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Di animali estinti ce ne sono tanti, ma pochi riescono a evocare, come il tilacino, un misto di malinconia, stupore e senso di colpa. Conosciuto anche come tigre della Tasmania per le strisce scure sul dorso o come lupo della Tasmania per la somiglianza con i canidi, il tilacino è diventato un simbolo della biodiversità e degli animali spazzati via dagli esseri umani. L'aura che avvolge questa specie è talmente potente che in tanti ancora vogliono credere che ci siano alcuni tilacini nascosti da qualche parte lì fuori, tra la Tasmania e l'Australia.
Il tilacino (Thylacinus cynocephalus) era un predatore marsupiale dotato di un'enorme bocca capace di spalancarsi fino a 120 gradi, un muso affusolato, il corpo di un cane magro e le movenze di un animale schivo sfuggente. Si è estinto ufficialmente nel 1936 quando è morto Benjamin, l'ultimo individuo rimasto in vita in uno zoo, ma la sua leggenda non si è mai spenta del tutto. Da decenni si rincorrono ancora voci, avvistamenti sfocati, filmati traballanti e fake costruiti ad arte con animali impagliati.
E negli ultimi anni, è tornato prepotentemente protagonista del dibattito pubblico e scientifico anche grazie a un tema tanto affascinante, quanto controverso: la de-estinzione. Scienziati e aziende private hanno già annunciato che presto la tigre della Tasmania tornerà in vita grazie alle biotecnologie e all'ingegneria genetica. Ma possiamo davvero riportare in vita un animale estinto? E, soprattutto, avrebbe senso farlo?
Dove viveva il tilacino?

Il tilacino è stato per lungo tempo uno dei predatori apicali dell'Australia e della Nuova Guinea. Le prove fossili raccontano che viveva in buona parte di questi territori, ma qualcosa, migliaia di anni fa, cambiò per sempre la sua sorte. Già circa 2000 anni fa, il tilacino scomparve dal continente australiano, probabilmente per colpa dell'arrivo dei dingo – un altro predatore, introdotto dagli esseri umani, più efficiente e adattabile – e per la pressione crescente causata dalla presenza umana.
In Tasmania, l'isola a sud dell'Australia continentale, il tilacino trovò il suo ultimo rifugio. Alla fine del 1700, la specie sopravviveva solo tra le foreste temperate, le praterie e i boschi dell'isola. Era un animale solitario o che forse si muoveva in piccoli gruppi, attivo soprattutto nelle ore crepuscolari e che cacciava piccoli mammiferi e uccelli non volatori. Poco sappiamo sulle abitudini di questo marsupiale, la maggior parte delle informazione provengono infatti da animali tenuti in cattività e dai poco attendibili racconti arrivati dalla Tasmania.
L'immagine del "lupo marsupiale" che sbrana pecore è infatti probabilmente più leggenda che realtà: il suo morso non era tanto potente e la sua struttura fisica non suggerisce un nicchia da predatore specializzato in prede di grandi dimensioni. Eppure, fu anche questa cattiva reputazione a condannarlo. Nel giro di pochissimi decenni, il tilacino iniziò a sparire rapidamente a causa di numerosi fattori, quasi tutti riconducibili agli esseri umani, e la tigre della Tasmania diventò una rarità da ricercare e un nemico da estirpare.
Quando e perché si è estinta la tigre della Tasmania?
È la notte del 6 settembre 1936 e allo zoo di Hobart, in Tasmania, accade qualcosa che passerà alla storia. Benjamin, l'ultimo tilacino rimasto in cattività, viene dimenticato all'aperto da un custode. Le temperature insolitamente fredde per il periodo calano drasticamente e l'animale viene trovato morto il mattino successivo. Nessuno, in quel momento, sa che non solo è morto l'ultimo tilacino dello zoo, ma anche l'ultimo individuo della specie di cui si abbiano notizie certe.
L'estinzione del tilacino fu un processo lento e inesorabile e porta la firma dell'essere umano. I coloni europei lo accusarono – spesso senza alcuna prova – di uccidere bestiame e pollame. Partì così una caccia spietata e sistematica, incoraggiata anche da premi in denaro per ogni animale abbattuto. Nel frattempo, i cani rinselvatichiti portati sull'isola cacciavano le stesse prede del tilacino e lo attaccavano direttamente, intensificando la competizione. In aggiunta a tutto ciò, una malattia simile al cimurro decimò ulteriormente la popolazione.

Il tilacino era già molto raro agli inizi del Novecento. Gli zoo volevano esemplari vivi da mettere in mostra, ma nessuno riuscì mai a farli riprodurre in cattività, tranne un caso nel 1899 a Melbourne. L'ultimo tilacino osservato in natura fu abbattuto nel 1930 da un allevatore, Wilf Batty. Nel 1931 morì invece l'ultimo individuo in cattività fuori dall'Australia, a Londra. Benjamin, morto nel 1936, fu quindi l'ultimo individuo vivente della sua specie. Ironia della sorte, il tilacino venne dichiarato specie protetta appena due mesi prima della sua morte.
Eppure, per decenni, la speranza è sopravvissuta. Avvistamenti, tracce, persino offerte milionarie per chi fosse riuscito a dimostrare la sua esistenza. Ma nessuna prova concreta. Probabilmente alcuni individui sopravvissero fino agli anni 50 o 60, ma oggi la specie è certamente estinta. La IUCN lo ha dichiarato ufficialmente estinto solo nel 1982, mentre il governo della Tasmania soltanto nel 1986. Ma la leggenda non si è mai spenta davvero. C'è chi pensa sia ancora vivo e chi, grazie alle tecnologie, punta invece a riportarlo in vita.
Tilacino e de-estinzione: è davvero possibile riportarlo in vita?

La scienza, oggi, non si limita più a documentare e a studiare la vita: cerca di riscriverla. La de-estinzione è un campo emergente che mira infatti a riportare in vita specie estinte attraverso la clonazione, l'ingegneria genetica o l'ibridazione con specie affini. È un'idea sicuramente affascinante, con applicazioni potenzialmente molto utili per la conservazione della biodiversità, ma anche pericolosamente vicina alla fantascienza e all'imprenditoria che punta solo a fare marketing e utili.
Il tilacino è uno dei candidati più probabili e discussi. Esistono campioni di DNA conservati nei musei e il suo genoma è stato quasi completamente ricostruito. Alcuni scienziati hanno già annunciato che utilizzeranno questo DNA per "riscrivere" quello di un dasiuro, un marsupiale carnivoro ancora vivente e imparentato con il tilacino. Il progetto è un dei tanti obiettivi della Colossal Biosciences, un'azienda americana che vorrebbe riportare in vita animali estinti e che, con molta enfasi e tanto marketing, ha annunciato la nascita dei primi "enocioni" moderni.
Ma c'è un punto cruciale: il tilacino, quello vero, non tornerà mai. Anche se un giorno nascerà un animale con un DNA vagamente simile al suo, crescerà in un contesto completamente diverso, con una madre surrogata di un'altra specie e la maggior parte delle caratteristiche biologiche appartenenti a un altro animale. Sarà, proprio come è successo per i "meta-lupi" di Colossal (lupi grigi geneticamente modificati per assomigliare vagamente a un enocione), solo una copia parecchio imperfetta. Un simulacro.
La domanda, quindi, non è solo "possiamo?", ma anche "dobbiamo?". La storia del tilacino è una lezione, non un esperimento da replicare. Forse dovremmo concentrarci di più nel proteggere le specie e la biodiversità che ancora abbiamo, piuttosto che rincorrere i fantasmi del passato. Il tilacino, purtroppo, non c'è più. Restano solo qualche esemplare impagliato, una manciata di foto in bianco e nero, qualche filmato commovente e l'eco di una bocca spalancata su un mondo che non esiste più.