;Resize,width=638;)
Se siete soliti navigare sui social network nel mondo delle associazioni e delle persone che si occupano di adozioni di cani e gatti, vi sarà capitato di incontrare molti post in cui viene messo in evidenza l'animale accompagnato dalla frase "adozione del cuore".
A cosa si riferisce esattamente questa che ormai può essere definita una vera e propria ‘etichetta' che viene apposta a commento di foto e video solitamente strappalacrime? A situazioni che sono – nella maggior parte dei casi – effettivamente legate a storie di cani o gatti che hanno o un vissuto molto particolare oppure soffrono di una malattia che determina la difficile propensione all'adozione da parte di chi sta cercando un nuovo membro della famiglia.
Il punto di partenza dunque non è scorretto, sebbene faccia leva sul sentimento più che sull'importanza di una scelta che a maggior ragione deve essere ragionata e che va accompagnata dalle giuste indicazioni per casi che sono, appunto, molto particolari. Apporre un messaggio più forte, infatti, per far comprendere che quel soggetto si trova in uno stato di enorme difficoltà e che solitamente sta vivendo all'interno di un canile dove seguirlo singolarmente è oltremodo difficile, aiuta chi se ne occupa a mettere appunto in evidenza individui dal destino praticamente segnato a una fine triste e oscura.
Si tratta poi di una modalità messa in atto da chi spende gran parte della sua vita a dedicarsi alla cura di animali che hanno subito o dei maltrattamenti o degli abbandoni o, purtroppo, entrambe le condizioni e che si trovano spesso in situazioni economiche difficili per mantenere quel determinato soggetto e altri di cui hanno cura.
Ciò che però manca, spesso, in questi messaggi è che col passare del tempo il mettere in evidenza gli aspetti solo ‘tristi' dell'animale – ma che fanno leva sulle emozioni umane – non corrisponde poi al trovare il profilo giusto della persona più adatta davvero a ospitarlo, soprattutto quando la situazione è dovuta a un problema comportamentale e non a una menomazione dovuta a qualche patologia fisica o anche all'anzianità del soggetto.
Capita, infatti, che alcune adozioni del cuore non vadano a buon fine – come del resto, bisogna dirlo, accade anche su ‘adozioni normali' – e la responsabilità in questi casi è tanto di chi decide di adottare mosso dall'emotività quanto di chi ha dato in affidamento gli animali senza pensare a un percorso di accompagnamento volto alla conoscenza del cane, soprattutto, ma anche del gatto.
Al di là infatti di animali appunto affetti da una patologia o particolarmente anziani, e sebbene anche in questo caso è sempre importante spiegare alle persone anche solo i costi medici legati al mantenimento ad esempio di soggetti che hanno malattie croniche in particolare, esistono molti casi di cani per esempio definiti genericamente ‘fobici' e che poi manifestano derive comportamentali anche attraverso comportamenti aggressivi quando arrivano nelle famiglie che li hanno richiesti.
Ciò accade perché quei cani, solitamente, sono animali che non sono finiti tra le mani di chi li ha ‘salvati' o dentro i canili perché malati ma prelevati dal territorio o accalappiati e messi dentro un box quando già in libertà manifestavano di non volere avere contatto con gli uomini. Sono individui che però poi vengono etichettati come cani impauriti perché ‘non sanno dove sono, avrebbero bisogno di qualcuno che li ama'.
Questi cani spesso vengono mostrati dietro le sbarre che tremano e cercano di schiacciarsi contro i muri pur di non farsi toccare, ma la loro postura esprime appunto il terrore della prossimità con l'essere umano che loro non avrebbero mai avvicinato. Si pensa, infatti, erroneamente che ‘Fido' per forza ha bisogno di amore da parte nostra ma ci si scorda che ogni cane è un individuo a sé e che è vero che si tratta di animali sociali ma ciò non vuol dire che necessariamente tutti lo siano nei nostri confronti.
E così troppo spesso la loro storia mal raccontata finisce proprio sotto post con titolo "adozione del cuore", accompagnata da frasi come: "Povero angelo salviamolo dal canile, diamogli una famiglia".
Molti cani di questa tipologia – soprattutto spediti da sud a nord Italia attraverso viaggi chilometrici, stipati in furgoni – finiscono poi, ad esempio, nel centro di Milano dove la loro diffidenza nei confronti delle persone aumenterà in realtà sovrastimolanti per loro, portandoli anche a difendersi con atteggiamenti aggressivi visto che la postura con cui esprimono il terrore che provano non basta e magari nemmeno i ringhi per avvertire l'umano sono serviti a tenere le distanze. E ciò, poi, va a ledere la vita intera della famiglia che, appunto a buon cuore perché colta sul vivo dalle immagini che aveva visto, aveva aperto le porte del proprio appartamento.
I canili del nord, infatti, sono strapieni di cani del sud che – arrivati in quella che doveva essere la loro ‘casa per sempre' poi e anche a fronte di impegno da parte di chi li ha adottati – vanno a diventare dei numeri che affollano le strutture. Se infatti al Sud la piaga dell'abbandono è ancora presente, nel Settentrione l'uso della cosiddetta ‘cessione di proprietà‘ è diventata una prassi comune e quegli individui che da liberi non avevano nessun problema comportamentale finiscono per essere incarcerati di nuovo a causa anche di quella che doveva essere, appunto, un' "adozione del cuore".
La verità è che un'adozione responsabile, per essere tale e perché valga per qualsiasi cane o gatto malato o meno – non dovrebbe mai essere solo di cuore. Ci vuole molta razionalità, invece, per far sì che un animale abbia davvero una vita degna di essere vissuta insieme a noi e viceversa, perché i danni di una relazione andata male sono anche a carico della persona.
In ogni caso è importante quando ci si trova di fronte a questi appelli fare sempre una ricerca approfondita su chi li sta pubblicando. Troppe volte è capitato che persone senza scrupoli – poche per fortuna, avendo in Italia una rete di volontari e animalisti davvero sostitutiva delle istituzioni e che si fa in quattro in tutto lo Stivale – abbiano utilizzato il canale emotivo per fare affari sulla pelle di animali e adottanti. Proprio come abbiamo raccontato parlando di adozioni da Sud a Nord nella nostra inchiesta dal titolo "Staffette: dall’amore al business delle adozioni" in cui spieghiamo un fenomeno che muove affari che possono arrivare a toccare punte tra i due e i tre milioni di euro all'anno.