Kobe Bryant è leggenda, ha segnato 30 mila punti in Nba
Ci sono momenti che segnano la storia di un gioco, ci sono giocatori che in quei “momenti” compiono il passo per diventare leggende. Non è il caso di Kobe Bryant, perché lui è già leggenda. Ma quando ci sono i numeri, gli americani non possono esimersi da celebrare le loro superstar. Con i 29 punti punti segnati nella vittoria dei suoi Los Angeles Lakers contro i New Orleans Hornets, Kobe ha tagliato il traguardo dei 30 mila punti in Nba. A 34 anni è il più giovane giocatore a raggiungere questo risultato.
Ne bastavano 13, ma si sa al “Black Mamba” piace fare le cose in grande. La guardia dei Lakers entra in un elite ristrettissima. Prima di lui c’erano riusciti Kareem Abdul-Jabbar (38.387), Karl Malone (36.928), Michael Jordan (32.292) e Wilt Chamberlain (31.419). I più grandi tra i grandi, ma Kobe ancora una volta ha fatto meglio, ha fatto-come si dice in gergo-la storia del gioco. Prima di tutti, più in alto di tutti. Fare canestro è la sua arte, vincere è la sua missione. Non pensa ad altro Kobe Bryant, la vittoria come un’ossessione, la stessa paranoia da vincente che scorreva nelle vene di Michael Jordan.
«Questo è un risultato enorme», ha detto Bryant, che ha finito la serata con 29 punti, che gli fanno raggiungere quota 30.016 punti in carriera. «Ci sono voluti molti sacrifici da parte mia e della mia famiglia». Appunto la famiglia. Figlio di un ex giocatore Nba, Joe “JellyBean” Bryant, arrivato poi in Italia (quando da noi arrivavano a giocare quelli forti..) Kobe è cresciuto in Italia fino a 12 anni tra Reggio Calabria, Pistoia e Reggio Emilia. La sua vera famiglia è sempre stata il basket, l’unica che contasse per il giovane Kobe, per il Kobe uomo, e per il Kobe maturo. Inutile elencare nel ettaglio tutti i suoi record, come i cinque titoli Nba vinti, i premi per il titolo di Mvp (miglior giocatore Nba), quelli per la classifica marcatori, o tutte le volte che ha segnato 40 o 50 punti, o di quella sera del 22 gennaio 2006 quando allo Staples Center contro Toronto ne segnò 81. I canestri sulla sirena, lo sguardo da assassino del parquet, la mania di perfezione. Bryant rappresenta l’essenza dello sport professionistico americano, che cerca i suoi miti per colmare il vuoto lasciato da chi ha salutato la compagnia. Kobe Bryant dopo Michael Jordan, oggi, Lebron James domani. Fanno anche soldi, certo, perché "it’s all business”, ma regalano anche sogni.