Siamo vicini a capire come prevedere le tempeste solari e i loro effetti catastrofici: lo studio
Il caos generato dal blackout informatico di venerdì 19 luglio ha reso evidente il ruolo fondamentale che internet e la tecnologia svolge per il nostro mondo. Tanto che, a ridosso di quei giorni di panico, un gruppo di scienziati ha voluto lanciare un appello per mettere in guardia sugli esiti catastrofici che potrebbe avere una tempesta geomagnetica particolarmente forte, come quella che investì la Terra tra l'1 e il 2 settembre 1859, passata alla storia con il nome di "Evento di Carrington". Qui Marco Casolino, dirigente di ricerca presso l'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) presso l'Università di Roma Tor Vergata, aveva spiegato a Fanpage.it cos'è e come nasce una tempesta geomagnetica o solare.
Proprio per la consapevolezza degli effetti che un nuova tempesta solare potrebbe avere sulle nostre vite, la ricerca scientifica sta cercando di trovare un modo per prevenirle, anche a fronte del ritmo con cui le tempeste geomagnetiche che stanno colpendo il Pianeta sono in costante aumento a partire dall'inizio del 2023. Un gruppo di ricercatori dell'Università Aberystwyth, in Galles, sembra essere aver trovato la soluzione.
Perché è fondamentale prevenire le tempeste solari
Le tempeste solari o geomagnetiche sono causate da periodi di attività solare più intensi del solito che innescano un disturbo nel campo magnetico della Terra. Rappresentano potenzialmente un rischio per le nostre vite e la nostra sicurezza perché ad elevate intensità possono mandare in tilt servizi e infrastrutture fondamentali per la nostra sopravvivenza, almeno nel mondo come lo conosciamo oggi.
In caso di tempeste particolarmente intense, il rischio – scrivono gli autori dello studio – è che riescano a "devastare la tecnologia terrestre presente sulla Terra e nell'orbita terrestre", compresa quella satellitare.
Dato che in concreto, una tempesta solare si manifesta con un'espulsione di massa coronale (CME) del Sole, ovvero una nuvola di plasma solare fatto di elettroni, protoni e campi magnetici, i ricercatori sostengono che potrebbe essere possibile prevedere la velocità precisa a cui sta viaggiando l'espulsione e in quanto tempo raggiungerò la Terra.
La soluzione proposta dai ricercatori
Ciò che ha dato una svolta al lavoro dei ricercatori del Galles è stato studiare come si comportano le cosiddette "regioni attive" del Sole, ovvero quelle da cui partono le espulsioni di CME. Lo hanno fatto monitorando il campo magnetico corrispondente e come quest'ultimo si modifica prima, durante e dopo un'eruzione.
In questo modo hanno scoperto che c'è un punto limite, che i ricercatori hanno chiamato "altezza critica", raggiunto il quale il campo magnetico diventa molto instabile fino a poter innescare un'eruzione di CME. Studiando l'altezza critica è possibile, secondo i ricercatori, calcolare la velocità dell'espulsione di materia e quindi il tempo che ci impiegherà per raggiungere il nostro Pianeta.
"Comprendere e utilizzare l'altezza critica nelle nostre previsioni migliora la nostra capacità di avvertire delle CME in arrivo, contribuendo a proteggere la tecnologia da cui dipendono le nostre vite moderne", hanno commentato i ricercatori.