Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha annunciato l'intenzione di presentare già il prossimo mercoledì il piano organico per il lavoro, il Jobs Act , peraltro anticipato nelle sue linee principali da una ENews dell'otto gennaio. Si tratta di un intervento intorno al quale Renzi gioca una delle partite cruciali per la reputazione sua e dell'esecutivo: perché è paradossalmente solo dalla capacità di dare risposte concrete a quello che è il vero dramma del Paese, la disoccupazione, che potrebbe ottenere una qualche legittimazione (non politica, chiaramente) all'operazione – staffetta con Enrico Letta. I dati del resto sono quelli tristemente noti: disoccupazione oltre il 12% e disoccupazione giovanile oltre il 40%, con tutto ciò che segue dal punto di vista della "ricaduta sociale".
Nell'annunciare un piano organico per ogni settore (cultura, turismo, agricoltura e cibo, Made in Italy, Ict, Green Economy, Nuovo Welfare, Edilizia, Manifattura), Renzi aveva usato una locuzione interessante, "usciamo dall'ideologia e mettiamoci sotto", anticipando la volontà di agire sul versante della concretezza, saltando a piè pari la riflessione "concettuale". Una prima ipotesi di intervento era infatti dedicata al cosiddetto "Sistema", ovvero alle precondizioni per la creazione di nuovi posti di lavoro da parte delle aziende. In tal senso la ENews era abbastanza esplicativa, proponendo interventi su:
- Energia – riduzione del 10% del costo per le aziende, in particolare per le piccole imprese; interventi delle Autorità di garanzie e riduzione degli incentivi interrompibili
- Tasse – Riduzione del 10% dell'Irap per le aziende (sulla questione sembra ci possa essere una ulteriore riflessione) finanziata attraverso la revisione della tassazione per chi si muove in ambito finanziario. A tali misure si dovrebbe aggiungere il taglio del cuneo fiscale per una cifra di circa 10 miliardi di euro (difficile che rientri nel Jobs Act in ogni caso)
- Revisione della Spesa – L'idea iniziale era quella di vincolare tutte le risorse ricavate dalla spending review alla riduzione delle tasse sul lavoro, ma l'intervento potrebbe essere "in percentuale".
- Agenda digitale – È prevista un'accelerata dal punto di vista dei pagamenti elettronici (e delle fatturazioni), mentre c'è grande attesa per conoscere nel dettaglio quegli "investimenti sulla Rete" di cui Renzi parla da tempo.
- Eliminazione dell'obbligo di iscrizione alle Camere di Commercio / Eliminazione della figura di dirigente a tempo indeterminato nel settore pubblico
- Interventi sulla burocrazia – Si tratta di una massiccia operazione di snellimento delle procedure nell'ottica di una semplificazione amministrativa che amplierà i poteri dei Sindaci, oltre che di un tentativo di avere tempistiche certe in particolare nel settore dei lavori e degli appalti pubblici. Resta uno degli ostacoli più grandi, proprio perché bisognerà intervenire sulla giurisprudenza amministrativa.
La parte più interessante della proposta di Renzi è ovviamente quella riguardante le "regole", nell'attesa di valutare i piani specifici per le 7 macro – aree individuate dal gruppo di lavoro renziano. Sulle norme la questione è invece tanto complessa quanto dibattuta, proprio perché le proposte in campo sembrano poter avere un impatto decisamente forte sulla questione.
Il Governo intende presentare un codice del lavoro per "semplificare tutte le regole esistenti", anche in modo da essere ben comprensibile all'Estero. Si tratta insomma di riscrivere parte essenziale del diritto del lavoro e di ridurre le controversie e le complessità: operazione complessa, che per il momento potrebbe semplicemente essere anticipata da un "tavolo di consultazione" con giuslavoristi e parti sociali. Punto focale è invece la riduzione delle oltre 40 forme contrattuali attualmente esistenti: l'idea è quella di un processo che in breve porti ad un "unico contratto di inserimento a tempo indeterminato ed a tutele crescenti". Si tratterebbe di una inversione di tendenza per certi versi storica, dopo la frammentazione delle tipologie contrattuali e la proliferazioni di posizioni lavorative a differenti livelli di tutela: resta da capire ovviamente cosa si intende nel dettaglio per "tutele crescenti" e quali saranno le reazioni delle parti sociali.
Il terzo punto dirimente è quello dell'assegno universale per chi perde il posto di lavoro, legato all'obbligo "di seguire un corso di formazione professionale e di non rifiutare più di una nuova proposta di lavoro". Anche in questo caso il nodo è legato alle risorse ed alle modalità con le quali verrà impostato il sussidio (durata, consistenza, assegnazione), anche se una delle novità potrebbe essere rappresentata dall'ampliamento delle tutele anche a precari ed atipici. Le funzioni dovrebbero poi essere affidate ad una Agenzia Unica Federale "che coordini e indirizzi i centri per l’impiego, la formazione e l’erogazione degli ammortizzatori sociali". Destinata a far discutere è poi la norma sulla rappresentanza sindacale (anche qui immaginiamo che l'iter legislativo possa essere lungo e complesso), con la "presenza dei rappresentanti eletti direttamente dai lavoratori nei CDA delle grandi aziende".