Sono decine di migliaia gli animali familiari che vivono nelle case dei cittadini dell'EmiliaRomagna e molti di loro rischiano di non ricevere cure veterinarie adeguate. Per loro, la consigliera di Alleanza Verdi Sinistra, Silvia Zamboni, ha depositato in Assemblea legislativa regionale un progetto di legge per istituire gli ambulatori veterinari sociali.
Raggiunta dalla redazione, Zamboni spiega: «Si tratta di un intervento di contrasto alla povertà e alla marginalità sociale. In Emilia-Romagna esiste una sanità pubblica d'eccellenza si sta assistendo a uno sfaldamento generale dell'offerta sanitaria, e in questo contesto occuparsi delle cure veterinarie non è percepito come un tema marginale, ma non è così. In Italia ci sono 6 milioni di famiglie in povertà assoluta, in questi contesti le spese veterinarie possono essere insostenibili».
Gli ambulatori sociali veterinari sono già in funzione in Piemonte, ma rispetto a quell'esperienza Zamboni propone di fare un salvo in avanti: «Il Piemonte ha riservato questa misura a persone segnalate a servizi sociali veterinari, nella mia proposta invece l'ho estesa a tutte le persone in evidente difficoltà economica. Bisogna pensare alle tante persone che si trovano in situazioni di fragilità sociale, come le persone anziane che vivono da sole, oppure coloro che hanno animale guida. Per tutte queste persone le cure del proprio animale non sono un lusso ma una necessità».
La realizzazione del progetto però è subordinata alla rielezione della consigliera candidata capolista di Alleanza Verdi Sinistra alle elezioni regionali che si terranno in Emilia-Romagna domenica 17 e lunedì 18 novembre. «Ritengo importante che l'Emilia-Romagna affronti queso tema e se sarò rieletta attuerò il mio impegno».
La proposta per ambulatori sociali veterinari: come funzionano e quali servizi erogano
Se istituiti, gli ambulatori veterinari sociali rappresenterebbero un servizio pubblico che eroga gratuitamente prestazioni sanitarie sia agli animali che vivono in famiglie osservate dei servizi sociali o in condizioni economiche disagiate, sia agli animali di affezione impiegati negli interventi assistiti, come cani guida e impegnati in pet therapy.
Ai questi soggetti aventi diritto sarebbero garantiti: visite cliniche, profilassi vaccinali, sverminatura e somministrazione di antiparassitari e anti-filaria, eventuali prelievi. A questi servizi sanitari si aggiunge un secondo di grande rilievo: la registrazione in anagrafe canina tramite applicazione di microchip. Questo strumento, infatti, pur essendo obbligatorio per legge non viene usato proprio dalle persone che si trovano in contesti di marginalità sociale.
«Occuparsi degli animali d’affezione non va considerato un elemento residuale dell’impegno per garantire ai cittadini emiliano-romagnoli buoni servizi, un capriccio "perché ci sarebbe ben altro" di cui occuparsi», fa notare Zamboni.
Quanto costano le cure veterinarie in Italia oggi
In Italia non esiste una "mutua degli animali" e il peso economico delle cure veterinarie si fa sentire sempre più sulle tasche dei cittadini. Un'indagine di Altroconsumo volta a valutare il grado di soddisfazione delle famiglie nei confronti del servizio reso dai veterinari ha rivelato che le persone pur essendo «molto soddisfatte del proprio veterinario», non lo sono altrettanto delle tariffe. Altroconsumo ha segnalato che le persone «effettivamente spesso si trovano a pagare somme considerevoli».
Gli italiani che vivono con un cane in buona salute spendono in media, in un anno, circa 1.562 euro, di cui 341 per spese mediche. Per i gatti la spesa è inferiore, in un anno le famiglie spendono in media 1.208 euro, di cui 194 per cure mediche. Il problema arriva quando il proprio compagno animale si ammala. In quel caso i costi lievitano sensibilmente andando a incidere sul bilancio familiare e talvolta non consentendo ai cani e ai gatti di ricevere cure adeguate.
Questo non è un tema secondario dato che non portare dal veterinario il proprio animale domestico è reato, come aveva segnalato l'avvocato civilista Salvatore Cappai: «La Corte di Cassazione Penale con la sentenza n. 22579 del 2019, ha stabilito che non curare il proprio animale malato rappresenta un vero e proprio reato, un maltrattamento punito dal Codice penale».
Al di là dell'aspetto penale, c'è un risvolto etico: le persone in condizioni di difficoltà soffrono nel non potersi prendere cura di quello che considerano un membro della famiglia.