Quando pensiamo allo studio degli animali e del loro comportamento, immaginiamo esista un approccio sempre oggettivo, guidato esclusivamente dai dati e quindi libero da qualsiasi tipo di pregiudizio. Eppure, la scienza è pur sempre un processo squisitamente umano e come tale è quindi ben lontana dall'essere perfetta e imparziale. Un articolo recentemente pubblicato sulla rivista Ibis dimostra per esempio come anche in questo ambito esistono bias profondamente radicati, in particolare nei confronti degli animali femmine.
Secondo i ricercatori della National Audubon Society, tra le più importanti organizzazioni statunitensi impegnate nella conservazione della natura, l'attenzione sproporzionata verso i maschi ha portato ad alcune differenze significative nella nostra comprensione della biologia e del comportamento animale. Un problema storico che riguarda in particolare gli uccelli e l'ornitologia, ma che si estende anche ad altre discipline ecologiche.
Perché la ricerca si concentra sullo studio degli animali maschi rispetto alle femmine
In molte specie di uccelli, i maschi sono più appariscenti e quindi facili da identificare: piumaggi sgargianti, canti elaborati, comportamenti di corteggiamento spettacolari. Questo ha portato gli studiosi, nel corso dei secoli, a concentrarsi principalmente su di loro, trascurando le femmine, che spesso presentano colori più mimetici, comportamenti meno eclatanti e che talvolta sono anche molto simili tra loro, persino quando appartengono a specie diverse. Ci sono poi anche pregiudizi storici e culturali e fraintendimenti ormai radicati da secoli che hanno portato gli scienziati a concentrarsi soprattutto sui maschi.
Come ha spiegato i ricercatori, l'ecologia ha storicamente frainteso o ignorato le differenze tra i sessi, partendo dall'assunto errato che le femmine fossero semplicemente una versione meno interessante dei maschi. Questa distorsione ha portato a interpretazioni imprecise o persino completamente errate sulla riproduzione, il comportamento, la migrazione e persino sulla conservazione delle specie. Un esempio? Per lungo tempo si è creduto che solo i maschi cantassero per attirare le potenziali partner, mentre oggi sappiamo che in molte specie cantano anche le femmine, spesso con funzioni diverse, ma altrettanto importanti.
Pregiudizi e preconcetti umani applicati agli altri animali
Il Female Birdsong Project, progetto dedicato al canto delle femmine, è stato pioniere in tal senso ed è stato tra i primi a dare importanza e visibilità ai canti degli uccelli femmine sia nella ricerca scientifica che nell'opinione pubblica. Negli ultimi anni si è infatti assistito a un aumento notevole degli studi sul canto femminile a livello globale. Abbiamo così scoperto, per esempio, che le nostre conoscenze sul canto degli uccelli soffrono di un pregiudizio "geografico". Nell'emisfero settentrionale, dove storicamente si sono concentrati il maggior numero di scienziati, cantano soprattutto i maschi. Tuttavia, questo assunto non sempre si applica ai tropici e all'emisfero meridionale, dove spesso cantano sia le femmine che i maschi.
Allo stesso modo, si è a lungo pensato che fossero solo le femmine a prendersi cura della prole, mentre in realtà nella maggior parte delle specie sono entrambi i sessi a occuparsi dei piccoli e in alcune questo compito è persino svolto esclusivamente dai papà. Secondo gli autori, alcune di queste idee e teorie ben radicate fin dai tempi di Charles Darwin e dei primi studi sul dimorfismo e la selezione sessuale, derivano probabilmente più da preconcetti sociobiologici umani che dalla realtà del mondo naturale. L'esistenza stessa di termini come "ruoli sessuali" viene oggi visto come un pregiudizio, più che come un prodotto reale dell'evoluzione.
Conseguenze dirette sulla conservazione delle specie
Le lacune nei dati e nelle informazioni sulle femmine non si limitano alla pura conoscenza scientifica, ma possono anche avere implicazioni dirette sulla conservazione. Molti studi, per esempio, analizzano i tassi di sopravvivenza a livello di specie, ma senza considerare che le femmine spesso hanno una mortalità più alta rispetto ai maschi. Questo può essere cruciale per le specie a rischio, in cui una carenza di femmine può accelerare il declino delle popolazioni. Un altro problema riguarda poi le migrazioni: maschi e femmine spesso si separano, seguono rotte diverse e trascorrono l'inverno in territori diversi, spesso molto distanti tra loro.
La parula alidorate (Vermivora chrysoptera), per esempio, in inverno si sposta in Centro America, ma le femmine tendono a occupare quote più basse rispetto ai maschi. Questo le espone maggiormente alla perdita di habitat dovuta al disboscamento, un dato che sarebbe rimasto sottovalutato se ci si fosse concentrati solo sui maschi. In altre specie, esiste invece una migrazione differenziale legata sia ai tempi che ai luoghi di svernamento. C'è poi la questione delle interazioni sociali: esistono specie in cui le femmine sono socialmente dominanti, gruppi con dinamiche riproduttive non tradizionali e persino comportamenti omosessuali. Ignorare questi aspetti significa perdere pezzi importanti del puzzle ecologico.
Come superare il bias di genere nella ricerca
Secondo i ricercatori, il primo passo per colmare queste lacune è migliorare il modo in cui vengono raccolti i dati. Lo studio propone diverse soluzioni concrete, tra cui: migliorare l'identificazione delle femmine, attraverso guide e programmi di formazione per scienziati e appassionati di birdwatching; raccogliere dati in momenti diversi dell'anno, per esempio durante la migrazione, piuttosto che solo nella stagione riproduttiva, per aumentare le osservazioni delle femmine; modificare le piattaforme di raccolta dati, come le app di birdwatching eBird e Ornitho.it per consentire di registrare informazioni più dettagliate sul sesso degli individui osservati.
Un esempio virtuoso è il Galbatross Project, un'iniziativa nata da un gruppo di ornitologi e birdwatcher per promuovere l'osservazione e lo studio delle femmine. Tra le loro attività c'è anche la creazione del Female Bird Day, una giornata dedicata all'identificazione e alla valorizzazione degli uccelli femmine. Anche la scienza, deve quindi guardare oltre gli stereotipi: l'idea che i maschi siano più interessanti delle femmine, non è solo un problema culturale, ma un vero e proprio ostacolo alla conoscenza. È tempo che l'ecologia superi questi pregiudizi e riconosca l'importanza di studiare entrambi i sessi in modo equo. Solo così potremo comprendere davvero la complessità della natura e proteggerla in maniera più efficace.