Per comprendere di cosa hanno davvero bisogno i cani che vivono con noi bisogna partire da una domanda: ciò che gli compriamo rende felice noi o loro? La risposta, molto semplice, può stare in una considerazione netta: dipende dall'oggetto. Una cosa, infatti, è acquistare una cuccia di design che compensa il nostro gusto estetico e non certo il loro interesse specifico, altro un bel nerbo di bue che sicuramente a noi umani fa ribrezzo già solo per l'odore e che invece il cane è ben lieto di ricevere.
All’Adi Design Museum di Milano, dal 3 dicembre 2024 al 16 febbraio 2025, è stata allestita la mostra "Architecture for Dogs": un'esposizione di oggetti di interior design concepiti da architetti prestigiosi che sono stati chiamati a progettare oggetti da inserire nelle mura domestiche che abbiano per protagonisti i cani.
Si tratta principalmente di cucce, modellate in base a stili diversi come espressione della fantasia degli artisti coinvolti, tra cui risaltano nomi internazionali dell'architettura contemporanea principalmente provenienti dal Giappone come Hiroshi Naito, Kenya Hara, Kazuyo Sejima, Toyo Ito, Sou Fujimoto e Kengo Kuma.
La prima volta questa esposizione è stata infatti ideata e messa in atto nel Sol Levante, un "pianeta" decisamente lontano in cui la relazione uomo-cane mostra come potrebbe diventare anche qui in Europa nel futuro prossimo il rapporto tra noi e "il miglior amico dell'uomo" secondo una visione non basata sul rispetto dell'alterità ma che sembra concepita principalmente su una forma di antropocentrismo evoluto, si potrebbe dire.
Si può guardare al Giappone, infatti, per dare uno sguardo a come rischiamo di diventare in tutto l'Occidente pure nel rapporto con Fido: è come un viaggio nel tempo in avanti per poter analizzare quanto si sia estremizzato il concetto di "animale domestico" come surrogato di relazioni intraspecifiche tra esseri umani, con cani che vengono portati nei passeggini, vestiti come bambole e oggettivati in maniera estrema secondo una perdita di contatto con la propria specie che viene sostituita con l'affiliazione totale con l'animale. A prescindere dalle caratteristiche etologiche di quest'ultimo, però.
Nelle intenzioni del curatore, l'architetto e artista Kenya Hara, la mostra è «un nuovo mezzo, una raccolta di un gruppo di strutture spontanee ideate da architetti e designer per migliorare il benessere sia canino che umano». E che le intenzioni siano delle migliori non lo si vuole mettere in dubbio ma tutto ciò che fa leva sulla "moda" difficilmente porta a un benessere che può essere definito realmente come tale e che deve partire dal rispetto dell'altro prima che dal piacere di adornare la casa con oggetti che in sé non hanno alcun valore per l'animale.
Non a caso, del resto, nel teaser di presentazione dell'esposizione uno degli oggetti proposti è un carrozzino in cui c'è dentro un cane. E basta poco per notare che i cani che si vedono nei video di presentazione sono tutti di razza: non ci sono meticci tra i cani di moda del resto e la taglia toy è quella più gettonata. Lo si evince ancora di più in un altro video (a seguire) quando chi ha curato la comunicazione online di promozione della mostra che ora fa tappa a Milano ha mostrato la piramide discendente dell'evoluzione canina, o meglio della selezione umana fatta sui cani, mostrando che si arriva dal lupo ancestrale al mini cane moderno.
Nello stesso video, del resto, si vede che ad ogni architetto è stato associato un cane di razza e tra le tipologie prescelte proprio le toy sono quelle che emergono in modo maggiore. Il messaggio, dunque, lì dove c'è anche un invito alla condivisione con un appello a realizzare i progetti mostrati e un'attenzione a definire i cani «i partner eterni dell'umanità e, allo stesso tempo, animali le cui numerose varietà sono state prodotte dall'intervento umano sotto forma di incroci di diverse linee evolutive» non può non far riflettere sul valore intrinseco di una mostra di questo genere e su cosa trasmette a chi va a vedere queste opere.
Gli oggetti esposti, secondo quanto dichiarato sempre dal curatore, sono stati concepiti secondo "linee guida" che afferiscono alle caratteristiche specie specifiche delle diverse razze per cui sono stati realizzati. Ad esempio c'è una panchina creata per dare sollievo dal caldo alle tipologie di cani che lo patiscono particolarmente ma quando poi si analizzano i motivi che hanno spinto altri architetti a sviluppare il loro prodotto c'è da riflettere su come si possa pensare che davvero quello che hanno creato migliori la vita del cane. Un esempio opposto a quell'unico che abbiamo ora citato e che potrebbe giustificare un'azione davvero a favore dell'animale è il passeggino – sempre lui, sì – che è fornito di cuscini per riparare dal sole i cani anziani. Bene, il punto è che un cane dentro un passeggino non ci dovrebbe proprio stare e che avanti con l'età o meno che sia quelle zampe vorrà provare sempre ad usarle da solo, fin quando davvero non vi sia una patologia invalidante e allora l'estetica del "trasportino" di certo non sarà la cosa più importante per l'umano di riferimento ma un valido strumento per far sì che il suo Fido possa ancora godere delle passeggiate all'esterno.
Di questa esposizione, per quel che ci riguarda, la menzione d'onore la merita solo il museo in cui è ospitata. E questo per una ragione ben precisa: è uno dei pochi luoghi di cultura in Italia, non solo a Milano, che consente l'accesso con cane al seguito.