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1 Aprile 2025
8:11

Di chi è la colpa per le aggressioni di cani? Secondo i giudici la razza non c’entra: la nuova sentenza

La Cassazione penale ha chiarito che la razza del cane non influisce sulla responsabilità del suo umano di riferimento. Conta l'indole del cane e il dovere di custodia resta, anche nelle aree cani, indipendentemente da guinzaglio o museruola. Secondo l'avvocato Salvatore Cappai, esperto in diritto degli animali "I doveri di diligenza e prudenza sussistono sempre e comunque"

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Una nuova sentenza della Cassazione penale conferma che la razza del cane non influisce sulla responsabilità del suo umano. Si tratta di una precisazione importante che il giudice lascia a latere di una sentenza su un'aggressione avvenuta in un'area cani di Roma che ha visto protagonista un cane di piccola taglia e un Pitbull.

Come si legge nella sentenza depositata il 10 marzo, chi si difendeva sosteneva che all'interno delle aree cani si potessero non usare guinzagli e museruole, il giudice invece ha sottolineato che il dovere di custodia non viene mai meno, a prescindere dall'uso degli strumenti, e che bisogna tenere conto della personalità del cane, e non della sua razza.

Una precisazione importante, come spiega Salvatore Cappai, civilista ed esperto di diritto degli animali: "I doveri di diligenza e prudenza del custode di un cane sussistono sempre e comunque, anche all'interno delle aree cani specificamente individuate, ciò a prescindere dal fatto che nelle stesse sia o meno obbligatorio l'uso del guinzaglio o della museruola. Nessuna rilevanza assume in ordine alla responsabilità la specifica razza".

L'avvocato: "La razza non ha rilevanza per la responsabilità"

Secondo la lettura di Cappai "Nessuna rilevanza assume in ordine alla responsabilità la specifica razza, se non in termini di accentuazione ‘dell'onere di custodia e vigilanza' nel caso di cani di grossa taglia, come ad esempio il Pitbull autore dell'aggressione nel caso di specie, che è stato definito dalla detentrice come ‘diffidente'".

La sentenza, inoltre, chiarisce come "in attesa dell'emanazione di una normativa organica in materia, la disciplina dettata mediante ordinanze del Ministero della Salute sostituisca ma integri le disposizioni di rango ordinario che impongono obblighi cautelari ai custodi di cani".

La pronuncia recita testualmente che la colpa dell'umana del Pitbull è "legata non tanto alla razza del cane quanto piuttosto alla eventualità che un cane diffidente reagisca in maniera aggressiva all'avvicinamento di terzi estranei".

Il giudice infatti posto l'accento sul carattere del cane, addebitando all'imputata di aver lasciato il suo cane libero di circolare all'interno dell'area cani nonostante fosse a conoscenza della sua indole "diffidente" e nonostante un estraneo avesse manifestato l'intento di avvicinarsi e accarezzalo.

Cosa dice la sentenza: "L'indole aggressiva non dipende dalla razza"

Nella sentenza si richiama espressamente all'Ordinanza 3 marzo 2009 del Ministero della Salute che ha abrogato la lista delle razze pericolose in favore di un registro dei cani aggressivi ai qualoi i singoli animali vengono iscritti sulla base delle condizioni psicofisiche. "Da ciò – scrive il giudice – deriva che l'identificazione di un cane di indole aggressiva non può dipendere dalla razza. La sentenza impugnata ha, invece, desunto l'obbligo di tenere il cane al guinzaglio dall'essere di razza ‘rinomatamente aggressiva'".

La donna quindi, conscia del carattere del suo cane, in presenza di un altro animale nell'area di sgambamento e del relativo accompagnatore, "avrebbe dovuto fronteggiare la situazione con maggiore cura e cautela attuando una vigilanza stretta e una presenza dominante sul cane".

In questi casi avrebbe dovuto usare gli strumenti a sua disposizione come guinzaglio e museruola, anche se si trovava in area cani.

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