Iran, testati i missili a lungo raggio
Non solo la situazione tesissima non accenna minimamente a placarsi nello stretto di Hormuz, ma le notizie relative alle esercitazioni militari nelle acque del Golfo rimbalzano da un angolo all'altro del pianeta provocando allarme e timori nell'Occidente: obiettivo ultimo, probabilmente, di un Iran seriamente intenzionato ad alzare la voce e mostrare i denti contro quelle sanzioni europee e statunitensi che potrebbero metterne definitivamente in ginocchio l'economia.
Ecco perché il buon esito dei test missilistici ha il potere di fare impallidire il mondo: il lancio di due missili a lunga gittata è stato effettuato con successo, preannunciato da minacce e smentite che, si immaginava, si sarebbero risolte in un nulla di fatto. Qader (che significa Capace ed è un terra-mare) e Nour (Luce, un terra-terra) hanno distrutto i bersagli precedentemente determinati nell'ambito di esercitazioni marittime che le autorità iraniane stanno regolarmente svolgendo.
Vero è che nel braccio di mare, da dieci giorni a questa parte, non sono in corso altro se non delle manovre di addestramento: ma non bisogna dimenticare che Mahmud Ahmadinejad ed i suoi conoscono molto bene la forza del quarto potere e conducono con costanza una guerra mediatica a Stati Uniti ed Unione Europea, quest'ultima sempre più in allarme ed attualmente impegnata a valutare se troncare le importazioni di greggio provenienti dalla Repubblica Islamica, come già deciso da Washington nel mese di novembre.
Ciò che preoccupa già da tempo il mondo occidentale sono le numerose armi in possesso dell'Iran: missili balistici a medio raggio come gli Shahab-3, con una gittata di circa 1200 chilometri, oppure i Ghadr-110, tra i 1800 ed i 200o chilometri e il Sejil (noto anche come Sajjil), capace di una portata compresa tra i 2000 ed i 2500 chilometri, sono già potenzialmente in grado di colpire obiettivi chiave come le basi statunitensi in medio oriente o lo Stato di Israele. Tra esercitazioni militari e la minaccia di chiusura dello stretto di Hormuz, passaggio indispensabile per circa un quinto del greggio mondiale, l'equilibrio risulta essere sempre più precario.