Kenya, dopo il massacro altre minacce: “Le città saranno rosse di sangue”
Dopo il massacro nel campus dell’università di Garissa, nel nord-est del Kenya, costato la vita a 142 studenti cristiani, l’attenzione della comunità internazionale si è spostata sul gruppo fondamentalista islamico al-Shebaab. I terroristi somali, vicinissimi alle cellule di Al-Qaeda operanti in Africa, hanno rivendicato l’attacco e, in un comunicato diffuso in queste ore, promettono nuove carneficine in nome della loro “guerra santa di liberazione”. Nel testo, reso pubblico anche dalle autorità kenyane, si parla espressamente della volontà di far diventare “rosse di sangue” le città e si ricorda che quello di Garissa è stato solo il primo di una lunga serie di attacchi in quella che “sarà una guerra lunga e orribile”.
I terroristi, già in passato protagonisti di attacchi contro il Kenya (“reo” di essere intervenuto militarmente in Somalia), avvisano le autorità che “nessuna quantità di precauzioni o di misure di sicurezza potrà garantire la vostra sicurezza, evitare un altro attacco o impedire che avvenga un altro bagno di sangue nelle vostre città” e ripetono che “nessun luogo sarà sicuro” fino a che l’esercito del Kenya non lascerà il territorio somalo. Per il momento le autorità continuano a mantenersi sulla linea della fermezza ed un portavoce del Governo di Nairobi ha ribadito che "non c'è alcuna possibilità che tali minacce sortiscano effetti, noi non ci faremo intimidire", confermando che le forze di polizia stanno continuando le indagini per assicurare alla legge tutte le persone coinvolte nel massacro del campus di Garissa.