Questo profilo TikTok racconta le vittime dei casi di cronaca con i deepfake, è un po’ inquietante
“Mia mamma mi ha lasciato morire di fame, sono Diana Pifferi”. “Sono rimasta sepolta in una chiesa per 17 anni, sono Elisa Claps". “Mio marito mi ha dato fuoco, sono Giulia Tramontano”. Storie di cronaca nera. Tutte raccontate in prima persona, attraverso immagini statiche create e animate dall’intelligenza artificiale. Immagini che a volte non sono neanche simili a quelle della vittima, così come non lo sono le storie. Giulia Tramontano non era sposata con Alessandro Impagnatiello. Il profilo TikTok la storia vive ha pubblicato il primo video il 17 maggio. In tre settimane ha già raccolto quasi 50.000 follower e 500.000 like.
All’inizio il format dei video era più neutro. Le prime clip raccontano la storia di personaggi famosi, da Bruce Lee a Khaby Lame, passando per la Regina Elisabetta II e Harukichi Shimoi. L’animazione è semplice. Fin troppo. La storia di ogni personaggio viene raccontata partendo da una sua immagine statica, in cui si muove solo la bocca. Video dopo video il tenore delle storie cambia e dal comparto celebrity/personaggi storici si passa a quello dei casi di cronaca nera.
I casi di cronaca italiana diventano basi per i video
La rassegna attraversa tutti i casi più famosi. Tutto è in prima persona, come se il protagonista stesse raccontando non solo quello che ha visto quando era nel suo corpo ma anche tutto quello che è successo dopo la sua morte. Le indagini, le piste false e quelle vere, i sospetti e i processi. Le colonne sonore sono sempre le stesse. Lente, tristi e quasi ipnotiche. I sottotitoli, a volte corredati da emoji, sono sempre presenti.
Le immagini invece ricordano i volti delle vittime solo per l’età. Gianluca De Nardo, ucciso a Novi Ligure nel febbraio del 2001 sembra un orfano perso nella Londra di inizio ‘900. Denise Pipitone è in una foresta coperta da muschio e nebbia, un ambiente che non ricorda nemmeno da vicino le immagini provenienti da Mazara del Vallo. Sarah Scazzi ha in comune con il suo avatar solo i capelli biondi e la carnagione chiara. A volte neanche la voce coincide. Alfredo Rampi, morto a sei anni, ha la voce profonda di un uomo adulto.
Come nasce un video con un avatar creato dall’intelligenza artificiale
Con un paio di click si possono trovare tutte le indicazioni per generare questi video. Per il testo ci si aiuta con ChatGPT, MidJourney per creare le immagini, e poi ancora Elevenlabs per la voce e D-ID per animare tutto. L’effetto non è mai verosimile, i soggetti che parlano sembrano sempre personaggi dei videogiochi animati male. Ma alla fine il video deepfake funziona, anche se molto artigianale.
Una tendenza che arriva dagli Stati Uniti
Questo trend non nasce in Italia. Nella parte anglofona di TikTok lo stesso genere di video è stato pubblicato dall’account serialkillerstorie. Ovviamente qui i casi riguardano tutto il mondo e pescano dagli archivi di cronaca di qualsiasi giornale. La prospettiva però spesso è diversa. Le storie non vengono raccontate dalla vittima, ma direttamente dal carnefice che guarda lo spettatore come se fosse pronto a confessarsi.