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Yu, l’artista che crea porno con i Deepfake: “Voglio distruggere gli algoritmi pensati per uomini etero”

Yu Chunju è un’artista del Guandong che ha studiato in Italia e nel suo ultimo lavoro vuole mostrare attraverso i Deepfake tutta la disparità di genere che si può trovare nella pornografia.
A cura di Elisabetta Rosso
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YU CHUNJU | L'artista di Being a cat, being a fish, being a dog
YU CHUNJU | L'artista di Being a cat, being a fish, being a dog

La disuguaglianza di genere si combatte quasi ovunque, a rimanere esclusi sono proprio i luoghi dove indisturbata può crescere più forte: i siti pornografici. Perché a dire masturbazione si ha paura di sporcarsi la bocca, e allora i porno devono restare nel buio delle camere chiuse, tutti vedono, nessuno parla. E nel silenzio, le donne perdono. Yu Chunju è un'artista cinese della provincia del Guandong che ha studiato in Italia, a Venezia, e nelle sue opere prova a svelare un mondo sotterraneo fatto di uomini convinti che alle donne piaccia essere violentate, e fatto di donne che imparano a desiderare quello che vogliono gli uomini.

Per lei è sempre stato un problema essere donna. È nata illegalmente in Cina, durante la politica del figlio unico, ed era la quarta, persino femmina. Per andare a scuola ha dovuto fare dei documenti falsi e ancora oggi sulla sua carta d' identità la data di nascita è sbagliata. L’arte è diventato il mestiere capace di raccontare la sua storia. Anche quella degli altri, meglio altre, perché nel suo progetto artistico Being a cat, being a fish, being a dog sviscera le nuove tecnologie e mette a nudo donne distrutte dalle perversioni degli uomini.

Being a cat, being a fish, being a dog è un progetto che con tre video racconta la disuguaglianza di genere che marcisce negli angoli del web e prolifera nel porno. Usa il Deepfake, le chat di incontri, e così le nuove tecnologie diventano un modo per rompere l'algoritmo e mettere in scena, per esempio, donne che si masturbano con il muso di un cane al posto del volto.

Partiamo dalle origini, essere donna. 

Ho affrontato molte difficoltà nella mia vita e solo dopo ho capito che erano legate alla mia identità femminile. In Cina vince un sistema patriarcale preindustriale, il che significa che un figlio maschio è più prezioso di una femmina, che appena si sposa diventa proprietà della famiglia del marito. E poi la politica del figlio unico è anche un modo per controllare i corpi delle donne. All'inizio lo dai per scontato e solo dopo capisci quanto è difficile essere donna oggi, e quindi cerchi un modo per esprimerlo.

E infatti poi sei diventata un’artista. 

Ispirare le persone è quello che mi attrae di più dell’essere artista. Mi sono laureata all' MFA in Nuove Tecnologie dell'Arte – Nuovi Media e ho cominciato a lavorare soprattutto con materiali usati o consumati e con le nuove tecnologie per raccontare storie e fare luce su problemi radicati, come la disuguaglianza di genere.

Lo hai fatto partendo dalla pornografia, perché?

La maggior parte dei siti pornografici sono piattaforme di intrattenimento leader per il piacere maschile. Gli uomini sono gli utenti preferiti per quasi tutti gli ambiti tecnologici, incluso il porno, quindi l’algoritmo è costruito sulle preferenze degli uomini etero. Da un lato questo è un problema perché le donne hanno a disposizione meno contenuti per provare piacere, dall’alto, essendo inconsapevolmente esposte a una tecnologia orientata al piacere maschile, interiorizzano queste idee patriarcali. Non hanno scelta, le assorbono e si abituano a pensare così.

Quindi l’identità femminile è schiacciata da algoritmi misogini

Sì, soprattutto nel porno, è come se imparassero a desiderare quello che vogliono gli uomini e non a perseguire il loro piacere. Anche il sesso lesbico per esempio è spesso considerato come un feticcio degli uomini, e, nonostante le donne siano protagoniste dell’atto, diventano lo spettacolo.

Come traduci tutto questo nel tuo lavoro Being a cat, being a fish and being a dog?

Con donne con la faccia da cane e il mio volto sui corpi delle pornostar. Uso le nuove tecnologie per mostrare la disuguaglianza di genere nel porno e mettere in discussione lo sguardo maschile. Per farlo ho diviso in tre parti questo lavoro che ho creato durante la mia residenza al V2_ lab di Rotterdam e che fa parte del progetto AI4Future.

Da dove hai iniziato? 

Dalle chat di incontri, che sono un ottimo modo per parlare senza filtri di sesso, porno, perversioni. La prima parte del progetto si chiama infatti Being a Cat, essere un gatto che caccia e cerca la sua preda. Ho cominciato su Tinder e TanTan a fare domande base come "Che porno guardi" o "Qual è la definizione di porno?". Per farlo ho usato profili falsi, e ho avviato più di 100 conversazioni con uomini e donne, un campione molto vario.

E qui è venuto a galla il marcio. 

Sì. Per esempio ci sono uomini che mi hanno detto: "Penso che ad alcune donne piaccia essere scopate dai cani". È ridicolo. Ma la stessa logica vale anche per il porno stupro, un problema che è molto serio in Asia. Mi hanno scritto senza vergogna che a loro piace guardare porno dove le attrici vengono violentate, non solo, hanno poi aggiunto: "Magari a loro piace essere stuprate". Un’altra cosa che mi ha colpito è che moltissime ragazze cercavano un’altra figura femminile per un rapporto a tre con il loro partner, e lo facevano non perché lo desiderassero ma per salvare il rapporto con un po’ di divertimento. Questo mostra molto bene come le donne stesse si considerino un giocattolo sessuale degli uomini.

È da questo che ti è venuta l’idea di Being a Fish?

Sì. Per la seconda parte del lavoro ho deciso di prendere il video porno di un rapporto sessuale tra una donna e due uomini e poi ho cambiato il volto degli attori con il mio. Un modo per sfidare lo sguardo maschile tra il pubblico. E ti dirò, la maggior parte degli uomini, quando hanno visto il video hanno solo notato la mia faccia su quella della donna.

Poi c’è Being è Dog. 

La parte finale del mio lavoro, dove ho usato la clip di una donna che si masturba ma ho sostituito il volto con la faccia di un cane. È una risposta sarcastica a quelli che nelle chat di incontri mi dicevano che secondo loro alle donne piace essere scopate dagli animali. Così ho trasformato la ragazza in un cane. E quindi ho traslato anche il desiderio maschile che guarda la donna mentre si tocca, ma il punto è, lo farebbe anche se ha la faccia da cane? L’ho chiesto. Infatti l’audio sotto la clip è stato registrato nel quartiere a luci rosse ad Amsterdam, e sono proprio le reazioni al video, le risposte delle persone dopo averlo visto.

È anche un modo per spogliare la donna dal suo ruolo erotico.

Certo. La riprendi nel momento della masturbazione che eccita gli uomini ma mettendole il volto di un cane la liberi da quel ruolo, da quelle norme che le chiedono di essere oggetto sessuale.

Per tutti e tre i lavori hai utilizzato la tecnologia Deepfake. 

Sì, nella prima parte è servita per creare il profilo falso per le chat di incontri, nella seconda per cambiare il volto dei porno attori con il mio e nell’ultima per sovrapporre il muso di un cane. Oltre però alla sua funzione tecnica, senza il Deepfake infatti non avrei potuto realizzare i progetti, c’è anche un significato legato al progetto.

In che senso? 

Il Deepfake è diventata una tecnologia per distruggere le donne, soprattutto nel porno. Ci sono moltissimi siti che sostituiscono i volti delle persone sui corpi di pornostar, è umiliante e mortificante. È una cosa che ho scoperto durante la mia routine di masturbazione. Spesso per esempio vengono usati anche i volti di celebrità cinesi che gli algoritmi non censurano.

Manca anche un piano normativo sul tema. 

È ancora tutto molto vago, non ci sono leggi per proteggere le persone, e l’impatto negativo sulla società è enorme. Perché se non sei famoso vieni psicologicamente distrutto, e anche se sei una celebrità, ma con un aggravante. I personaggi pubblici hanno una forte influenza rappresentativa sul pubblico, quindi incidono sul modo in cui viene percepita la femminilità e la donna stessa. E anche qui si riduce a desiderio sessuale di un uomo.

Quando ho provato a scriverti su Instagram ci sono stati dei problemi, cosa è successo? 

Ho pubblicato parte del mio lavoro sui social e Instagram li ha censurati, dopo la mia mostra a Barcellona sono stata bannata. Poi mi hanno riattivato il profilo ma succedevano cose strane. Solo dopo mi sono accorta di essere entrata in una sorta di lista nera di Instagram, e infatti ho ricevuto anche messaggi molesti da bot, oppure sono apparsi contenuti porno sul feed.

Hai vissuto sulla tua pelle le distorsioni tecnologiche delle tue mostre.

Sì, anche per questo serve indagare attraverso l’arte le nuove tecnologie e capire cosa succede se rompiamo l’algoritmo. Perché spesso, quando si prova a farlo succede qualcosa di orribile, io guardandoci dentro per esempio ho scoperto quanto è radicata la mentalità patriarcale sui siti porno. E sinceramente non avevo idea di quanta violenza contro le donne ci fosse prima di iniziare questi progetti.

Quanto è stato difficile mettere in mostra i tuoi lavori?

Tanto. Ho esposto a Barcellona, a Milano, spesso le persone si sentivano a disagio durante le mostre, specialmente con l’audio porno, spesso i tecnici hanno dovuto spegnerlo. Ma lo considero parte del mio lavoro che alla fine deve riflettere la reazione delle persone davanti al sesso e alla disuguaglianza di genere. Il problema è quando cominciano a molestarti e a insultarti, cosa che mi è successa, più di una volta. Da questo si capisce bene che per una donna esprimere sé stessa, la sua sessualità, e parlare apertamente di pornografia è ancora un gran problema.

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