Matteo Renzi è sicuro: “Oltre mezzo milione di posti di lavoro a tempo indeterminato in un anno. I dati INPS dimostrano quanto fossero assurde le polemiche sul Jobsact”. Una lettura rilanciata sui social media da militanti ed esponenti del Partito Democratico, che parlano di “risultato straordinario”, di “good news dal Jobs Act”, di “lavoro che torna”; la sintesi è univoca: +1,158 milioni di assunti con gli sgravi, +510.292 posti stabili, + 37% di nuovi contratti a tempo indeterminato nei primi 11 mesi del 2015.
Il riferimento è l’ultimo report dell’osservatorio sul precariato dell’Inps, che mostra i dati relativi alle situazioni contrattuali nei primi undici mesi del 2015. I dati, peraltro variamente interpretati, sono così riassunti dall’Inps:
Nei primi undici mesi del 2015 è aumentato, rispetto al corrispondente periodo del 2014, il numero complessivo delle assunzioni nel settore privato (+444.409, pari al +9,7%) per effetto soprattutto della crescita dei contratti a tempo a tempo indeterminato (+442.906, pari al +37%); sono aumentate anche le assunzioni con contratti a termine (+45.817, pari al +1,5%) mentre sono diminuite le assunzioni in apprendistato (-44.314, pari al -20%). Le variazioni più significative dei flussi di nuovi rapporti di lavoro sono state registrate nelle regioni del Nord, in particolare Friuli Venezia Giulia, Veneto e Lombardia. Significativamente aumentate sono pure le trasformazioni a tempo indeterminato di rapporti di lavoro a termine, comprese le “trasformazioni” degli apprendisti: complessivamente sono risultate 469.351 con un incremento rispetto al 2014 del 25,7%. Decisamente più modeste le variazioni nelle cessazioni (+2,1% nel complesso; +1,9% per i contratti a tempo indeterminato).
Cosa ha determinato questi dati? La risposta è ovviamente complessa e chiama in causa una serie di fattori distinti, ma l’Inps sottolinea il peso decisivo della decontribuzione impostata dal Governo nel 2015 e confermata, sia pure in misura ridotta, per il 2016. Infatti, sul totale dei nuovi rapporti di lavoro a tempo indeterminato (che comprende 1.640.630 assunzioni e 388.454 trasformazioni da tempo determinato), sono ben 1.159.00 quelli “instaurati con la fruizione dell’esonero contributivo”.
Notizie meno confortanti sul versante delle retribuzioni. Se da un lato si registra una crescita delle retribuzioni intermedie (stiamo parlando sempre dei nuovi rapporti di lavoro), dall’altro bisogna evidenziare la diminuzione delle retribuzioni inferiori e, in misura percentualmente ridotta, di quelle superiori.
Tutto bene, dunque? Non proprio. Perché resiste, anzi aumenta in modo quasi esponenziale, il ricorso a una delle forme di contratto di lavoro più precarie in assoluto: il voucher per la prestazione di lavoro accessorio. Analizzando i voucher da 10 euro, l’Inps rileva come l’incremento su base nazionale sia stato del 67,5%, con punte del 97,4% in Sicilia, dell’85,6% in Liguria e dell’83,1% e 83% rispettivamente in Abruzzo e in Puglia.