La notizia del licenziamento di Juan Bernabé, il falconiere che faceva volare l'aquila Olympia allo stadio Olimpico di Roma durante le partite in casa della squadra di calcio della Lazio, ha sollevato un'ondata di discussioni non solo sulla sua vicenda personale, ma anche sull'antica pratica della falconeria. Nata come arte venatoria che utilizza falchi o altri rapaci per cacciare, la falconeria oggi si trova di fronte a una difficile ricerca di una nuova e più accettabile immagine pubblica che sia al passo coi tempi. Ma tenere in cattività falchi e aquile è davvero compatibile con i principi di rispetto e tutela del benessere animale? Ma soprattutto, ha ancora senso oggi?
La falconeria: tra storia e modernità
Nata come pratica venatoria tra l'aristocrazia medievale, la falconeria si è evoluta nel tempo cercando sempre nuovi ambiti di applicazione. Oggi, i falconieri affermano di contribuire alla conservazione dei rapaci e di offrire un metodo ecologico per il controllo di specie considerate "problematiche" in città, come piccioni e storni. Questa attività viene spesso presentata come un ponte tra esseri umani e natura, un mezzo utile anche per sensibilizzare le persone sul valore di questi magnifici predatori.
Tuttavia, una volta superata la patina di romanticismo, emergono numerose controversie. L'efficacia della falconeria come strumento di controllo degli uccelli in contesti urbani o agricoli appare estremamente limitata. Se è vero che i rapaci allontanano temporaneamente gli uccelli indesiderati, questi ultimi tornano non appena i falchi cessano di volare. Dopotutto, prede e predatori convivono da millenni in ogni ecosistema, incluso quello urbano, e la presenza stabile di falchi pellegrini nelle città italiane ne è una prova evidente.
Il lato oscuro della spettacolarizzazione degli animali
Un altro ambito in cui la falconeria cerca spesso legittimazione è quello educativo. Spettacoli con rapaci incappucciati, legati e addestrati per volare a comando vengono presentati come momenti di apprendimento ed educazione ambientale sia per gli adulti che per i bambini. Tuttavia, che effetto può avere su ragazzi e adulti la spettacolarizzazione di animali selvatici costretti da un ricatto alimentare a "sottomettersi" all'essere umano?
Invece di insegnare il rispetto per gli animali e il loro ruolo negli ecosistemi, queste esibizioni rischiano di perpetuare un approccio antropocentrico e di dominanza, in cui l'essere umano si sente autorizzato ancora una volta a "piegare" la natura ai propri scopi. La riduzione di un animale selvatico a strumento di intrattenimento o spettacolo non fa altro che normalizzare l'idea che è ancora possibile privare un essere vivente della sua libertà e delle sue esigenze eco-etologiche.
Un pratica che può alimentare il commercio illegale e mettere a rischio specie rare
La falconeria si scontra inoltre con un'altra realtà spesso ignorata: i rapaci non sono animali domestici. Falchi, aquile e gufi sono predatori solitari, con comportamenti sociali poco sviluppati e un istinto naturale che li rende inadatti alla convivenza con gli esseri umani. Il loro addestramento non è una relazione bidirezionale, ma un processo basato sulla dipendenza alimentare: il rapace vola e "obbedisce" per poter mangiare, non perché stabilisce un vero legame con il falconiere.
Inoltre, la domanda di uccelli per la falconeria spesso alimenta indirettamente il bracconaggio e le catture illegali in natura di pulli e uova. In Italia, specie rare come l'aquila del Bonelli o il falco lanario sono state spesso vittime del traffico illegale di rapaci, strappati ai loro nidi per essere venduti sul mercato nero. Questo fenomeno mette ulteriormente a rischio la sopravvivenza di queste specie già minacciate e fortemente in declino.
Una pratica ormai anacronistica
Nonostante la sua lunga e affascinante storia, la falconeria appare oggi sempre più come un hobby che fatica a trovare una giustificazione etica, oltre che un status symbol. I benefici per il controllo degli uccelli, l'educazione ambientale e la conservazione delle specie sono spesso discutibili o del tutto assenti e pesantemente criticati dalla maggio parte degli ornitologi e delle associazioni. Al contrario, le implicazioni negative per il benessere animale e la conservazione della biodiversità appaiono molto più evidenti.
In un’epoca in cui la sensibilità verso la tutela della natura e il benessere animale è in crescita, è forse arrivato il momento di abbandonare questa pratica ormai anacronistica. Nuove tecnologie e approcci scientifici possono offrire strumenti più efficaci e rispettosi per gestire la convivenza con la fauna in città, ed è oggi possibile ammirare facilmente questi meravigliosi animali volare liberi e in natura, basta un binocolo. La vera tutela e l'educazione ambientale passano dal rispetto della natura, non dalla sua spettacolarizzazione.