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“Venerdì ci sarà una sparatoria”: la bufala virale su TikTok che ha fatto chiudere le scuole

Alcuni istituti sono rimasti chiusi e altri hanno dato offerto assenze giustificate agli alunni, ma della minaccia che ha provocato panico negli USA non c’è traccia.
A cura di Lorenzo Longhitano
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Quella di venerdì 17 dicembre è stata una giornata di inquietudine per molti alunni, genitori e insegnanti delle scuole statunitensi: nei giorni precedenti si è infatti diffusa su TikTok e su altri social una serie di video che allertava della possibilità di sparatorie e altri attacchi all'interno degli istituti. Le minacce in circolazione non sono state ritenute credibili dalle autorità, che hanno cercato di rassicurare gli animi senza però riuscire a impedire la diffusione virale del materiale originale.

La catena virale

La vicenda ha avuto inizio pochi giorni prima di venerdì, l'ultimo giorno di scuola prima delle vacanze invernali per gli studenti USA. In quelle ore hanno iniziato a diffondersi via social messaggi e video che mettevano in guardia gli studenti sul rischio di finire vittima di attacchi coordinati e pensati per colpire le scuole proprio nella giornata di venerdì. Sui social, e su TikTok in particolare, i ragazzi iscritti hanno presto iniziato a far rimbalzare l'allarme chiedendosi se fosse il caso di rimanere a casa o avvisare genitori e insegnanti; la diffusione virale di questi contenuti ha innescato una reazione a catena che ha coinvolto prima i mezzi di comunicazione di massa che hanno fatto da cassa di risonanza al fenomeno, e poi le forze dell'ordine che hanno vagliato il materiale in circolazione ritenendolo "non credibile".

I tentativi di mantenere la calma da parte delle istituzioni sono serviti fino a un certo punto, anche perché gli interventi sono stati per lo più pubblicati alla vigilia del giorno fatidico. Nella giornata di venerdì non si sono verificati incidenti ma alcune scuole, rimaste impreparate e indecise su come rispondere alla situazione, hanno deciso di concedere assenze giustificate agli alunni o chiudere le attività del trimestre con un giorno di anticipo.

Minacce introvabili

Ricostruire la vicenda nella sua totalità è complesso, perché il primo tassello è proprio quello che manca: autorità e forze dell'ordine non sono infatti riuscite a risalire online a qualunque materiale minacciasse o incitasse apertamente a compiere violenze nelle scuole nella giornata di venerdì 17. Le prime testimonianze in merito parlano già tutte di questa possibilità come di un pericolo, e invitano gli alunni a "stare al sicuro", magari rimanendo a casa. Le ipotesi sono due. La prima è che il materiale che ha ispirato l'allarmismo sia stato pubblicato e poi rimosso, non prima però di generare la catena di reazioni che ha portato al panico delle scorse ore. La seconda è che non siamo mai esistiti video che facessero supporre l'imminenza di attacchi o sparatorie programmati per il 17 dicembre nelle scuole statunitensi, ovvero che l'intera bufala sia nata proprio come una sorta di procurato allarme poi diventato virale.

Per TikTok la responsabilità è dei media

TikTok dal canto suo ha sottolineato come sulla piattaforma non ci sia traccia di video che promuovano gli atti violenti temuti, ma è anche vero che già in passato la piattaforma ha rimosso materiale controverso non appena moderatori o algoritmi sono intervenuti. Il modus operandi del gruppo rende difficile insomma ricostruire e determinare eventuali responsabilità. In uno dei tweet diffusi da TikTok alla vigilia di venerdì il social ha anzi velatamente addossato la responsabilità del panico ai media locali: "Siamo profondamente preoccupati che la diffusione di notizie basate su dicerie e su una tendenza che non è stata trovata sulla piattaforma finisca con l'ispirare atti violenti".

Il ruolo dei social

In effetti è vero che per generare panico, disordini o eventuali incidenti non c'è bisogno di video che incitino attivamente alla violenza e bastano clip allarmistiche che dipingono la violenza come una seria possibilità; il passato tragico delle sparatorie nelle scuole statunitensi ha contribuito ulteriormente alla diffusione del panico, e il ruolo dei mezzi di comunicazione di massa non è da sottovalutare. Testate giornalistiche e notiziari locali hanno però ripreso l'allarme quando si era già diffuso, e l'allarme si è diffuso per aver trovato terreno fertile in app che a scopo pubblicitario amplificano esponenzialmente e automaticamente la portata dei contenuti che provocano più reazioni; i numerosi effetti collaterali del meccanismo alla base della viralità e della raccomandazione dei contenuti sono noti a tutte le piattaforme che impiegano questi algoritmi, ma dopo anni non sono ancora stati neutralizzati.

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