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TikTok reagisce al blocco degli Stati Uniti: “Metterci al bando in tutto il Paese è incostituzionale”

La piattaforma ha depositato una causa contro gli Usa perché la legge firmata dal presidente Biden violerebbe il primo emendamento della costituzione, quello sulla libertà di parola. “Non hanno dimostrato che TikTok minaccia la sicurezza nazionale. La cessione è impossibile dal punto di vista commerciale, tecnologico e legale”.
A cura di Velia Alvich
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TikTok non ci sta e porta gli Stati Uniti in tribunale. Così continua la vicenda che coinvolge il popolare social e il governo americano, dopo la firma della legge che potrebbe bandire la piattaforma negli Usa. Accuse e controaccuse. Gli Stati Uniti puntano il dito contro TikTok, che rappresenterebbe una minaccia per la sicurezza nazionale. E oggi TikTok ha risposto sostenendo che la decisione viola il primo emendamento della costituzione americana, quello che garantisce della libertà di parola, e per questo deve essere ribaltata.

Qual è l'accusa di TikTok contro gli Usa

Nel documento depositato presso la Corte d'Appello del Distretto di Columbia è scritto: "Bandire TikTok è così palesemente incostituzionale che gli stessi promotori della legge riconoscono questa realtà" e per questo motivo avrebbero formulato la legge così da farla passare solo come regolamentazione sulla proprietà della piattaforma per difendere la sicurezza nazionale invece che un semplice ban. E, sempre secondo quanto si legge nel testo, la minaccia alla sicurezza nazionale non sarebbe mai stata dimostrata davvero.

Insomma, per TikTok si tratta di una censura ingiustificata che "costringerà al silenzio 170 milioni di americani che usano la piattaforma per comunicare in modi che non possono essere replicati altrove". Il problema della legge, però, non si fermerebbero a semplici questioni di giurisprudenza. Se l'alternativa alla chiusura totale è quella di cedere la piattaforma a un compratore americano, questo sarebbe impossibile "dal punto di vista commerciale e tecnologico".

In primo luogo per limiti tecnici: il codice che fa funzionare il social è così grande (si parla di milioni di righe di codice) che sarebbe impossibile trasferirlo al nuovo proprietario o anche solo permettere agli sviluppatori di usarlo con tranquillità. In secondo luogo perché la stessa Cina non permetterebbe a ByteDance di cedere l'algoritmo a una potenza straniera: "Come gli Stati Uniti, anche la Cina regola l'export di certe tecnologie che sono nate nel Paese", si legge nel documento.

Cosa potrebbe succedere nei prossimi mesi

Una causa depositata per tenere viva la battaglia legale e, in questo modo, per non dovere rinunciare automaticamente al mercato americano, che garantisce alla piattaforma il traffico generato da 170 milioni di utenti. Numeri significativi, ma che scompaiono se confrontati alla base d'utenza totale: in tutto il mondo ci sono un miliardo di persone che usano il social di ByteDance.

Per questo motivo, per adesso sembra una lotta senza compromessi: come già dimostrato nei giorni successivi alla firma della legge da parte del presidente americano Joe Biden, TikTok ha fatto capire di essere pronta a rinunciare alle operazioni negli Stati Uniti pur di non cedere neanche una riga di codice dell'algoritmo. E se nel corso dei prossimi nove mesi la causa intentata contro gli Usa dovesse finire in un nulla di fatto, allora verrebbe confermata una data: 19 gennaio 2025. Qui scadrà l'ultimatum americano per vendere il social a un acquirente nazionale.

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