano animali di serie B – sottolinea Claudia Cavallo – Il rapporto con i professionisti della Federico II per noi è centrale ma dobbiamo sapere che c'è attenzione anche per i cani liberi e i cani di quartiere, sempre più presenti sul territorio».

Cane di quartiere era anche Lucky, la cui morte è stata al centro dell'aggressione ai danni dei veterinari.

L'aggressione ai veterinari

Lucky era un cane di quartiere di 14 anni, seguito da alcune persone del territorio. Era stato ricoverato all'Ospedale Veterinario Universitario Didattico di Napoli in gravi condizioni, ed era poi stato dimesso contro il parere medico.

Quando l'animale è morto, il giorno successivo, gli attivisti sono tornati al polo della Federico II accusando il personale di averne causato la morte. Ne è nata una colluttazione che ha provocato cinque feriti: due veterinari, una studentessa, un addetto alla vigilanza e un addetto alla portineria, tutti visitati al Pronto Soccorso dell'ospedale Pellegrini con una prognosi di sette giorni.

Tra le accuse mosse dai sedicenti animalisti c'era anche quella di aver lasciato il cane agli studenti. Accusa che l'ente universitario respinge e alla quale ha risposto con una denuncia per i gravi fatti verificatisi nel chiostro.

La vittima però resta Lucky insieme al mondo delle associazioni che vuole instaurare un dialogo, proprio per tutelare i cani di quartiere.

Chi sono i cani di quartiere

I cani di quartiere si stabiliscono autonomamente in una determinata zona della città e lì vengono riconosciuti e accuditi dalla comunità. In Campania sono previsti dalla Legge 3 del 2019 che sottolinea come «al cane si riconosce il diritto di essere animale libero, se si accerta la non sussistenza di condizioni di pericolosità per uomini animali e cose».

L'Asl si incarica di fare la valutazione relativa alla pericolosità e registrare l'animale a nome del Sindaco: sono infatti i Comuni a provvedere a loro e a disciplinare le condizioni per il riconoscimento. Ogni cane di quartiere ha uno o più referenti che si incaricano di provvedere al cibo e anche alle eventuali cure mediche.

Non si tratta di animali abbandonati a loro stessi, quindi, ma di individui perfettamente inseriti all'interno della comunità che li ospita. Un riconoscimento necessario soprattutto nel centro-sud Italia dove i numeri del randagismo sono più elevati che altrove e la presenza di animali che vivono sul territorio richiede capacità di gestione più complesse.

Qui però entra in gioco la facoltà di Veterinaria che mette a disposizione le professionalità dei docenti e dei tirocinanti per tutti.

Come funziona il pronto soccorso della Federico II

Similmente a quanto avviene per la medicina umana anche per gli animali c'è una procedura precisa per accedere all'ambulatorio. Il percorso, mostrato alle associazioni intervenute all'incontro da Paciello, inizia all'ingresso: all'accettazione una operatrice, non necessariamente una veterinaria, si occupa di registrare il paziente alla prima visita o di accompagnarlo dai veterinari se è già inserito nel sistema.

Se si sospetta un qualche tipo di infezione il cane viene dirottato su un altro percorso, all'esterno della struttura, mentre il tragitto che ha compiuto viene bonificato. Una procedura che protegge la salute degli altri cani e anche delle persone, in ottica One Health come ricorda il direttore Anastasio: «L'Italia è ai vertici in Europa per ciò che concerne la gestione delle malattie zoonotiche, cioè quelle che vengono trasmesse dagli animali alle persone».

Una volta varcata la soglia dell'accettazione, il chiostro ospita in diverse stanze le varie specialità: la radiologia dove è presente una macchina per la tac, l'oncologia dove i cani effettuano sia le visite che i trattamenti, la medicina interna. Separate poi sono le degenze per cani e gatti: questi ultimi infatti potrebbero agitarsi per odori e rumori di altri animali, rischiando di vanificare le cure a causa dello stress. C'è anche una passerella per valutare la zoppia sui cani che vi transitano sotto la supervisione dei veterinari.

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La passerella per valutare la zoppia

In questo sistema il ruolo dei tirocinanti cambia a seconda del loro grado di avanzamento negli studi, per questo ognuno ha una targhetta dove oltre al nome è riportato anche l'anno al quale sono iscritti.

«Gli studenti che intraprendono il percorso in Medicina Veterinaria come voi lo fanno perché amano gli animali – sottolinea il direttore Anastasio – A muoverli è un genuino interesse e passione per questo lavoro». È proprio il continuo capolino dei camici blu dei tirocinanti ad accompagnare i volontari intervenuti all'incontro all'interno delle stanze del chiostro settecentesco dove si trova l'ambulatorio veterinario della Federico II.

Gli allievi del primo anno si dedicano alla sola osservazione, e iniziano i primi contatti con gli animali portando a passeggio i cani. Con l'avanzare dell'esperienza aumenta anche la complessità delle mansioni, ma a toccare concretamente gli animali durante le operazioni restano solo i medici veterinari.

«Questa struttura esiste per gli studenti. Un veterinario ha bisogno più di ogni altro professionista di toccare, sempre con la supervisione del professori», ricorda Paciello mentre apre le porte dello skill lab, uno spazio in cui i futuri veterinari possono esercitarsi su manichini e pelle sintetica.

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