Rassegnatevi, la zona 30 è l’unico futuro possibile per le grandi città: il parere dell’urbanista
Il punto di partenza ormai è noto. La giunta comunale di Bologna guidata dal sindaco Matteo Lepore (PD) ha firmato un nuovo piano urbanistico che fissa a 30 km/h il limite di velocità in tutte lo spazio urbano. La firma è arrivata a giugno 2023 ma il provvedimento è entrato in vigore solo nel gennaio 2024. Il limite riguarda praticamente tutte le strade, solo in alcune vie considerate ad alto scorrimento è rimasto fisso a 50 km/h. La scelta di Lepore e della sua giunta è diventata un tema molto più grande di Bologna.
Il limite dei 30 km/h sollevato l’attenzione anche del ministro dei Trasporti Matteo Salvini, alla questione ha dedicato diversi video sui suoi social e l'annuncio di una direttiva firmata dal ministero. Il dibattito si è aperto. C’è un punto che è centrale: obbligare le auto a non superare i 30 km/h riduce il rischio di incidenti mortali, come ha spiegato a Fanpage.it Luca Valdiserri, giornalista e padre in un ragazzo travolto da un’auto mentre camminava sul marciapiede.
Oltre al tema della sicurezza, per capire meglio quale sarà l’impatto sulla viabilità, sui negozi e sulla vita dei cittadini Fanpage.it ha intervistato Paola Pucci, professoressa di urbanistica e mobilità del Politecnico di Milano.
Quando è nata l’idea di creare una zona 30
La decisione di Lepore ha aperto il dibattito in Italia, certo. Ma l’idea di limitare la velocità nelle vie cittadine viene da molto prima. Lo spiega Pucci: “In alcune città tedesche si è cominciato a discutere di questa misura già dagli anni ’70. Uno dei primi casi è stato quello della città di Graz, in Austria. Ha introdotto la zona 30 negli anni ’90. Ma ci sono anche Parigi, Barcellona e Bilbao che hanno deciso misure simili. A questa politica della riduzione veicolare ha legato però anche una serie di interventi per migliorare il trasporto pubblico e adeguare gli spazi per pedoni e biciclette”.
La zona 30 quindi per funzionare deve essere integrata con altri interventi. “Un modello di cui spesso di parla – continua Pucci – è quello della città dei 15 minuti. Un posto in cui il cittadino può trovare tutti i servizi essenziali in un raggio di 15 minuti di percorrenza da dove abita. In altri luoghi, in Australia, si parla di 20 minuti. Ovviamente calcolando quelli da percorrere a piedi o in bicicletta. È tutta una branca dell’urbanistica che si chiama crono-urbanism”.
Come cambia il traffico se le auto rallentano
Una delle critiche principali che viene fatta ai piani urbanistici dove è previsto un rallentamento del flusso di auto riguarda il traffico. A livello intuitivo se le auto vanno più lente aumenterà anche il tempo che occupano sulla strada e di conseguenza l’ingombro che provocano. “Sul tema della viabilità c’è una prima riflessione che si può fare. Andando tutti più piano si evitano gli stop and go e quindi. Il flusso è più lento, certo ma anche più regolare. Queste misure poi servono anche per disincentivare l’uso di auto, quindi nelle strade ci saranno anche meno veicoli”.
Come ci muoveremo nelle città del futuro
Pucci vede nel futuro delle grandi città sempre meno auto, soprattutto auto di proprietà: “La zona 30 è il futuro verso cui stiamo andando. Nel medio periodo avremo bisogno di meno auto, soprattutto se i servizi di sharing vengono potenziati. Questo alla fine può servire anche per il commercio locale: se sono a piedi o in bici e vedo un negozio che mi piace mi fermo più volentieri. Se in auto non trovo subito posto, tiro dritto”.