La decisione del Movimento 5 Stelle di provare a sfidare il PD sul campo delle riforme, con l'apertura alla discussione sulla legge elettorale, ha sostanzialmente riaperto uno spiraglio che sembrava definitivamente chiuso dopo il faccia a faccia lampo tra Beppe Grillo e Matteo Renzi: quello della possibilità di un confronto nel merito delle questioni, senza che vi siano dubbi sul "ruolo" dei grillini in Parlamento, che è e resta quello degli integralisti oppositori al Governo frutto della scissione interna a quello che era il Popolo della Libertà e della disarticolazione del blocco centrista, guidato alle elezioni da Mario Monti. Lo spirito con il quale la delegazione 5 Stelle si appresta a varcare la porta di Palazzo Chigi, dunque, è quello della "apertura senza paletti", come ci ha confermato Luigi Di Maio, vice-presidente della Camera dei deputati. Del resto, un simile approccio si rende necessario, sia per ragioni "strategiche" (vi abbiamo spiegato come il confronto risponda anche a necessità di carattere tattico, per così dire), sia per una questione di buonsenso minimo che parte dalla constatazione dell'enorme distanza che vi è fra la proposta del Movimento 5 Stelle e la legge elettorale frutto dell'accordo fra Renzi e Berlusconi (che dopo il passaggio al Senato dovrà tornare ancora alla Camera).
Italicum e Democratellum, leggi elettorali a confronto
Dobbiamo necessariamente partire da una considerazione di fondo: entrambe le leggi sono di impronta proporzionale con correzioni ed entrambe nascono (in linea teorica, almeno) dall'esigenza di mettere fine alla confusione in tema di legge elettorale nata dopo la sentenza della Consulta che ha azzoppato il Porcellum, lasciandoci in dote una sorta di proporzionale puro con preferenze. Ma andiamo con ordine, limitando per ora il confronto alla sola Camera dei deputati (del resto, il Democratellum andrebbe semplicemente "corretto" nel caso in cui il Senato della Repubblica dovesse sopravvivere nella sua forma elettiva).
L'impianto dell'Italicum è reso al meglio, per quel che concerne l'assegnazione dei seggi, dalle immagini elaborate dal centro studi della Camera dei deputati (nella seconda è elencata l'assegnazione dei seggi nella simulazione di un post – ballottaggio).
La legge elettorale del Movimento 5 Stelle prevede invece 42 circoscrizione su base pluri-provinciale che assegnano i seggi nel seguente modo: 1 seggio alla l Valle d’Aosta; 3 seggi al Molise; 13 circoscrizioni con un numero di seggi che va da 5 a 9; 19 circoscrizioni con un numero di seggi che va da 11 a 19; 6 circoscrizioni con un numero di seggi che va da 21 a 24; 3 circoscrizioni metropolitane (Milano con Monza-Brianza, Roma, Napoli) con un numero di seggi che vada 32 a 42.
La prima differenza sostanziale è dunque relativa all'assegnazione dei seggi, che nell'Italicum è su base nazionale, mentre nel Democratellum tale adozione è stata scartata, "al fine di impedire uno sradicamento della competizione nazionale dalle comunità territoriali". Tale scelta è fondamentale, poiché cambia radicalmente il discorso per quel che concerne le soglie di sbarramento. Nel Democratellum, la ripartizione su circoscrizioni intermedia crea, nelle diverse simulazioni, una sorta di sbarramento naturale più o meno intorno al 5% (anche se tale percentuale va interpretata in maniera elastica); nell'Italicum la situazione è completamente diversa (e determina quello che è uno degli aspetti più controversi dell'intera proposta):
Centrale è poi la questione del premio di maggioranza, rifiutato anche "concettualmente" dal Movimento 5 Stelle. Secondo gli estensori della proposta grillina, infatti, "il meccanismo del premio di maggioranza, specie laddove questo sia molto consistente, produce un risultato antidemocratico ed autoritario, conducendo ad una fittizia governabilità totalmente artificiale e quindi, paradossalmente, instabile e precaria". Nelle simulazioni del Democratellum, ci ha spiegato Di Maio, una percentuale del 37 – 38 percento dei consensi su base nazionale potrebbe garantire la maggioranza dei seggi in Parlamento, determinando una sorta di governabilità di fatto (va detto però che sulla quota si registra più di qualche perplessità da parte degli addetti ai lavori). Il premio di maggioranza nell'Italicum è invece di diversa natura, con la "novità" dell'eventuale secondo turno di ballottaggio che potrebbe assegnare ben più del 15% dei seggi. Ecco la riduzione grafica:
Completamente diversi sono poi i modelli proposti per quel che riguarda le preferenze. L'Italicum "aggira" le prescrizioni dei giudici costituzionali immaginando liste corte bloccate, mentre il Democratellum reintroduce il voto di preferenza su base appunto circoscrizionale. C'è poi l'introduzione della separazione del voto di preferenza dal voto di lista (andranno su due schede diverse) e viene introdotta la possibilità di esprimere una preferenza negativa cancellando dalla scheda elettorale il nome di un candidato che si considera "impresentabile" (la lista verrà penalizzata di un decimo di punto nelle circoscrizioni che eleggono meno di 15 deputati e di un sedicesimo nelle restanti). La ratio alla base di questa scelta è individuata chiaramente dagli estensori della legge: “Con il sistema proposto si premia la compattezza intrapartitica evitando un altro dei difetti delle preferenze tradizionali, giacché comportamenti eccentrici di alcuni candidati possono condurre ad attrarre preferenze ma allo stesso tempo anche preferenze negative”.
Ci sono poi ulteriori differenze di cui tenere conto, dal momento in cui il Democratellum vieta le candidature multiple (ammesse nell'Italicum fino ad un massimo di 8 collegi), non affronta la questione di genere (che dovrebbe essere introdotta al Senato nella legge elettorale proposta dalla maggioranza e da Forza Italia) e snellisce la procedura di consegna delle firme e di presentazione delle liste.
Il bilancio finale del confronto, infine, lo affidiamo alle parole del costituzionalista Villone: "Non se ne esce, se non con uno sforzo di fantasia".