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Gastone, un Mastino dei Pirenei, è morto in seguito a un'operazione chirurgica alle zampe in una clinica della zona della Valle dei Laghi, in Trentino. La sua famiglia ha intentato causa contro i veterinari che hanno compiuto un "clamoroso errore" operando l'animale e provocandogli così "gravi sofferenze". I giudici del Tribunale civile di Trento hanno riconosciuto alla famiglia di Gastone un risarcimento di poco meno di 9mila euro, pari ai danni patrimoniali delle operazioni, ma hanno escluso invece il danno morale.
Fanpage.it ha contattato Marisa Perenzoni, l'avvocata che ha seguito la vicenda: "Il cane nella sentenza è stato considerato come un oggetto, una res, un fastidio risibile come da indirizzo della Suprema Corte del 2008 riportata nella sentenza, per questo sono stati risarciti i danni patrimoniali ma non quelli non patrimoniali-morali".
"Gastone paragonato a un anello o a una scarpa"
Gastone a causa di una patologia congenita alle zampe posteriori aveva sviluppato diversi problemi di deambulazione. La sua famiglia aveva quindi deciso di iniziare un percorso di cura con la speranza di farlo tornare in piedi. Le operazioni però non hanno avuto successo.
"È stata ritenuta responsabilità del medico veterinario che ha operato il cane – conferma l'avvocata – in quanto ha commesso degli errori di tecnica chirurgica sia nel primo che nel secondo intervento all’esito dei quali il cucciolo non riusciva a deambulare. Il grave errore di esecuzione degli interventi da parte del veterinario ha comportato per il cane un’esistenza dolorosissima".
Con una sentenza lunga ben 45 pagine i giudici hanno riconosciuto le responsabilità dei veterinari e il danno provocato a Gastone che ha vissuto due anni di sofferenze, tuttavia hanno escluso ogni danno morale che in genere viene riconosciuto alla morte di un familiare o di una persona cara.
"Questa sentenza, che potrebbe andare bene sotto il profilo della responsabilità e delle spese sostenute dall’attrice, spese che in realtà sono molte di più in quanto la proprietaria del cane ha speso circa 30 mila per le cure di Gastone, certamente non ha soddisfatto sotto il profilo del danno non patrimoniale-morale, elevatissimo per la proprietaria del cane, decisione peraltro in linea con la sentenza del novembre 2008. Valuteremo se proporre impugnazione".
Perché i giudici non riconoscono i danni non patrimoniali
La sentenza del Tribunale civile di Trento però non è una sorpresa, come conferma l'avvocato Salvatore Cappai, civilista ed esperto in diritto degli animali: "La sentenza purtroppo segue l'indirizzo risalente e confermato dalle sentenze della Cassazione del 2008 denominate di San Martino. In queste pronunce si nega il diritto ad ottenere il danno non patrimoniale per la perdita di un animale domestico, e quindi anche per il ferimento o la riduzione della salute".
Nel 2008 la Corte di Cassazione a Sezioni Unite pronunciandosi attraverso alcune tra le sentenze recenti in materia di risarcimento del danno ha considerato la morte di un animale d’affezione come un fastidio risibile, al pari della rottura del tacco della scarpa di una sposa, di un errato taglio di capelli, o di un disservizio in un ufficio pubblico.
"Questo pregiudizio – prosegue Cappai – è stato considerato dalle sentenze in discorso come un semplice fastidio, paragonato alla perdita di una partita della squadra del cuore o a una lunga attesa in aeroporto. Fortunatamente ci sono anche dei giudici che da questo indirizzo si discostano, e sono sempre di più, e attribuiscono importanza al legame tra persone e animali d'affezione e, di conseguenza, ritengono risarcibile la lesione dello stesso. Un legame ormai costituzionalmente garantito dopo la riforma dell'articolo 9".