"Abbiamo fatto più in queste settimane che negli ultimi vent'anni". È questo in sostanza il pensiero di Matteo Renzi in relazione al percorso di avvicinamento alle riforme istituzionali e alla revisione della legge elettorale ripreso grazie alla sua iniziativa delle ultime settimane. Una iniziativa fondata sull'allargamento "senza pregiudizi" della discussione (al netto dell'assenza di interlocutori nell'area grillina, per scelta, necessità o volontà politica) e sull'impostazione di un percorso chiaro incardinato su proposte ben precise. Per la verità prima di esultare sarebbe sensato usare un minimo di prudenza, dal momento che la strada verso il completamento del processo di riforme è lunga e piena di ostacoli. E sulla legge elettorale in particolare, non è affatto escluso che ci si possa nuovamente ritrovare in un vicolo cieco.
La proposta intorno alla quale sembra essere nato l'asse Berlusconi – Renzi poggia su quattro pilastri: meccanismo proporzionale, premio di maggioranza (legato al raggiungimento di una certa soglia), liste bloccate (ma "piccole", con un massimo di 4 / 6 nomi), soglia di sbarramento relativamente alta per partiti o coalizioni. La base di partenza sembrerebbe poter essere la circoscrizone elettorale provinciale (o subprovinciale), mentre la ripartizione dei voti sarebbe attribuita sulla base di un collegio unico provinciale (dal quale poi emergerebbe il numero di eletti per ciascuna lista o coalizione e il calcolo su base circoscrizionale). Le liste circoscrizionali dovrebbero essere bloccate e non permettere il voto di preferenza (ma in tal senso il Nuovo Centrodestra ha annunciato battaglia e trova alleati nell'area bersaniana del Partito Democratico), ovviando a possibili eccezioni di costituzionalità grazie al numero ridotto dei candidati. Infatti, come ricorda la Calabrò sul Corsera: "La Corte ha stabilito il principio che i candidati devono essere facilmente individuati dagli elettori, che i cittadini devono sapere per chi votano. Non ha però censurato il sistema delle liste bloccate in sé: ha solo evidenziato il problema costituito da liste con troppi nomi che impediscono all’elettore di sapere chi alla fine verrà eletto e riducendo, di fatto, al minimo il suo potere decisionale".
L'altro "scoglio" è rappresentato dal premio di maggioranza "abnorme" del Porcellum. La proposta di Renzi, anche in questo caso aperta a modifiche sostanziali e legate agli indirizzi degli alleati di governo del Nuovo Centrodestra e al dibattito interno al Pd, prevederebbe che il premio di maggioranza scatti solo al raggiungimento di una certa soglia. L'ipotesi da cui si dovrebbe partire è quella di un premio del 15% al raggiungimento del 35% dei consensi da parte di una lista o coalizione di liste (tradotto in numeri si tratta di circa 90 deputati che garantirebbero il raggiungimento della maggioranza a Montecitorio), ma anche in questo caso ci sono idee di diverso tipo (soglia al 40% ad esempio). Più aperto il discorso sulle soglie di sbarramento, che nella proposta Renzi – Berlusconi sarebbero del 5% per i partiti in coalizione e dell'otto percento per le liste "singole": in questo caso, oltre alle proteste dei centristi, bisognerà capire cosa si intenda nel dettaglio per "coalizione di liste", per evitare il proliferare di formazioni civetta. Una partita tutta da giocare è invece quella della ripartizione dei resti, che se recuperati nel collegio unico nazionale potrebbero garantire qualche eletto in più ai piccoli partiti. Resta invece aperta la questione del Senato, nelle more del processo di "revisione" sul quale sembra pure esserci accordo fra il Sindaco di Firenze ed il Cavaliere. Nell'attesa della ridefinizione di ruolo, composizione e funzioni del Senato (ad esempio se si votasse subito), infatti, la legge dovrebbe applicarsi anche per l'elezione dei senatori. Pur tuttavia, bisognerà capire come adattare la questione "premio di maggioranza" su base regionale, proprio per non incappare nella stessa contraddizione intrinseca al Porcellum.
Aggiornamento – Delle ultime indiscrezioni vi rendiamo conto qui, spiegando che:
Una legge elettorale con i “tempi supplementari” in caso di pareggio. Sarebbe questa la proposta che Matteo Renzi sottoporrà oggi alla direzione del Pd. Un doppio turno di coalizione in cui, però, il ballottaggio scatterebbe soltanto se nessuna delle alleanze dovesse superare il 36%, rendendo così non assegnato il premio di maggioranza del 15%.
Nel caso in cui nessuna coalizione superasse il 36%, le prime due si fronteggerebbero al ballottaggio dopo 15 giorni per contendersi il “bonus” evitando così una distribuzione a quel punto puramente proporzionale dei seggi e una certa ingovernabilità