Torna Life is Strange, il videogame che ormai sembra una serie Netflix: la nostra prova
È il 20 ottobre 2015. Finalmente è uscito l’ultimo episodio di Life is Strange, Episode 5: Polarized. Dopo circa tre mesi di attesa, il pubblico può conoscere l’epilogo di Max e Chloe, due adolescenti legate dal potere dei viaggi nel tempo. Una storia di stampo thriller sovrannaturale ambientata ad Arcadia Bay, una cittadina fittizia dell’Oregon. A far da colonna sonora ai tanti colpi di scena, un’accurata selezione di brani indie rock che include Alt-J, Foals e Syd Matters.
Sembra una serie tv, in realtà Life is Strange è un videogioco, nel dettaglio un’avventura grafica. Questo vuol dire che la storia di Max e Chloe avanza secondo le decisioni di chi gioca, fino ad arrivare a un finale a scelta, tra i più memorabili nella storia del videogioco. È proprio grazie a questo particolare mix attinto dalla serialità in streaming, che il primo Life is Strange è diventato un cult, premiato al tempo come “Miglior Storia” ai Bafta Game Awards e “Gioco di Maggior Impatto” ai The Game Awards.
Un successo mai replicato dai successivi capitoli di Life is Strange, altre avventure grafiche di stampo thriller sovrannaturale ambientate negli Stati Uniti di provincia, ma con personaggi e storie inediti. Questo potrebbe spiegare perché il nuovo Life is Strange: Double Exposure ricorre alla sua storica protagonista, Max Caulfield, per cercare di catturare l’attenzione di pubblico vecchio e nuovo e dare nuova linfa al franchise di Don’t Nod e DeckNine.
Il thriller di Life is Strange: Double Exposure
Max e la fotografia sono un’unica cosa. Non a caso Life is Strange: Double Exposure si apre con lei e la sua migliore amica Safi in una sala da bowling abbandonata, un luogo ricco di memorie da immortalare con la polaroid. Non si tratta di un compito per casa, ma di una ricerca personale. Max infatti ora è una giovane donna che insegna fotografia alla Caledon, una prestigiosa università del Vermont dedicata all’arte. Quando non è in classe o nella camera oscura della sua dimora, va al Turtle, un locale pieno di graffiti, bandiere arcobaleno e birra. Lì si esibiscono le band locali indipendenti. Insomma, sembra che Max viva in una piccola utopia dove scienza, arte e libertà sono i pilastri portanti. Eppure il suo micro paradiso è pronto ad essere stravolto dall’omicidio misterioso di Safi. È in quell’occasione che Max riesce a risvegliare i suoi poteri sovrannaturali dopo anni di silenzio.
Questa volta però non riavvolge il tempo, ma apre una realtà parallela in cui Safi è viva, seppur comunque in pericolo. Inizia così un giallo suddiviso nei canonici 5 capitoli, ora pubblicati tutti in una volta. Una storia di indagini e abilità che spezzano tempo e spazio, che cresce di intensità capitolo dopo capitolo. Questa è valorizzata da una qualità delle espressioni facciali molto elevata. Infatti, nonostante lo stile grafico di stampo fumettistico, sguardi e sorrisi di Max e NPC catturano l'attenzione, dando maggiore profondità alla loro indole.
In termini di gameplay, Max può passare da una sequenza temporale all'altra tramite dei punti specifici delle ambientazioni. Per trovarli basta seguire la specie di sibilo crescente fin quando non troviamo delle piccole lucine. Una volta passata da un mondo all’altro, Max può interagire con personaggi e oggetti diversi, a seconda della realtà di riferimento. Un espediente che si rivela utile anche per entrare in zone inaccessibili, ascoltare conversazioni private o, a volte, anche per nascondersi da occhi indiscreti.
Questo perché Max può comunque percepire i suoni e le presenze di entrambe le realtà. Serve solo premere un tasto, nel caso di PlayStation 5 “R1”. Il core del gameplay restano tuttavia le scelte a bivi, attraverso le quali plasmare i rapporti tra Max e il resto del cast di personaggi, se non la trama di gioco stessa. Spesso si può spezzare il ritmo consultando diario, messaggi e profili social, il che si rivela utile per addentrarsi nelle dinamiche di Caledon. Una giocabilità dunque basata sull’esplorazione camminata, i dialoghi e la raccolta di collezionabili.
Life is Strange tra passato e futuro
Il merito di DeckNine, studio che ha preso le redini del franchise di Don’t Nod, è quello di aver saputo caratterizzare Max in modo fedele rispetto al capitolo originale ma comunque più maturo, considerando che adesso è una giovane donna in carriera e non più una studentessa liceale. Anche il resto dei personaggi si presenta in modo interessante, grazie anche a un’ambientazione che, seppur povera nella varietà, risulta ben caratterizzata, secondo lo stile hipster tipico della serie.
Permangono altri elementi classici del franchise ma qui reinterpretati, come il contesto didattico, in questo caso universitario, l’America di provincia, qui giovane e progressista, e i rapporti con le persone come fulcro. In Life is Strange e Life is Strange 2, che sono i capitoli scritti e sviluppati da Don’t Nod, tali rapporti servono come espediente per offrire uno specchio crudo degli Stati Uniti post-American Dream, quelli in cui c’è abuso di alcol e droghe, rabbia trumpista, paura del diverso.
Life is Strange: Double Exposure attenua tutto questo, concentrandosi esclusivamente sul giallo e sui rapporti tra i personaggi declinati in chiave amicale o amorosa. Non si addentra mai affondo nelle loro vite, ma si limita a far emergere questioni personali che celano tematiche importanti – il suicidio, l’accettazione di sé, la competizione professionale – come sfondo alle vicende di Max. Un approccio già visto sia in Life is Strange: Before the Storm che in Life is Strange: True Colors, capitoli entrambi scritti e sviluppati da DeckNine.
Il risultato, anche in questo caso, è quindi un thriller coinvolgente ma più “leggero”. Life is Strange: Double Explosure fa comunque qualcosa di rivoluzionario: sancisce l’inizio di una nuova scia per il franchise, sempre più somigliante a un teen drama di Netflix per relazioni, ambientazioni e tematiche trattate, rendendo evidente la volontà di arrivare a un target più giovane e avvezzo al binge playing.