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Questo robot che sorride non vi farà dormire di notte: com’è fatta la sua pelle artificiale

L’esperimento dell’Università di Tokyo potrebbe portarci sempre più vicini ad avere cyborg che assomigliano agli esseri umani. Per consentire ai robot di sorridere è necessario replicare la stessa struttura che tiene la nostra pelle al suo posto.
A cura di Velia Alvich
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UNIVERSITÀ DI TOKYO | L'esperimento sulla pelle artificiale condotto da un gruppo di ricercatori giapponesi
UNIVERSITÀ DI TOKYO | L'esperimento sulla pelle artificiale condotto da un gruppo di ricercatori giapponesi

La sua bocca sigillata sembra sorridere, ma i suoi occhi sono vuoti e inespressivi. Le guance seguono il movimento delle labbra, la pelle rosa e lucida si tende, lo sguardo rimane fisso sulla camera. Sembra un incubo da cui svegliarsi prima che il mostro prenda vita. E invece è solo un esperimento condotto in un laboratorio.

Un gruppo di ricercatori dell'Università di Tokyo ha pubblicato uno studio dove dimostra come ha risolto un problema non umano, ma robotico: creare una pelle simile a alla nostra per proteggere i cyborg del futuro da pericoli e intemperie. La scoperta potrebbe portarci sempre più vicini agli automi che ci assomiglieranno.

Cosa si vede nell'esperimento sulla pelle robotica

In uno stampo rotondo c'è un lembo di pelle artificiale. Al centro due occhi finti, una protuberanza che simula un naso e una parte concava che somiglia a una bocca. Il materiale rosa (e quello che nasconde sotto) è al centro dell'esperimento: tirando alcune barre sottocutanee, gli scienziati attivano il finto sorriso della faccia robotica. La pelle artificiale si tende sulle guance che accompagnano il sorriso falso.

Espertimento riuscito: la pelle segue le forme del volto e poi torna naturalmente in posizione, pronta alla prossima espressione. Non è scontato che la pelle rimanga integra e in posizione. Il segreto? Imitare gli esseri umani anche quando si tratta di "ancorare" la pelle allo scheletro.

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Perché è importante costruire una pelle artificiale resistente

Fino a ora non ci sono state grandi alternative per agganciare la pelle a un robot. Nei casi fino a ora sperimentati, si è preferito lasciarla libera senza nessuna forma di ancoraggio oppure usando dei ganci rivolti verso l'esterno. Nessuna delle opzioni è ottimale: nel primo caso, la pelle è soggetta a deformazione, nel secondo non sempre dà risultati estetici o realistici.

Per imitare la pelle umana, quindi, bisogna ispirarsi a quello che naturalmente tiene la nostra pelle al proprio posto: creare uno strato di legamenti fatti di collagene. Non potendo replicare la stessa struttura fitta dei legamenti sottocutanei, gli scienziati giapponesi hanno scelto di "puntellare" la struttura robotica con dei ganci a forma di V solo in alcune zone. Un numero limitato, ma sufficiente per tenere la pelle artificiale al proprio posto. Dentro questi "buchi" nello scheletro sono state fatte delle iniezioni di collagene che è stato poi utilizzato per collegare la pelle alla struttura del robot.

Il vantaggio? Avere una pelle artificiale realistica, umana, resistente ai movimenti come quelli delle espressioni facciali o anche a contrazioni maggiori. E, soprattutto, la possibilità di installare sui robot pelle che si ripara da sola, migliorando così il suo ciclo di vita. Un passo in avanti, insomma, per avere cyborg felici e sorridenti sempre più simili a noi.

UNIVERSITÀ DI TOKYO | La struttura che tiene ancorata la pelle allo scheletro per gli umani e il suo corrispettivo robotico
UNIVERSITÀ DI TOKYO | La struttura che tiene ancorata la pelle allo scheletro per gli umani e il suo corrispettivo robotico
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