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Un videogioco è stato accusato di essere tra le cause della strage di 17 bambini: è davvero possibile?

Le famiglie delle vittime della sparatoria alla scuola elementare di Uvalde hanno fatto causa anche ad Activision Blizzard per i contenuti violenti e realistici che potrebbero aver aiutato l’attentatore a compiere il massacro. Eppure gli studi scientifici non dimostrano una correlazione effettiva tra videogiochi e violenza.
A cura di Lorena Rao
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24 maggio 2022, Uvalde, Texas. Il 18enne Salvador Ramos, dopo aver sparato in testa alla nonna con un fucile di tipo AR-15, si dirige alla Robb Elementary School per uccidere 19 persone (17 bambini e 2 insegnanti) e ferirne altre 17. Morirà 78 minuti dopo per mano della polizia locale, aspramente criticata per essere intervenuta in ritardo. Quella di Uvalde è stata una delle sparatorie di massa più violente nella storia recente statunitense, tornata alla ribalta in questi giorni perché le famiglie delle vittime hanno fatto causa a Meta, Daniel Defense e Activision Blizzard.

La prima, l’azienda di Mark Zuckerberg (Facebook, Instagram e WhatsApp), è accusata di negligenza: la mancanza di un’adeguata supervisione dei contenuti fa sì che il marketing aggressivo di produttori di armi da fuoco arrivi facilmente nel feed di molti giovani adolescenti, come accaduto a Ramos su Instagram. Di marketing aggressivo è accusata la Daniel Defense, fabbrica d’armi con sede in Georgia, dal cui sito Ramos ha acquistato il fucile utilizzato nella strage. Quanto ad Activision Blizzard, software house californiana nel 2022 acquisita da Microsoft per quasi 69 miliardi di dollari, l’accusa riguarda i contenuti violenti e realistici della serie di videogiochi che sviluppa, Call of Duty.

Ramos ne era un assiduo giocatore. Call of Duty sarebbe responsabile di creare "un teatro di violenza vividamente realistico e avvincente in cui gli adolescenti imparano a uccidere con abilità e facilità spaventose”, riporta la causa depositata presso la Corte Superiore dello Stato della California. “Call of Duty è una simulazione, non un gioco. Insegna ai giocatori come mirare, ricaricare e sparare con precisione, abituando il sistema nervoso dell'adolescente a infliggere violenza ripetuta ed esplicita”.

Rapida la risposta di Activision tramite portavoce. “La sparatoria a Uvalde è stata orrenda e straziante in ogni senso, ed esprimiamo le nostre più sentite condoglianze alle famiglie e alle comunità rimaste colpite da questo insensato atto di violenza”, ha affermato il portavoce, sottolineando però che “milioni di persone in tutto il mondo si divertono con i videogiochi senza ricorrere ad atti orribili”.

Gli studi su videogiochi e violenza

Non è la prima volta che i videogiochi finiscono sotto inchiesta perché associati a comportamenti violenti. Titoli come Grand Theft Auto (GTA) o lo stesso Call of Duty non sono nuovi a questo tipo di accuse. La forte immedesimazione nei personaggi, grazie all’interazione diretta su schermo, unita alla progressiva qualità grafica, ormai sempre più realistica, hanno reso i videogiochi i perfetti capri espiatori di molti casi di cronaca nera. Si ricorderà la crociata anti-videoludica di Trump in occasione delle sparatorie al El Paso e Dayton, nel 2019.

La percezione comune secondo cui le esperienze di videogame violente causino violenza deriva dai primi studi allarmistici degli anni ‘80, nel pieno boom di Nintendo. In The New High Tech Threat to Children (1988), l’educatrice Pamela Tuchscherer avvertiva i genitori delle cattive abitudini che i bambini avrebbero potuto apprendere da televisione e giochi interattivi. Oggi uno degli esperti più severi contro la violenza nei videogiochi è Craig A. Anderson, docente e direttore del Dipartimento di Psicologia nella Iowa State University. Attorno al suo nome ci sono però alcune controversie, sia in merito all’affidabilità dei dati riportati nei suoi studi, come espresso nel 2007 da Jerald J. Block e Bradford R. Crain nella rivista American Psychologist, sia sui fondi provenienti da associazioni storicamente ostili all’industria videoludica, come la National Institute on Media and the Family (NIMF), chiusa poi nel 2009.

Il legame tra videogiochi e disordini mentali

Sebbene l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) abbia inserito la dipendenza di videogiochi tra i disordini mentali nel 2019, ad oggi non c’è una tesi scientifica comprovata che attesti una correlazione tra videogiochi e aggressività. In uno studio del 2017 pubblicato su Frontiers in Psychology, un team di ricercatori tedeschi ha esaminato un campione costituito da partecipanti maschi abituati all’uso frequente di titoli sparatutto in prima persona come Call of Duty e Counter-Strike, non inferiore alle due ore al giorno, e da almeno quattro anni. Il tutto per capire gli effetti sul lungo periodo di esperienze videoludiche adrenaliniche e violente. Il risultato, messo in correlazione con un campione di non giocatori, non ha dimostrato alterazioni legate all’empatia o all’aggressività.

"Se i primi risultati della letteratura scientifica sembravano scoraggiare l’uso dei videogiochi violenti, negli ultimi anni sembra che si stia assistendo ad una svolta", hanno affermato nel 2022 gli psicologi e psicoteraupeti Francesco Bocci e Giuseppe Virgilio nell'articolo "Videogiochi e aggressività, gli ultimi studi spezzano il nesso: ecco perché" pubblicato su Agenda Digitale. "Infatti, le rappresentazioni che dipingevano i media videoludici come diseducativi sono state ridimensionate, e nuovi studi hanno preferito concentrarsi non sui loro aspetti presumibilmente dannosi, ma su quelli benefici". Prendendo in esame titoli come GTA 5, The Sims 3 e Yakuza, Bocci e Virgilio hanno sottolineato la diffusione di "una concezione del videogioco, anche se violento, come opportunità, come mezzo capace di potenziare gli aspetti cognitivi ed espressivi”.

I possibili effetti sullo stress

Un altro studio del 2024, condotto da Gary L. Wagener, ricercatore presso l'Università del Lussemburgo, ha visto 54 partecipanti di sesso maschile giocare ad Uncharted 4, "l’Indiana Jones dei videogiochi". Si tratta di un action adventure in terza persona dove ci sono puzzle da risolvere e arrampicate da fare, ma le uccisioni a colpi di arma da fuoco non sono affatto poche. Durante le sessioni di gioco di 25 minuti, venivano registrati i livelli di cortisolo e testosterone dei partecipanti. Ebbene, l’esito non ha riscontrato variazioni significative del testosterone, ma una riduzione importante di cortisolo, un ormone strettamente legato allo stress. Nel 2020 sono stati fatti altri studi che testimoniano l'effetto benefico che hanno i videogiochi – anche sparatutto – per le persone anziane.

Ci sono precedenti di accuse a videogame

Le ricerche più recenti vanno dunque contro la tesi presentata da Josh Koskoff, avvocato che rappresenta le famiglie delle vittime di Uvalde. La stessa risposta data da Activision dimostra una certa sicurezza.

È anche vero che Koskoff fa parte dello studio legale che nel 2022 è riuscito a ottenere, contro le aspettative, un risarcimento di 73 milioni di dollari dalla Remington, altra azienda statunitense produttrice di armi con sede nel North Carolina, per la strage di Sandy Hook a Farfield, nel Conneticut, la più letale nella storia americana con 26 vittime.

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