Videogiochi come cocaina? accademici e psicoterapeuti rispondono alle accuse
Il 12 aprile scorso, durante un servizio mandato in onda sul TG1, il senatore di Forza Italia Andrea Cangini paragonava gli effetti di smartphone, social network e videogiochi a quelli della cocaina. Un nuovo allarme per le giovani generazioni, che secondo il servizio sarebbero ormai totalmente dipendenti dalle nuove tecnologie. È quanto emerge anche in "CocaWeb", il libro scritto da Cangini stesso in collaborazione con psicologi, neurologi, pedagogisti e grafologi. Eppure, nonostante le autorevoli fonti di cui si avvale, il discorso fatto dal senatore rischia di essere l'ennesima crociata fine a se stessa contro i nuovi media e gli interessi delle giovani generazioni.
Nel caso specifico dei videogiochi, non è la prima volta che questi vengono demonizzati. Spesso vengono associati alla violenza, all'aggressività e, per l'appunto, alla dipendenza. Il più delle volte si tratta di mere generalizzazioni, che non fanno altro che innescare un'isteria nell'opinione pubblica. Isteria collettiva che a sua volta rischia di danneggiare un intero settore composto da professioniste e professionisti, che però adesso è abbastanza maturo per poter alzare la voce. Su iniziativa della psicoterapeuta Viola Nicolucci, del giornalista Mario Petillo e dell'accademico Francesco Toniolo, è stata scritta una lettera per avviare un confronto col senatore Cangini, in modo che il settore possa parlare apertamente con la politica italiana, ancora molto scettica nei confronti del videogioco, nonostante le diverse iniziative (credito fiscale del 25%, First Playble Fund) volte a far crescere lo sviluppo videoludico.
La lettera scritta da Nicolucci, Petillo e Toniolo ha superato le 200 firme raccolte, le quali coinvolgono content creator, critici, giornalisti, terapeuti, psicologi, accademici attivi sul territorio italiano e molto altro. Un'importante iniziativa, che segna l'insofferenza di un settore davanti all'ennesima battaglia contro il videogioco e le nuove tecnologie. "Si rischia di cadere nel panico morale, quel fenomeno per cui la società percepisce un evento inedito (qui la diffusione di internet e dei videogiochi) come una minaccia prima che ce ne siano le evidenze. I media fomentano l’ansia del pubblico, descrivendo il fenomeno attraverso semplificazioni che talvolta sfociano nella banalizzazione e portano all’amplificazione", riporta la lettera sopramenzionata.
Ciò non vuol dire difendere il medium videoludico a spada tratta, ma esaminarlo in maniera oggettiva, senza cedere a meri allarmismi che fanno bene all'audience ma meno all'informazione. "Il gaming problematico è una condizione che interessa circa il 3% della popolazione mondiale. La ricerca ha dimostrato che l’abuso di gaming è provocato da una frustrazione di bisogni motivazionali (competenza, autonomia, socializzazione) all’interno del contesto sociale, familiare o nel gruppo dei pari. I videogiochi non sono dunque la causa, ma rappresentano uno strumento di compensazione in caso di disagio", riporta un altro stralcio della lettera sul gaming problematico, perché esiste come fenomeno ma diventa spesso facile preda di allarmismi.
Il testo affronta anche gli effetti benefici di videogiochi e nuove tecnologie emersi con l'avvento della pandemia in aspetti come la socializzazione. Per chi desidera una lettura approfondita di quanto scritto da Nicolucci, Petillo e Toniolo, è possibile farla tramite questo link. Intanto il senatore Cangini ha accettato il confronto con i tre professionisti sopracitati, che avverrà giovedì sera 28 aprile alle ore 21 all'interno della trasmissione Twitch PopTalk.