Questa fotografia è stata squalificata da un concorso: “Non capiamo se è creata dall’IA”
Quando Suzi Dougherty entra nel bagno rosso vede che il cardigan di suo figlio è abbinato agli abiti di due manichini di Gucci. Scatta una foto con il suo iPhone, la fa stampare, e dopo qualche giorno arriva sul tavolo dei giudici del concorso fotografico di Charing Cross. "Eravamo a questa mostra e Caspar, mio figlio, dopo aver visto lo scatto ha pensato che sarebbe stato divertente partecipare alla gara, così mi sono iscritta", ha raccontato Dougherty al Guardian. Subito la giuria è rimasta impressionata dalla foto, poi però ha deciso di scartarla. Sulla pagina Instagram del concorso scrivono: "La foto è stata squalificata: i termini e le condizioni non prevedono immagini generate con l'IA". Eppure Dougherty nega. "Sono lusingata, ma ho solo scattato la foto con il mio iPhone".
A prescindere dalle ragioni delle parti, l'incursione dell'IA nei concorsi artistici non è una novità. Per esempio a settembre Jason Allen ha vinto il primo premio al concorso artistico della Colorado State Fair, con un quadro generato dall'intelligenza artificiale, non è piaciuto a tutti. Molti, hanno definito la vittoria come la morte dell'arte. Ora, nel caso Dougherty non è importante capire se la fotografa abbia utilizzato o meno l'IA, piuttosto come integrare nei circuiti artistici le opere digitali. Anche perché l'intelligenza artificiale è solo l'ultima tappa di un filone che va avanti dagli anni '50. Quando Manfred Frank e Ben Laposky crearono l’oscillogramma, una rappresentazione grafica che può essere distorta variando la lunghezza d'onda dei raggi di luce nel tubo catodico, un’opera ispirata all’estetica Bauhaus. Poi l'arte interattiva e multimediale tra Germania e Stati Uniti, la Net Art, le immagini manipolate. Insomma tutta la storia del ‘900 che è stata l'apripista per la riproducibilità tecnica dell'arte.
Il commento dei giudici
Iain Anderson, uno dei giudici del Sydney Charing Cross Photo, ha spiegato che prima o poi l'intelligenza artificiale entrerà nei concorsi fotografici anche se sarà necessario creare una sezione dedicata: "Avremo bisogno di una gara per l'IA, ma al momento non sappiamo come funziona e sarebbe difficile giudicare. Quest'immagine è piaciuta a tutti quando l'abbiamo vista, poi abbiamo detto ‘Aspetta, sembra generata con l'intelligenza artificiale' e non siamo riusciti a capire se i nostri sospetti fossero fondati o meno". Anderson ha anche analizzato i metadati dell'immagine ma non è riuscito a riconoscere tracce dell'intelligenza artificiale.
Una volta era molto più semplice. Le tracce dell'IA erano ben riconoscibili, mani con troppe dita, occhi storti, espressioni plastiche. Come ha spiegato al Guardian Patrick Hutchings esperto di applicazione creativa dell'IA alla Monash University: "La tecnologia oggi è così performante che è difficile riconoscere le immagini create con l'intelligenza artificiale". Non solo, "spesso le immagini sono modificate digitalmente, molte foto hanno un'elaborazione direttamente dalla fotocamera, altri usano Photoshop e basta caricarle su un software per cambiare i metadati e mascherare l'intervento dell'IA".
Come riconoscere un'immagine generata dall'IA
Come dice Hutchings l'IA diventa sempre più brava a mascherarsi, eppure ci sono dei modi per scovare l'inganno. Il metodo più semplice è fare attenzione ai dettagli, spesso le composizioni sono scorrette e le proporzioni sbagliate. Magari un dettaglio, per esempio un polso o un ginocchio in una posa strana, oppure un'espressione facciale esagerata. Non solo, un buon modo per riconoscere lo zampino dell’IA è cercare scritte sui muri, sulle insegne, o sopra gli abiti, spesso appaiono testi disordinati e senza senso. L'intelligenza artificiale non è ancora in grado si riprodurre lettere e numeri.
Per rispondere al problema e avere una prova del nove le aziende stanno realizzando programmi per rilevare l'intervento dell'intelligenza artificiale. Attraverso algoritmi sofisticati sono in grado di raccogliere le tracce e distinguere le immagini umane da quelle artificiali. Secondo alcuni critici ed esperti di disinformazione il rischio è che l'IA sia sempre un passo avanti rispetto agli strumenti per rilevarla. Come ha spiegato Cynthia Rudin, professoressa di informatica alla Duke University, al New York Times: "I generatori sono progettati per essere in grado di ingannare un rilevatore. Per questo a volte falliscono, anche quando un'immagine è ovviamente falsa".