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8 Novembre 2024
12:52

Cosa rende “speciale” la cultura umana rispetto a quella degli altri animali?

Cosa ci rende "speciali" rispetto al resto del regno animale? Un nuovo studio firmato dagli scienziati Thomas Morgan e Marcus Feldman ci offre un interessante punto di vista su ciò che distingue la cultura umana da quella degli altri animali, ovvero la sua flessibilità.

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Da sempre ci interroghiamo su cosa ci renda unici e in un certo senso "speciali" rispetto al resto del regno animale, tanto che ormai sembra quasi essere diventata una vera e propria ossessione. Prima era la mente, poi la capacità di utilizzare strumenti, successivamente la parola e, in ultimo, la trasmissione culturale. Tutte queste caratteristiche sono state poi confutate perché presenti, in modi e in gradi differenti, in molte altre specie animali. Cosa ci resta, quindi? Uno studio recentemente pubblicato su Nature Human Behavior ci offre un nuovo interessante punto di vista su ciò che distingue la cultura umana da quella degli altri animali.

Fino a non molto tempo fa, era convinzione comune che l'unicità della cultura umana risiedesse nella sua capacità di evolversi e accumularsi. Tuttavia, studi sempre più approfonditi sul comportamento degli altri animali hanno portato alla luce prove ed evidenze sorprendenti, dimostrando che anche tanti altri animali possiedono forme di culture capaci di adattamento e, in certi casi, perfino di evoluzione. Secondo gli autori di questo studio, Thomas Morgan dell'Arizona State University e Marcus Feldman della Stanford University, a rendere "speciale", o meglio diversa, la cultura umana è la sua flessibilità, ovvero la capacità di svilupparsi in direzioni sempre nuove, anziché limitarsi ad accumulare comportamenti tramandati.

Tanti tipi di culture animali

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I due autori non negano che la cultura umana abbia raggiunto una complessità enorme e che in un certo senso ci ha permesso di diventare una specie ecologicamente dominante. Tuttavia, invitano a osservare con occhi nuovi il modo in cui molte altre specie costruiscono e tramandano le proprie tradizioni culturali. Secondo loro, infatti, non è tanto l'accumulo di conoscenze a renderci diversi dagli altri animali, quanto soprattutto la versatilità culturale. Tra gli altri animali, ci sono infatti tantissimi esempi di accumulo e trasmissione culturale, sia a livello genetico che tramite apprendimento sociale.

Gli autori dello studio, per esempio, menzionano le formiche tagliafoglie che coltivano funghi come fonte di cibo. Quando una nuova regina fonda una propria colonia, porta con sé una porzione del fungo, selezionandolo e tramandandolo di generazione in generazione attraverso una vera e propria tradizione culturale. Se però per gli insetti e altri invertebrati questi comportamenti sono regolati e trasmessi soprattutto attraverso meccanismi innati e genetici, è possibile trovare anche tantissimi altri esempi molto più vicini ai nostri modelli di apprendimento e trasmissione, che coinvolgono per esempio imitazione, apprendimento sociale o vero e proprio insegnamento.

Un percorso evolutivo condiviso

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Prendiamo, per esempio, i corvi di Nuova Caledonia, abilissimi nel costruire e manipolare strumenti. Questi uccelli mostrano variazioni culturali locali, con alcune popolazioni che fabbricano strumenti diversi o più complessi rispetto ad altre. Nei primati poi, come nei nostri cugini scimpanzé, queste caratteristiche sono ancora più marcate, sia per quanto riguarda le differenze regionali nella costruzione di utensili, in particolare per la caccia alle termiti, che per altri comportamenti culturali, come l'utilizzo di insetti o vegetali per scopi medicinali. Per non parlare dei cetacei, come le orche, animali altamente sociali che vivono in gruppi che sviluppano ognuno una propria cultura e proprie abitudini di caccia e non solo.

Si potrebbero fare moltissimi altri esempi e con tante specie animali differenti, che dimostrano inequivocabilmente come la cultura non sia di certo una prerogativa esclusivamente umana, anzi. Sempre più studi ed evidenze dimostrano che esistono presupposti genetici, cognitivi e persino sociali sparsi in lungo e in largo sul grande albero della vita degli animali, a dimostrazione che si tratta di caratteristiche e abilità condivise da noi e le altre specie da moltissimo tempo e sviluppate poi in modi diversi durante i vari percorsi evolutivi dei singoli gruppi e delle singole specie. Allora, cosa distingue davvero l'essere umano e la sua cultura?

Flessibilità e "apertura": il vero segreto della cultura umana

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Secondo Morgan e Feldman, che hanno esplorato tutte le precedenti ipotesi fatte nel corso degli anni, la risposta sta nella nostra flessibilità. Secondo i due scienziati la nostra cultura è caratterizzata da una "apertura" e una flessibilità praticamente infinite. Se molte altre specie animali possono adattarsi nel tempo a specifici contesti o sviluppare comportamenti sociali e culturali, queste risposte sono generalmente limitate a una varietà piuttosto ristretta di possibilità, legata per esempio alla ricerca di cibo, alla difesa dai predatori o alle dinamiche sociali. La cultura umana, invece, sembra non avere confini.

Secondo gli autori, siamo in grado di immaginare soluzioni a problemi che non abbiamo mai incontrato prima, di creare tecnologie per affrontare condizioni e necessità completamente impreviste e nuove o di trasformare in modo profondo il nostro stesso ambiente. Questa capacità ci ha permesso di raggiungere un dominio da un punto di vista ecologico palese e impareggiabile: mentre noi esseri umani e gli animali domestici che alleviamo costituiscono oggi il 96% della biomassa dei mammiferi terrestri, tutte le altre specie selvatiche presenti sul pianeta e messe insieme rappresentano solo il 3%.

Un viaggio sempre in divenire e unico per tutti

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Le nostre capacità di adattamento e trasformazione del mondo in cui viviamo sono possibili grazie soprattutto alla nostra cultura, che funziona come un gigantesco archivio di conoscenze, tecniche e strumenti che possiamo combinare e reinventare a piacimento per rispondere rapidamente a nuove sfide. Secondo i due scienziati, la nostra capacità di collaborare, fare cose insieme e trasmetterle poi culturalmente ha portato a una quantità di innovazioni di cui nessun singolo individuo è il vero proprietario o custode, ma che tutti insieme aiutano a creare un sistema in grado di evolversi e cambiare in modo inarrestabile.

Morgan e Feldman, in in un certo senso, ci invitano a ripensare cosa significhi essere umani e "speciali": non tanto grazie a una singola caratteristica, quanto soprattutto a una rete di adattamenti, competenze e flessibilità culturale che ci permette di superare i limiti che ogni singola specie incontra sulla propria strada. La nostra unicità, in fondo, sta nell'essere "diversi" come lo è qualsiasi altra forma di vita presente su questo pianeta. Qualsiasi cosa sia a renderci tali, è perciò altrettanto vera anche per gli altri animali. Homo sapiens è unico in maniera intrinseca e irripetibile, così come lo sono l'elefante africano, il grillo campestre, la cincia dal ciuffo, il rospo smeraldino e tutti gli altri irripetibili pezzettini di biodiversità.

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