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Opinioni

Italia (e Grecia): ancora una volta occorre sperare

L’Eurogruppo evita il peggio e trova un’intesa per ridare fiato ad Atene, ma gli elementi di incertezza restano numerosi. Intanto l’Ocse aggiorna le stime per l’Italia e avverte: si rischia una nuova manovra fiscale…
A cura di Luca Spoldi
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Chigi - incontro Governo Parti sociali su accordo produttività

E così il peggio, chiudere l’ennesimo Eurovertice senza alcun accordo, è stato evitato: nella notte l’Eurogruppo ha varato un nuovo pacchetto di provvedimenti coi quali, oltre a sbloccare 43 miliardi di aiuti, si spera di rinviare la dichiarazione ufficiale di bancarotta della Grecia. Una dichiarazione che ufficiosamente è stata già dichiarata lo scorso marzo come ricordavo ieri e che non è detto non arrivi comunque, perché il nuovo accordo mette tanta carne al fuoco ma, come sempre, non è detto basti ai bondholder e alle agenzie di rating. Perché? Non tanto perché si accetti che nel 2002 la Grecia continuerà ad avere un debito/Pil spaventoso (il 124% rispetto al 120% che ci si ostinava a voler centrare finora), essendo semmai una presa d’atto della realtà che non può che far bene (come non può che far bene ammettere che da qui al 2016, se non si troverà il modo di far ripartire la crescita, la disastrata economia greca vedrà un debito/Pil pari al 175%: il problema resta semmai, appunto, far ripartire il Pil).

Più problematica appare il previsto buy-back di titoli del tesoro da parte della stessa Grecia, così da ridurre il debito emesso. Il problema di fondo che questa operazione non sposta è se e quando Atene saprà convincere i mercati di poter tornare a emettere debito a lungo termine a tassi ragionevoli (stasera per inciso un decennale greco rende l’11,52% lordo annuo in più di un Btp di pari durata, che già rende il 4,725%), ma qui si può sperare che se si troverà il modo di far ripartire la crescita la Grecia potrà tornare sul mercato uno di questi anni (dubito nell’arco dei prossimi due, difficilmente anche dei prossimi quattro). La sforbiciata ai tassi che la Grecia paga sugli aiuti già erogati (i primi 110 miliardi sborsati dai paesi dell’Eurozona direttamente) è una misura che fa certamente bene ad Atene, meno a Roma e Madrid che finiscono così col prestare denaro ad un tasso (Libor più mezzo punto percentuale) inferiore a quello che debbono pagare sui propri titoli di stato: anche in questo caso speriamo che tutta la costruzione tenga e la ripresa consenta ai tassi sui titoli italiani e spagnoli di scendere rapidamente.

Nel caso doveste pensare che ci sono troppisperiamo bene” nel mio discorso, avete ragione: ma a voler essere ancora più realisti dovremmo solo dire che, stretti tra il timore di nuove penalizzazioni da parte dei mercati in caso di mancato accordo e dall’esigenza tedesca di assumere meno costi possibili rispetto a quanti finora prospettati (anche perché il Parlamento tedesco dovrà ora ratificare l’accordo e come detto ieri il clima è già ampiamente pre-elettorale, pur mancando 10 mesi alle prossime elezioni politiche tedesche), l’Eurogruppo ha tirato un calcio alla lattina allontanando di qualche mese i problemi, che rischiano di riproporsi tra la primavera e l’estate prossima, una volta che gli operatori si saranno lasciati alle spalle il problema del “fiscal cliff” americano (e quando la stessa amministrazione Obama, risolto in qualche modo questo che è al momento il suo primo pensiero, potrà fare maggiori pressione sui partner europei perché mettano fine ad una crisi durata troppo per non impensierire gli Usa e gli altri “big” economici mondiali, come Cina e Giappone).

Siccome poi i dubbi non vengono mai da soli, chissà chi avrà ragione tra l’Ocse e il ministro dell’Economia e finanze italiano, Vittorio Grilli: secondo le stime incluse nell’Economic Outlook di novembre dell’organizzazione sovranazionale nel 2013 il Pil italiano registrerà un ulteriore calo del Pil italiano dell’1%, contro il +0,5% previsto nel Documento di Economia e Finanza del governo italiano; si noti come la stima dell’Ocse mostra peraltro un miglioramento rispetto al -2,2% stimato per il 2012 (contro il -1,2% atteso ufficialmente dall’esecutivo italiano). Previsioni caute anche per il 2014, quando l’Ocse parla di una crescita dello 0,4% (+1% secondo il governo Monti). Secondo l’organizzazione l’economia italiana a breve termine dovrebbe continuare a contrarsi sia a causa dell’inasprimento fiscale e del credit crunch in atto (ma se mi seguite su Fanpage questo già lo sapevate), sia della debole fiducia e “metterà sotto un’ulteriore pressione ribassista l’occupazione, i salari e i prezzi al consumo”, anche se con “un graduale miglioramento nella competitività, nella fiducia e nelle condizioni finanziarie, l’economia dovrebbe tornare a crescere nel corso del 2013”.

Insomma, anche l’Ocse sembra sposare la tesi che la “ricetta tedesca” applicata finora richiederà una feroce disinflazione salariale (lavorare di più a parità di stipendio nominale, o guadagnare di meno a livello nominale a fronte dello stesso impegno lavorativo) e una disoccupazione a lungo elevata, ossia una lunga fase di dura austerity, per recuperare la competitività perduta (e qualcosa già si vede: oggi l’Istat ha segnalato come a ottobre 2012 l’indice delle retribuzioni contrattuali orarie abbia segnato un incremento dello 0,2% rispetto al mese precedente e dell’1,5% rispetto ad ottobre 2011, con un incremento tendenziale del 2,1% per i dipendenti del settore privato e una variazione nulla per quelli della pubblica amministrazione).

Tuttavia questo a breve non basterà e secondo l’Ocse (che non crede alla possibilità di un rapido ritorno alla crescita da parte dell'economia nazionale) il deficit/Pil sarà pari al 3% nel 2012, al 2,9% nel 2013 ma risalirà al 3,4% nel 2014, col rischio di un’ennesima manovra fiscale da varare l’anno venturo (una volta insediato un “Monti bis”?). Ipotesi smentita dal ministro Vittorio Grilli, che commentando il rapporto lo ha già ricordato come in base agli scenari previsivi del governo l’Italia avrà “un bilancio in pareggio (primario, ndr) anche nel 2014”, mentre dovrebbe vedere il deficit/Pil ridursi  al 2,6% a fine anno, all’1,6% l’anno venturo e all’1,5% nel 2014 lasciando semmai spazio, finalmente, a qualche leggero alleggerimento della stretta fiscale in atto. Prima che il quadro anche solo prospettico migliori, la sensazione è che ci sarà da soffrire ancora parecchio, a meno che il ministro Grilli e il premier Mario Monti non si convincano (e non convincano i partner europei) che la priorità deve tornare ad essere la crescita, non solamente a parole ma con una coerente politica comune a livello europeo. Ancora una volta: speriamo bene!

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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