Spogliate con un’app e poi ricattate, ora le estorsioni con i deepnude arrivano anche in Italia
A inizio settembre 20 ragazze di Almendralejo, un comune spagnolo di Badajoz con circa 30.000 abitanti, scoprono che sugli smartphone dei compagni di classe ci sono delle loro foto, completamente nude. Eppure non sono mai state scattate quelle immagini. Sono false, ma sembrano vere. Si chiamano deepnude, e vengono create attraverso software che sfruttano l'intelligenza artificiale (IA) per spogliare le persone ritratte in una foto. Qualcosa di simile era già successo in Italia ad aprile, con l'app BikiniOff. Vengono generate le foto, cominciano a essere condivise sui canali Telegram, WhatsApp, poi la vittima viene contattata in modo anonimo, e chiedono una somma di denaro per non pubblicare le immagini create con l'IA. "Si tratta di una estorsione sessuale, potenziata con l'intelligenza artificiale che permette di creare foto realistiche", spiega Barbara Strappato, Dirigente della polizia postale.
Nei casi di sextortion infatti la vittima viene ricattata per ottenere denaro o favori sessuali, il truffatore minaccia di pubblicare materiale intimo della vittima ottenuto con l'inganno e senza il suo consenso. In questo caso, invece, il contenuto intimo non è una foto rubata o inviata per sbaglio, ma l'immagine di un corpo nudo creato con l'IA, dal nulla. E questo espone chiunque, al di là di ogni possibile prevenzione. Il rischio è di amplificare anche i casi di revenge porn e la circolazione di materiali pedopornografici. Si apre così uno scenario complesso, e abbiamo parlato con Strappato per capire meglio cosa sta succedendo in Italia.
In Spagna stanno girando queste immagini deepnude di ragazze giovanissime, qui invece com'è la situazione?
Sta succedendo qualcosa di simile. Si tratta di un’estorsione sessuale, la novità è aver trovato applicazioni che sfruttando l’intelligenza artificiale riescono a spogliare le persone, sono dei falsi, ma il risultato è convincente, non è come mettere il volto di qualcuno su un corpo nudo. Poi se noi queste immagini contraffatte le vediamo sullo schermo di un computer si può capire in realtà che sono contraffatte.
Da cosa?
Dalle incongruenze, per esempio la continuità della tonalità della pelle, i corpi poi sono sempre diciamo un po’ troppo perfetti.
Voi avete ricevuto segnalazioni?
Sì, ci hanno scritto sul nostro sito www.commissariatodips.it sia ragazzi, anche di 16 anni, per chiederci informazioni, sia i genitori che erano preoccupati e volevano capire cosa stava succedendo e come muoversi.
Quindi le vittime sono molto giovani.
Si sono giovani, e per questo dobbiamo essere ancora più attenti, noi abbiamo anche un team di psicologi per aiutarci a parlare con loro in modo costruttivo.
Si ricorda quando è arrivata la prima segnalazione?
Sì, guardo subito, allora la prima è arrivata a marzo, e poi ce ne sono state diverse ad aprile.
Più o meno in concomitanza con il caso BikiniOff.
Beh sì, in primavera era emerso il caso di questa app che a partire da un'immagine crea un nudo, non è un combinazione, queste applicazioni si diffondono molto rapidamente tra i più giovani.
E dopo sono aumentate?
Abbiamo ricevuto circa tre quattro segnalazioni al mese, e infatti abbiamo iniziato a parlarne nel corso degli incontri con i giovani, che teniamo continuamente nelle scuole, per informare i ragazzi e far capire quali rischi si corrono e chiaramente far capire che queste app possono essere pericolose.
Quali sono le tipologie di ricatto? Per avere altro materiale, denaro o ricatto emotivo?
Quasi sempre di soldi, fanno vedere le foto che sono contraffatte e chiedono una somma per non pubblicarle. Ma questa è un po’ la dinamica dell’estorsione sessuale. Spesso chiedono cifre basse all’inizio tipo 50 euro, e quindi c’è chi è tentato di pagare per porre fine al ricatto, in realtà poi iniziano a rilanciare chiedendo sempre più soldi, soprattutto se capiscono che c’è una disponibilità economica.
Sì, infatti è un’evoluzione del sextorion, ci sono delle differenze?
Sì, nei casi di estorsione sessuale di solito gli autori sono uomini, anche le vittime. Inizialmente, ce ne occupiamo dal 2013, l’età media delle vittime era intorno ai 50 anni, ora l’età si è abbassata a 35. Dietro ai ricatti ci sono associazioni criminali che lavorano in modo seriale che spesso hanno sede all’estero, per esempio abbiamo arrestato qualche anno fa, dopo indagini complesse, i responsabili Marocco. Nei casi dove viene utilizzata l’intelligenza artificiale per creare foto fake è un po’ diverso. Spesso chi ricatta conosce la vittima, gira nel suo stesso territorio, e poi vengono ricattate soprattutto ragazze giovani.
Come si devono comportare le vittime?
Innanzitutto denunciare subito, perché così si possono contenere i danni, e se si è giovani rivolgersi a un adulto, è quello che diciamo sempre quando ci scrivono per esempio i minorenni, che sia la sorella maggiore, i genitori, o un insegnante.
Ci si può tutelare in qualche modo?
In generale bisogna fare più attenzione, spesso le foto che vengono usate in queste app sono immagini al mare, in costume, prese dai profili social, quindi bisognerebbe essere più gelosi dei contenuti che si pubblicano. La vittima non è colpevole, sia chiaro, non c’è nulla di cui vergognarsi, il problema è che ci sono persone che usano in modo non autorizzato queste foto, e poi le condividono per esempio sui canali Telegram.
Ecco Telegram, che non è particolarmente collaborativo con le forze dell’ordine per arginare questi fenomeni.
In passato no, ma stiamo facendo passi avanti, quando per esempio trattiamo casi gravi, per esempio immagini pedopornografiche, rimuove i contenuti. Negli ultimi due anni siamo riusciti a dialogare e speriamo che vada avanti così.
E con le altre piattaforme?
Con Meta collaboriamo da più di 15 anni quindi sicuramente è una collaborazione più solida, evoluta.
Quali sono le pene a cui si va incontro?
È un reato che rientra nell’articolo 629 del codice penale, punisce chi con violenza o minaccia costringe qualcuno a fare o omettere qualcosa, si tratta comunque di un’estorisione come dicevamo, e può essere punito con la reclusione da cinque a dieci anni e con una multa che va da 1.000 ai 4.000 euro.
Quanti casi si riescono a risolvere?
Noi quest’anno abbiamo denunciato, finora, 90 persone per estorsione sessuale, per i casi dove viene utilizzata l’intelligenza artificiale dovremo parlarne tra un po’.
Come si sta muovendo la polizia postale?
Oltre a monitorare i casi, lavoriamo per formare le persone, per responsabilizzare i ragazzi, ma anche gli adulti. A seconda dell’interlocutore usiamo linguaggi diversi. Da un lato informiamo i più giovani sui rischi, per creare maggior consapevolezza, dall’altro spieghiamo ai genitori o i tutori che devono monitorare e stabilire un tempo massimo per usare i social, e poi devono mostrarsi interessati per far sì che ci sia un dialogo aperto con i ragazzi.