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La nascita di tre cuccioli di dire wolf, una specie estinta vissuta sulla Terra durante il Pleistocene circa 10 mila anni fa, ha scatenato un acceso dibattito sulla de-estinzione degli animali. L'Aenocyon dirus, una sorta di metalupo vissuto al tempo dei Mammut, sarebbe così il primo animale a tornare dall'estinzione.
Questo orizzonte cambierebbe il mondo della conservazione e aprirebbe scenari ancora inesplorati sotto il profilo etico. In realtà, i primi cuccioli non sono veri enocioni, ma lupi grigi geneticamente modificati, e al contrario della loro controparte selvatica questi animali non conosceranno mai la vita in natura: per loro è stata predisposta una riserva.
"Questi tentativi hanno un forte odore di antropocentrismo. Facciamo questi esperimenti perché possiamo farli, senza porci troppe domande o preoccupazioni per le ricadute dell'ecosistema e il benessere stesso degli animali", è l'analisi a Fanpage.it di Simone Pollo, docente di Filosofia morale dell'Università Sapienza di Roma.
Perché vogliamo riportare in vita i "lupi feroci"?
Il 7 aprile 2025 la compagnia statunitense Colossal Biosciences attraverso un comunicato sul social X ha annunciato di avere "riportato il dire wolf al suo legittimo posto nell'ecosistema":
Il 1° ottobre 2024, per la prima volta nella storia umana, Colossal ha ripristinato con successo una specie un tempo estinta attraverso la scienza della de-estinzione. Dopo un'assenza di oltre 10.000 anni, il nostro team è orgoglioso di riportare il lupo cattivo al suo legittimo posto nell'ecosistema. Le innovazioni di Colossal in scienza, tecnologia e conservazione hanno reso possibile realizzare qualcosa che non era mai stato fatto prima: la rinascita di una specie dalla sua popolazione di lunga data pari a zero.
L'azienda ha quindi diffuso foto e video dei cuccioli Romolo e Remo, ai quali si è aggiunta Khaleesi nel gennaio 2024. Si tratta di piccoli di Aenocyon dirus, noto con il nome comune di "lupo feroce", una specie diffusa nel continente americano migliaia di anni fa. Per riportarlo indietro i ricercatori della Colossal hanno usato pratiche di editing genomico volto a ricostruire il dna dell'animale usando il materiale gentico di canis lupus, il nostro lupo comune.

Il risultato di questo Frankenstein genetico è un lupo più grande e massiccio rispetto al normale che però non sarebbe davvero un enocione. I tre esemplari nati grazie a Colossal però sono stati salutati comunque come uno straordinario traguardo, anche se un posto per loro nel nostro ecosistema non esiste, a contrario di molte altre specie che oggi rischiano di scomparire.
Secondo la Iucn, l'ente internazionale più influente per la conservazione della fauna, negli ultimi 10 anni si sono estinte almeno 160 specie, una stima arrotondata per difetto che riguarda in maniera trasversale tutte le classi animali. Non sorprende quindi che l'aver concretamente riportato in vita una specie perduta da migliaia di anni abbia catalizzato tanto l'attenzione pubblica. Ma ha sempre senso, in termini ecosistemici, salvare una specie dall'estinzione?
"No – risponde Pollo – Dovrebbero esserci delle ragioni specifiche che hanno a che fare con la tutela dell'ecosistema o con la salvaguardia di un determinato ambiente per cui la reintroduzione di una specie acquisisce un qualche valore. In questo caso invece si parla di una specie che si è estinta molto tempo fa, troppo. C'è poi ha il valore scientifico di una scoperta, legato all'avanzamento della conoscenza, in questo caso se ne può discutere". Il filosofo mette in guardia: "Bisogna stare attenti a non confondere il progresso scientifico con il mero esercizio di stile".
Nati per la cattività: il destino dei "metalupi"
I tre metalupi non potranno riprodursi e sono destinati a vivere in una riserva certificata dall'organizzazione animalista American Humane Society e registrata presso il Dipartimento dell'agricoltura degli Stati Uniti. Qui vivranno senza potersi riprodurre e monitorati dal personale della Colossal.
"Non è detto che abbiano una cattiva qualità della vita, ma quello che dobbiamo valutare è altro – sottolinea Pollo – Bisogna capire se questo era l'unico modo di fare progredire le nostre conoscenze o se c'erano modi di farlo senza giocare la vita di individui nati per essere tenuti confinati, e che non hanno un valore ecosistemico rilevante oggi. Insomma sono più i dubbi che le ragioni positive".
La volontà di riportare indietro dall'estinzione specie che da anni, a volte qualche migliaio, non cammina più sulla Terra però è sempre più attuale: "Siamo in presenza di una moda, una tendenza che trova la propria giustificazione semplicemente nella volontà di dare prova di qualcosa".
Il rischio è che con il pretesto di salvare gli animali non si dia altro che una nuova prova di antropocentrismo, secondo il filosofo: "Siamo così preoccupati di reintrodurre delle specie estinte ormai da tempo, quando siamo nel bel mezzo della stessa estinzione di massa e la biodiversità animale e vegetale di adesso è a rischio. La scienza non deve ragionare per priorità morali in senso assoluto, però nella corsa per riportare in vita specie estinte da tempo dobbiamo farci delle domande su quali sforzi stiamo facendo per la conservazione di quelle attuali".