Italia rischia di perdere l’Agenzia europea del farmaco perché qui i gay hanno meno diritti
L'Italia è tra i Paesi in lizza per ospitare l'Agenzia europea per i medicinali (Ema), che al momento si trova a Londra, ma dovrà cambiare sede come conseguenza della Brexit. Milano è sicuramente tra le papabili, ma alcuni dipendenti dell'agenzia, che si occupa di rilasciare l'autorizzazione alle imprese che vogliono mettere in commercio un nuovo farmaco, potrebbero non gradire il trasferimento nel nostro Paese: in particolare il problema è stato sollevato dai lavoratori che appartengono alla comunità lgbt. In Gran Bretagna fin ora hanno goduto di maggiori diritti rispetto a quelli che avrebbero in Italia, se l'Ema fosse spostata qui.
Lo scorso 29 agosto un gruppo di dipendenti dell'Ema ha scritto una lettera indirizzata ad Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo, a Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo, a Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione europea, e al Ceo dell'Ema Guido Rasi, manifestando preoccupazione per i Paesi in gara. Il motivo dell'agitazione è la variegata legislazione in materia di diritti in Europa. I dipendenti menzionano alcuni Stati che non riconoscono affatto il matrimonio omosessuale: "Di conseguenza – si legge nella lettera – il personale lgbt potrebbe trovarsi a essere privato di alcuni diritti fondamentali legati al matrimonio gay e alle unioni civili". Questi dipendenti temono di trovarsi a lavorare in un Paese con leggi discriminatorie nei confronti di persone lgbt, costretti a "scegliere tra essere trasferiti insieme all'agenzia e mantenere diritti acquisiti e sanciti dalla legge". Hanno chiesto quindi che il mantenimento di questi diritti per loro e per le loro famiglie fosse uno dei criteri per valutare le candidature:"Chiediamo che venga fatto ogni sforzo possibile per assicurare il rispetto dei nostri diritti durante la procedura di valutazione delle candidature del nuovo Paese ospitante dell'Ema".
La legge sulle unioni civili, approvata da noi il 20 maggio del 2016, è passata con lo stralcio della stepchild adoption, che consiste nella possibilità di adottare il figlio del partner dello stesso sesso. La stepchild era contenuta nel testo ma è stata fatta saltare negli ultimi passaggi. Questo istituto giuridico è già in vigore in Italia dal 1983 (L. 184/1983), ma è valido solo per le coppie eterosessuali. In Gran Bretagna invece è possibile ricorrere sia all'adozione piena di minori che non hanno legami di sangue con nessuno dei due partner, sia alla stepchild adoption per coppie omosessuali: dal 2013 il matrimonio gay nel Regno Unito dà alla coppia gli stessi diritti del matrimonio eterosessuale. Dal 2002, con l’Adoption and Children Act, l’adozione da parte di coppie omosessuali è diventata legale in Inghilterra e Galles.
Arcigay, attraverso il suo segretario Gabriele Piazzoni, ha segnalato il problema per i lavoratori stranieri lgbt che vogliono venire a vivere in Italia con le loro famiglie:"L'Italia di fatto riconosce i certificati di nascita stranieri in cui è scritto il nome dei genitori, e di conseguenza anche la potestà genitoriale. Ma si tratta solo di una prassi amministrativa, non esiste una norma. Cioè non è previsto il riconoscimento legislativo per i figli di coppie lgbt. Per i cittadini stranieri che si trovano in Italia e vogliono accedere ai servizi sanitari o scolastici non esistono leggi chiare al riguardo. Nella prassi, che non è una garanzia, viene chiesto appunto il certificato di nascita del Paese d'origine, ma la totale assenza di indicazioni precise fa sì che non si possa escludere l'insorgenza di qualche difficoltà burocratica", spiega Piazzoni.
In Italia la stepchild adoption viene stabilita solo attraverso una sentenza del tribunale, il quale,"nell'interesse del minore", può riconoscere la genitorialità del partner, perché magari rappresenta una figura di riferimento per il bambino. Ma non ci sarebbe quindi l'assoluta garanzia per i dipendenti dell'Ema di non essere discriminati.
La candidatura di Milano a ospitare l'Agenzia per i medicinali
Lo scorso 28 settembre il Senato ha approvato con larghissima maggioranza le 4 mozioni che impegnano il governo a sostenere la candidatura italiana di Milano, a firma di Ala, Pd, Lega e Forza Italia. Il Paese di destinazione verrà scelto il 20 novembre.
La nuova sede per l'agenzia potrebbe essere il grattacielo Pirelli del capoluogo lombardo. Nella capitale britannica, qualche settimana fa, il sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova ha ribadito che "Il nostro sforzo è quello di chiarire le ragioni e la qualità della candidatura di Milano per l'Ema, partendo dal fatto che Milano è in un Paese che si sta riprendendo ed è alla testa di questa ripresa". Mentre due giorni fa Beppe Sala, sindaco di Milano, ha parlato di un guadagno di 3mila posti di lavoro se la città risultasse la favorita. Milano cambierebbe moltissimo perché "Là dove ci sono le Agenzie si sviluppa un indotto rilevante", ha spiegato Sala.
Nella corsa per l'assegnazione l'ultimo step importante è stato il 30 settembre, quando la Commissione Ue ha decretato che Milano è in pole position (si troverebbe tra le prime cinque posizioni) in una gara che vede impegnate altre 18 città: Amsterdam, Atene, Barcellona, Bonn, Bratislava, Bruxelles, Bucarest, Copenhagen, Dublino, Helsinki, Lille, Porto, Sofia, Stoccolma, Malta, Vienna, Varsavia e Zagabria.
Ma il parere di Bruxelles non è vincolante, e il 30 settembre rappresentava solo il primo scoglio: la decisione spetterà ai 27 Stati, al consiglio Affari generali, composto da tutti i ministri degli Affari europei dei Paesi membri. C'è chi, come Amsterdam, ha proposto soluzioni su misura per la realizzazione della sede e chi invece, come Copenhagen, offre un comodato gratuito per 20 anni. Per Milano sono state considerate un buon punto di partenza il grattacielo Pirelli, i collegamenti e le infrastrutture. Ma basteranno questi elementi a far pendere l'ago della bilancia a favore dell'Italia? Per gli 890 lavoratori dell'Ema il ricollocamento dell'agenzia continua a destare più di qualche preoccupazione.
Solo 4 Paesi in gara menzionano i diritti lgbt nei dossier
Nelle domande per accaparrarsi l'Ema quattro dei Paesi in corsa hanno sottolineato quest'aspetto: assicurano per i dipendenti gay dell'Ema il mantenimento degli stessi standard britannici di vita e la tutela dei diritti. Dal momento che l'Inghilterra è un Paese liberale, per essere appetibile, nella candidatura austriaca è specificamente dichiarato che Vienna è "Patria di una florida e variegata comunità lgbt", oltre ad ospitare diversi locali, associazioni, e media gay friendly.
Oltre alla capitale austriaca anche la Grecia, Malta e l'Italia menzionano la comunità gay. Nella candidatura greca è scritto testualmente che "L'uguaglianza è iscritta nel DNA greco", e si ricorda che dal 2005 "La Grecia è orgogliosa di ospitare il Pride di Atene, organizzato da una comunità lgbt molto attiva".
Anche Malta enfatizza la sua apertura verso il mondo gay, scrivendo che il governo maltese "È al lavoro per istituire il matrimonio egualitario", e che ha recentemente introdotto la possibilità di inserire una "x" al posto del genere "maschio" o "femmina" nella carta d'identità.
Nel dossier redatto per la candidatura anche l'Italia si mostra attenta alle famiglie lgbt, e viene esplicitato che a Milano sono presenti consultori e centri che offrono assistenza: "Le unioni civili garantiscono alle coppie omosessuali gli stessi diritti delle coppie etero, sia per l'assistenza legale, sia per la copertura sanitaria".
Tra i criteri sono stati considerati dalla Commissione anche le migliori condizioni offerte per i dipendenti dell'Ema, che dovranno affrontare il trasferimento: la presenza di scuole e università per i figli dei dipendenti, la possibilità di trovare un lavoro per i coniugi, i conviventi e i familiari degli impiegati, e la certezza che il Paese ospitante possa fornire assistenza sanitaria. Ed è proprio qui che nascono i maggiori dubbi per un'eventuale vittoria dell'Italia, che potrebbe mancare all'appuntamento, per non essersi dotata fino ad ora di una legge che riconosca pienamente le coppie omosessuali, con diritti ormai acquisiti in altri Stati europei.