;Resize,width=638;)
Difficile immaginarlo, eppure secondo i risultati di una ricerca recente il tuo cane ha "un impatto ambientale esteso e multiforme" sulla biodiversità, tanto da risultare una minaccia per la fauna selvatica, inquinare i corsi d'acqua e contribuire anche a un peggioramento in termini di emissioni di carbonio.
E' quanto è emerso dai risultati di uno studio condotto dai professori Philip W. Bateman e Lauren N. Gilson del Gruppo di ricerca sul comportamento e l'ecologia della Facoltà di Scienze molecolari e della Vita dell'Università Curtin di Bentley, in Australia.
Pubblicato sulla rivista Pacific Conservation Biology , gli esperti ha evidenziato diversi aspetti in cui "il miglior amico dell'uomo" decisamente non lo è nei confronti del Pianeta visto nella sua interezza, altri abitanti dello stesso inclusi come, appunto, molte specie che vivono in natura. Da questo ultimo punto di vista, ad esempio, i due ricercatori lo hanno definito "il grande carnivoro più comune al mondo" e hanno sottolineato che ha un ruolo negativo molto importante nell'uccisione e nel disturbo della fauna selvatica autoctona, in particolare degli uccelli costieri in Australia.
Dell'impatto ambientale dei gatti si è scritto molto ed è stato più volte messo in luce da diversi studi, sul cane ad oggi poco era emerso in ambito scientifico. Nello studio si sostiene che quello causato dai cani di proprietà "è molto più grande, più insidioso e più preoccupante di quanto generalmente si riconosca".
Un esempio concreto della predazione dei cani di famiglia su altre specie autoctone sono gli attacchi di soggetti lasciati senza guinzaglio che uccidono i piccoli pinguini della Tasmania, in un numero tale che – sempre secondo quanto riportato – potrebbe "contribuire al collasso delle colonie". Si fa poi riferimento anche a un altro studio che aveva focalizzato l'attenzione sul numero di animali selvatici portati nei pronto soccorso addetti alla cura da cui risultava un aumento del tasso di mortalità per gli attacchi dei cani "che rappresentano la seconda causa di ricovero più comune dopo gli incidenti con le auto".
Nello studio, gli esperti allargano poi il campo negativo d'azione della presenza dei cani nelle case degli australiani: "Sono implicati nell'uccisione diretta e nel disturbo di diverse specie, in particolare uccelli costieri, ma anche la loro semplice presenza, anche al guinzaglio, può disturbare uccelli e mammiferi, inducendoli ad abbandonare le aree in cui i cani si muovono. Inoltre, tracce di odore, urina e feci lasciate dai cani possono continuare ad avere questo effetto anche in loro assenza. Feci e urina possono trasmettere zoonosi alla fauna selvatica e, accumulandosi, possono inquinare i corsi d'acqua e influire sulla crescita delle piante. I cani di proprietà che entrano nei corsi d'acqua contribuiscono all'inquinamento tossico attraverso il dilavamento dei trattamenti chimici contro gli ectoparassiti. Infine, il numero stesso di cani contribuisce alle emissioni globali di carbonio e al consumo di suolo e acqua dolce attraverso l'industria degli alimenti per animali domestici.".
Raggiunto dal Guardian, il professor Bateman ha dichiarato che l'intento della ricerca non vuole essere quella di accusare i cani ma mirare a una sensibilizzare dell'opinione pubblica: "In una certa misura, diamo troppa carta bianca ai cani perché sono così importanti per noi… non solo come cani da lavoro, ma anche come compagni". Infatti nello studio emerge il focus sulla responsabilità delle persone di riferimento rispetto alla descrizione che hanno fatto del ruolo dei cani nel contesto naturale in cui poi vengono portati, sottolineando che deriva sicuramente dal numero elevato di cani nel mondo ma anche e soprattutto dal "comportamento negligente o disinformato dei proprietari".