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La terra trema ancora nei Campi Flegrei. Nella notte tra mercoledì e giovedì, un terremoto di magnitudo 4.4 ha scosso l'area all'1:25, causando danni alle abitazioni, crolli, alcuni feriti e tanta paura. Le persone, ormai provate dagli sciami sismici che non accennano a fermarsi si sono riversate in strada anche a Napoli, cercando riparo e, soprattutto, risposte. Qui, in uno dei territori vulcanici più monitorati al mondo, a vivere nell'incertezza non sono solamente i cittadini: ci sono anche gli animali e chi si prende cura di loro nei rifugi.
Cani e gatti, animali abbandonati o salvati da situazioni difficili si trovano in diverse strutture che spesso operano già al limite delle risorse disponibili. E, mentre i piani di evacuazione per la popolazione sono ancora oggetto di dibattiti e aggiornamenti, chi gestisce questi rifugi e si occupa ogni giorno degli animali si sente abbandonato a se stesso, senza sapere cosa fare e come gestire questa situazione in caso di un'emergenza più grave.
Il grido d'allarme dei rifugi: "Non sappiamo cosa fare"

Anna Digilio, responsabile del rifugio ARPAD di Pozzuoli, si trova proprio nel cuore della zona rossa, quella che in caso di crisi dovrebbe essere evacuata in maniera prioritaria. Fortunatamente, la scossa dell'altra notte non ha causato danni alle strutture e agli animali, ma il vero problema è un altro: nessuno sa come muoversi in caso di emergenza. "La prima preoccupazione per chi vive con gli animali è che non esiste un piano di evacuazione chiaro. Non sappiamo come organizzarci. Sono tanti animali e trovare una soluzione per un esodo è complicato", racconta Digilio.
"Qualche anno fa si parlava della possibilità di un eventuale piano. Noi inizialmente siamo stati coinvolti, ma poi nessuno ci ha più aggiornati. Se domani dobbiamo evacuare, cosa facciamo? Nessuno ci dice nulla. Abbiamo circa 240 animali e siamo qui da 40 anni, in regola e tutti conoscono noi e il nostro lavoro, eppure sembra che non esistiamo nei piani ufficiali", ribadisce Digilio. La sua preoccupazione è condivisa anche da altri volontari e gestori di rifugi, che temono di trovarsi di fronte a una scelta impensabile: lasciare gli animali o restare con loro mettendo a rischio la propria vita.
"Non li abbandoneremo mai, ma chi ci aiuta?"

Tra questi c'è Luigi Carrozzo, responsabile del rifugio "L'emozione non ha voce" di Napoli, che si fa una domanda semplice, ma senza risposte: perché gli animali non vengono mai menzionati nei piani di evacuazione? "Spero che un piano ci sia, ma al momento nessuno ci ha detto niente. Noi rifugi non convenzionati direttamente con i Comuni, veniamo considerati come privati cittadini con animali domestici, ma non è esattamente così. Abbiamo strutture con decine o centinaia di animali e nessuno ci ha detto cosa dobbiamo fare". Il timore è che, in caso di emergenza, la gestione degli animali venga lasciata completamente all'iniziativa dei singoli volontari.
Una situazione complicata da gestire per chi, come Carrozzo, vive il proprio rifugio come una vera e propria missione di vita. "Se dovesse esserci una scossa davvero forte, io non abbandonerò mai i miei animali. Resterò al loro fianco se se sarà necessario".
Il bradisismo e i terremoti ne Campi Flegrei non sono di certo un fenomeno recente e inaspettato: la terra si alza e si abbassa ciclicamente da secoli. Questo significa che un piano di emergenza può e deve essere organizzato con largo anticipo coinvolgendo anche gli animali e chi si occupa di loro. I rifugi non sono semplici strutture private, ma un punto di riferimento per il territorio, con centinaia di vite affidate alla responsabilità di pochi volontari.
Oggi queste persone, così come tanti altri cittadini, chiedono risposte e soluzioni concrete, anche per i loro animali.