A dieci anni dalla precedente edizione, il Ministero dell’Ambiente ha organizzato a Roma gli Stati Generali delle Aree protette italiane. Il vertice si è svolto all'interno della Biblioteca Nazionale il 17 e 18 dicembre 2024.
L'incontro ha coinvolto le principali associazioni di tutela animale e soprattutto gli enti che gestiscono le oltre 100 aree protette d'Italia. In questa occasione il Mase ha stilato un elenco dei principali punti emersi durante la due giorni.
Lo stesso hanno fatto le associazioni Club Alpino Italiano, Greenpeace Italia, Italia Nostra, Lipu, Mountain Wilderness, Pro Natura, Touring Club Italiano, Worldrise e Wwf Italia, le quali hanno predisposto un documento unitario che affronta i principali problemi delle aree naturali protette e avanza soluzioni e proposte: «La convocazione di questi Stati Generali è sicuramente una buona notizia, anche se non è stata preceduta da un vero confronto che ne avrebbe facilitato i lavori in termini di partecipazione e individuazione dei temi da affrontare».
Un tema che era stato sollevato anche dal responsabile Affari legali e istituzionali del Wwf Italia, Dante Caserta.
La denuncia delle associazioni: «Aree protette sottovalutate»
Il ruolo strategico che parchi, riserve e siti della Rete Natura 2000 ricoprono per tutelare la straordinaria biodiversità italiana, assicura servizi ecosistemi fondamentali per la vita delle persone, valorizza i territori e contrasta il cambiamento climatico. La gestione di queste aree richiede però il massimo impegno da parte delle istituzioni anche in vista degli obiettivi della Strategia europea per la biodiversità di arrivare entro il 2030 al 30% di territorio italiano protetto.
Le associazioni vogliono, quindi, interpretate questa convocazione come un segnale di una nuova attenzione per «un settore che negli ultimi anni è stato trascurato sotto tanti aspetti a partire da quello, non solo formale, che dei 24 parchi nazionali – la forma più alta di protezione prevista dalla legge quadro sulle aree protette – almeno 10 sono oggi commissariati o privi di un consiglio direttivo», scrivono in una lunga lettera aperta.
Il completamento del sistema delle aree protette, sia terrestri che marine, già previste per legge, è però attualmente fermo, dato che non sono previste estensioni di quelle esistenti, con l'unica eccezione del Parco Nazionale della Val Grande: «Non si è riusciti a risolvere lo storico divario gestionale di cui soffrono le aree marine protette che continuano ad essere poche, gestite attraverso un modello che ha mostrato tutti i suoi limiti e che da sempre sono meno supportate in termini di mezzi e risorse».
Per le associazioni, inoltre, «Manca una classificazione della natura giuridica di nuove aree che, pur non essendo parchi o riserve e pur non facendo parte della Rete Natura 2000, potrebbero essere utili al raggiungimento dell’obiettivo del 30% di territorio protetto a condizione di adottare corretti criteri di gestione e salvaguardia. Manca, altresì, anche la definizione del concetto di “area rigorosamente protetta” che dovrà interessare, sempre entro il 2030, almeno il 10 % del territorio e del mare italiani».
A destare preoccupazione è la modifica della legge quadro sulle aree naturali protette, legge 6 dicembre 1991, n. 394, prevista nei prossimi Stati Generali: «La legge n. 394 del 1991 è indubbiamente una legge di successo che in pochi anni ha consentito di far crescere notevolmente la superficie di territorio italiano protetto. Le associazioni ambientaliste sono sempre state disponibili al confronto su come riformare una normativa con più di 30 anni di vita. Hanno però evidenziato come fosse necessario intervenire soprattutto per renderla più in linea con l’evoluzione europea e internazionale seguita all’approvazione di convenzioni internazionali e di direttive e regolamenti, ma anche per restituirle una necessaria riconfigurazione logica dopo le tante modifiche estemporanee attuate negli anni».
«Una vera riforma dovrà così superare le scelte che nel tempo hanno portato la governance delle aree protette nazionali ad essere condizionata da istanze locali e partitiche, ribadendo la centralità della conservazione secondo criteri scientifici e tecnici – hanno concluso – Soprattutto, una riforma efficace dovrà proporre modelli capaci di trasformare le oltre mille aree protette italiane in un vero e proprio “sistema” in grado di garantire tutela e sviluppo sostenibile».
Ministro Pichetto Fratin: «I parchi sono un'opportunità, non un limite»
Il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, non ha ancora risposto nel merito, ma in una nota sottolinea la centralità della legge 394 del 1991 sulle aree protette nel dibattito affrontato durante il vertice: «È una buona legge, che dopo anni va però adattata a un modello diverso, perché in 35 anni ci sono stati una trasformazione del sapere e del sentire, e anche il peggioramento del quadro economico. Occorre tenere conto che c'è stata una modifica costituzionale, agli articoli 9 e 41. Un adattamento è necessario».
Gli enti parco, secondo il ministro, hanno «contorni di un ente intermedio, con la possibilità di ridefinire i confini amministrativi a livello nazionale». «Dobbiamo guardare avanti – ha concluso Pichetto Fratin – oltre la 394, a un nuovo equilibrio di sistema giuridico, di sistema normativo, di governo complessivi».
Dello stesso avviso anche il presidente di Federparchi Luca Santini: «Gli Stati generali sono stati un punto di partenza, da qui in avanti il confronto prosegue per la piena condivisione del progetto di ammodernamento della normativa al fine di arrivare ad un sistema integrato di tutte le aree protette».
Stati Generali delle Aree protette italiane: i 6 punti programmatici
Durante gli Stati Generali appena conclusi, il Ministero dell'Ambiente, attraverso il direttore generale della Direzione Tutela Biodiversità e Mare Francesco Tomas, ha illustrato i sei punti emersi dalla discussione e che costituiranno la base di un documento che sarà successivamente condiviso:
- Velocità/flessibilità decisionale: il sistema è appesantito, sia dai gravami delle nomine gestionali, sia dalle stesse strutture interne. Valutare quindi come e quanto sia possibile proporre modelli più efficienti che sappiano conciliare tutte le esigenze in campo. Capire cosa l’Ordinamento si aspetta, complessivamente, da un Ente Parco o dalle altre Aree Protette è esiziale per formulare il migliore modello di governance;
- Governance: il tema della governance per Riserve e Aree Marine si è riproposto, nell’assunto che in questo caso, a differenza degli Enti Parco, gli Enti Gestori non hanno funzioni proprie ma svolgono la loro attività in virtù di una delega da parte del Ministero. Una più pertinente definizione della governance, delle funzioni e delle autonomie ad essa attribuite, pone anche il tema dell’Organico.
- Organico: parchi e le altre aree protette, lamentano carenza di organico amministrativo e di vigilanza. È un tema da risolvere e da sviluppare anche in materia di autonomia gestionale e di impiego delle risorse;
- Risorse: emerge la esigenza di promuovere un sviluppo di una finanza pubblica delle aree protette, che al netto dei trasferimenti Statali, che naturalmente deve essere congrua, deve prevedere criteri di premialità, evitare residui non impiegati ed avanzi, agevolare un regime di agevolazione fiscale per l’ottenimento di trasferimenti liberali o di sponsorizzazioni, anche in una logica di intervento centrale, anche per godere dei vantaggi di una economia di scala. All’uopo, emerge sempre più la necessità di coordinamento;
- Coordinamento: significa unità di visione, di narrazione, di prospettiva di tutte le Aree Protette. È in analisi la creazione di un organo al vertice della Rete complessiva di tutte le Aree Protette, nazionali e regionali, al fine di promuovere interventi comuni, collegamenti strategici, sviluppo unisono di indirizzi in svariati campi, compresa la attività scientifica, di promozione, di educazione ambientale
- Educazione ambientale: intendere la educazione ambientale come il principale e più utile “momento di contatto” fra le aree protette e i cittadini, non solo quelli che vivono nei Comuni situati all’interno delle stesse. Una vera e propria opera di Cultura ambientale che, attraverso l’enorme patrimonio delle aree protette può e deve diffondersi sul territorio.