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Intelligenza artificiale (IA)

Ultimatum a ChatGPT, se vuole tornare in Italia ha tutto un elenco di condizioni da rispettare

Il 31 marzo scorso il Garante della Privacy ha bloccato tutti i servizi offerti agli utenti italiani da OpenAi, a partire dal software di intelligenza artificiale ChatGPT. Entro il 30 aprile però tutto potrebbe tornare a funzionare a pieno regime, sempre che OpenAi decida di rispettare tutte le condizioni.
A cura di Valerio Berra
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18 giorni per soddisfare le richieste del Garante per la Privacy. 18 giorni per decidere per giocarsi il suo futuro in Italia e forse anche in Europa. È questo l’ultimatum che l’Autorità italiana ha concesso a OpenAI, la società che negli ultimi mesi ha sviluppato ChatGPT. Se l’azienda, con base a San Francisco, riuscirà a soddisfare tutte le indicazioni del Garante entro il 30 aprile allora verrà sospeso il blocco imposto nel nostro Paese che al momento impedisce l’accesso a tutti i servizi dell’azienda. Nei giorni scorsi l'azienda aveva avuto un incontro con il Garante in cui è sembrata disponibile a soddisfare tutte le richieste.

Le condizioni indicate dal Garante per il ritorno di ChatGPT

Le indicazioni da dover rispettare sono parecchie. La prima è l’informativa della privacy: questo documento dovrà essere scritto e pubblicato nei portali dei servizi dedicati agli utenti. L’informativa poi dovrà essere lasciata agli utenti prima della registrazione definitiva. Esattamente come avviene per molti altri portali. Certo, spesso i fogli della privacy vengono completamente ignorati e spuntati di fretta, ma in questi casi la responsabilità è degli utenti. Sempre durante la registrazione, verrà chiesta anche un’autocertificazione dell’età. Gli utenti già registrati si troveranno tutti questi documenti al loro primo accesso.

Le informazioni personali nell’archivio di ChatGPT

Le parti più interessanti delle condizioni poste dal Garante per il ritorno di ChatGPT in Italia riguardano però i dati degli utenti utilizzati per allenare gli algoritmi. Come ormai noto ChatGPT non funziona come Google ma le sue risposte si basano su un archivio di informazioni aggiornato a dicembre 2021. Informazioni di cui non si conosce ancora del tutto l’origine.

Per questo il Garante ha chiesto a OpenAi di dare la possibilità a tutti, soprattutto agli utenti non registrati di chiedere l’eliminazione delle proprie informazioni personali dall’archivio utilizzato per allenare ChaGPT: “OpenAI, inoltre, dovrà consentire agli interessati non utenti di esercitare, in modo semplice e accessibile, il diritto di opposizione rispetto al trattamento dei loro dati personali utilizzati per l’esercizio degli algoritmi e riconoscere analogo diritto agli utenti, qualora individui il legittimo interesse quale base giuridica del trattamento”.

La campagna pubblicitaria

L’ultima indicazione del Garante chiesta a OpenAi è quella di occuparsi di una campagna pubblicitaria a reti unificate (si parla di radio, televisione, giornali e web) per spiegare anche ai non utenti che i loro dati possono essere utilizzati per addestrare gli algoritmi.

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