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21 Marzo 2025
17:51

È morto Kanzi, il bonobo che “parlava” la nostra lingua e che ha cambiato il modo in cui guardiamo gli animali

Kanzi, il bonobo che ha rivoluzionato il nostro modo di vedere gli animali imparando a "parlare" con simboli e lessigrammi, è morto a 44 anni. La sua intelligenza e la sua empatia hanno messo in discussione i confini tra umani e animali, cambiando per sempre il modo in cui guardiamo le altre specie.

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Kanzi era un bonobo maschio che ha imparato a comunicare attraverso i lessigrammi. Aveva 44 anni e viveva all’ Ape Conservation and Cognition Initiative. In foto Kanzi dialoga con Sue Savage–Rumbaugh. Foto da Wikimedia Commons

Kanzi non c'è più. Il bonobo maschio che ha assottigliato il confine tra l'essere umano e il resto del regno animale è morto improvvisamente il 18 marzo 2025, all'età di 44 anni. A darne l'annuncio è stato l'Ape Conservation and Cognition Initiative (ACCI), il centro di ricerca di Des Moines, in Iowa, dove Kanzi ha vissuto gran parte della sua vita. "Non mostrava segni di malessere o sofferenza", hanno detto i ricercatori.

Dopo aver fatto colazione e giocato con il nipote Teco, si è sdraiato per farsi pulire il pelo da un altro bonobo. Poi, semplicemente, il suo cuore ha smesso di battere. Ma Kanzi non era un bonobo qualunque. Era il bonobo che ha cambiato il modo in cui guardiamo agli animali e a noi stessi. Perché, se c'è una cosa che ci ostiniamo a considerare esclusivamente umana, quella è il linguaggio. Eppure, Kanzi ha passato la vita a dimostrare che le cose non sono affatto così.

Kanzi, il bonobo che ha imparato a "parlare" la nostra lingua

Nato il 28 ottobre 1980, Kanzi non era destinato a diventare il primate più famoso del mondo. Gli scienziati stavano infatti cercando di insegnare alla sua madre adottiva, Matata, a comunicare attraverso un sistema di simboli chiamato lessigrammi. Lei, però, non sembrava interessata. Poi è successo qualcosa di inaspettato: Kanzi, ancora cucciolo, ha iniziato a usare spontaneamente la tavola dei simboli per "parlare" con i ricercatori. E grazie soprattutto al lavoro della ricercatrice Sue Savage-Rumbaugh, che ha seguito Kanzi per gran parte della sua vita, il bonobo ha imparato a usare i lessigrammi per comunicare nel giro di pochissimo tempo.

Da quel momento, il suo vocabolario è cresciuto fino a raggiungere circa 3.000 parole. Ma non si trattava di una semplice associazione tra simboli e significati, Kanzi combinava i segni in modi creativi, componendo frasi nuove e sorprendenti. Un giorno, per esempio, fece uno scherzo a un ricercatore e lo descrisse con un'espressione inedita: "brutta sorpresa". Un'altra volta, invece, dopo aver minacciato di mordere una delle sue assistenti, mantenne la promessa mesi dopo, per poi scusarsi spontaneamente. Le capacità di Kanzi hanno quindi spinto i ricercatori a testare la sua comprensione del linguaggio in modi sempre più complessi, dimostrandosi persino più abile di un bambino nel comprendere e seguire istruzioni.

E poi c'era la questione della vocalizzazione: Kanzi non si limitava a indicare i simboli, ma cercava anche di pronunciare le parole corrispondenti, seppur con i suoni di un bonobo. L'ACCI lo ha definito "il primo grande primate a dimostrare una comprensione dell'inglese parlato". E il mondo lo ha amato anche per questo. Kanzi è infatti apparso in documentari, programmi televisivi e in numerosi video su YouTube, dove continua a stupire milioni di persone. E ha continuato ad ampliare le nostre conoscenze sulla sua specie fino alla fine, come per esempio nell'ultimo studio a cui ha partecipato su come i bonobo siano in grado di "leggere" la nostra mente.

L'ultimo addio a un bonobo straordinario, che ha accesso il dibattito tra gli scienziati

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Kanzi usava i lessigrami per comunicare e comporre frasi articolate. Foto da Wikimedia Commons

Non tutti, però, sono convinti che quello di Kanzi fosse vero linguaggio. Molti scienziati ritengono che, come Koko la gorilla che comunicava con il linguaggio  dei segni, Kanzi fosse in grado di comunicare, ma non di parlare nel senso umano del termine. La differenza è sottile, ma per alcuni fondamentale: usare simboli e rispondere a domande non è la stessa cosa che saper costruire un discorso autonomo e articolato. Ma, forse, il punto non è questo. Il punto è che Kanzi ha messo in crisi una delle nostre certezze più radicate: che la capacità di esprimere pensieri complessi sia un'esclusiva della nostra specie. E se non lo è, allora dobbiamo chiederci cosa significhi davvero essere umani.

Sarà l'autopsia a chiarire le cause della morte di Kanzi, ma si sa che da tempo soffriva di problemi cardiaci e per questo veniva monitorato regolarmente. Ora, il pensiero va alla sua famiglia umana e non, ovvero gli altri bonobo e i ricercatori che lo hanno accompagnato per oltre quattro decenni. "Ci concentreremo sul benessere degli altri bonobo e dei nostri collaboratori umani", hanno dichiarato dall'ACCI attraverso un post su Facebook. "Chiediamo tempo e pazienza mentre piangiamo la scomparsa del nostro amico più caro, Kanzi". Amico, sì e non solo per chi viveva e frequentava l'ACCI.

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Sue Savage–Rumbaugh, Kanzi (a destra), insieme a sua sorella Panbanisha. Foto da Wikimedia Commons

Perché Kanzi, come poche altre scimmie, era molto più di un primate che ci ha permesso di capire noi stessi e le altre specie. Era l'amico di tutti noi, un bonobo e una scimmia con cui abbiamo dialogato, riso, discusso e con cui ci siamo confrontati come faremmo con una civiltà aliena. Un individuo che da solo ha reso il confine tra noi e tutti gli altri animali, un po' più sfumato. Per molti Kanzi ha avvicinato le grandi scimmie antropomorfe agli esseri umani, dimostrando empatia, intelligenza e capacità che fino a non molto tempo consideravo esclusivamente umane.
Ma a dire il vero, con il suo sguardo intelligente e curioso, ci ha insegnato che forse, siamo noi a essere più vicini a loro di quanto si possa pensare.

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