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PlayStation ha svelato il suo futuro ma forse non è lo stesso che si aspettavano i fan

Più Games as a Service, meno esclusive single-player. Più proposte ma meno personalità. Lo Showcase di PlayStation sul futuro di PlayStation 5 non è stato recepito del tutto positivamente dagli utenti più affezionati alla console.
A cura di Lorena Rao
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Un’ora di evento. Trentatré i giochi presentati. Oltre 700.000 persone connesse. Tanta sostanza per il PlayStation Showcase tenutosi lo scorso 24 maggio, ma solo in parte. E non perché siano mancati i nomi altisonanti, a partire da Marvel’s Spider-Man 2, che ha dominato la conclusione dello Showcase dopo una sfilza composta da Immortals of Aveum, Alan Wake 2, Assassin’s Creed Mirage, il remake di Metal Gear Solid 3: Snake Eater, ora rinominato Delta, a cui si aggiungono produzioni medio-piccole particolarmente interessanti, tra le quali Neva, The Talos Principle 2 e Sword of the Sea, per citarne alcuni.

Come sarà il futuro di PlayStation

Eppure quello a cui abbiamo assistito durante la serata del 24 maggio ci dice molto poco del futuro di Sony, soprattutto al livello di esclusive, concetto molto caro all’azienda giapponese, su cui si fonda l’intero ecosistema PlayStation sin dai suoi albori. Per capirci, dei titoli citati sopra, solo lo Spider-Man di Insomniac fa parte delle future esclusive di PlayStation 5, il resto sarà disponibile anche su Xbox Series X|S, forse anche su Game Pass. C’è pure Final Fantasy XVI tra le frecce nella faretra di Sony, ma l’arrivo previsto il mese prossimo non permette di parlare di futuro.

Nemmeno la porzione di show dedicata a PS VR 2, il set per giocare in realtà virtuale su PlayStation 5, ha risollevato le sorti. Anche in questo caso non mancano i nomi grossi come Resident Evil 4 VR, ma manca una visione di insieme, con altri titoli focalizzati più su esperienze sparatutto, che però non riescono a far emergere in maniera originale l’offerta di PS VR 2. Poca sorpresa anche per PlayStation Project Q, il dispositivo portatile per giocare da remoto in streaming ai titoli già acquistati su PlayStation 5, rumoreggiato nei giorni precedenti. Al di là della conferma della sua esistenza, dettagli importanti come il prezzo e l'uscita verranno rilasciati nei mesi successivi.

Tirando dunque le somme, cos’ha in serbo PlayStation 5 per la sua utenza? Considerato l’inizio traballante della generazione di console, dovuto a pandemia e crisi dei chip, si sente il bisogno di uno scuotimento che faccia intendere la visione dei principali attori videoludici. Nintendo ha probabilmente siglato il canto del cigno di Switch con The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom. Microsoft è sempre più concentrata su servizi come Game Pass e Xbox Cloud Gaming, anche se pure qui sul fronte esclusive deve ancora dimostrare le sue qualità, nonostante piccole perle come Pentiment. Sarà tuttavia con Starfield, l'epopea spaziale di Bethesda, che capiremo l’efficienza delle acquisizioni massicce fatte da Microsoft negli anni precedenti. Quanto a Sony, l’azienda per ora sembra in difficoltà a rendere chiara la strada intrapresa, più ostinata a voler far saltare l’accordo Microsoft-Activision-Blizzard (cosa che Unione Europea e Cina hanno convalidato), a inserirsi in spaccati già dominati da altri competitor tramite VR e portatilità, senza però avere una visione peculiare, che caratterizzi in maniera concreta PlayStation 5.

A questo si aggiunge la penuria, a tre anni dal lancio, di esclusive memorabili, di titoli che facciano capire che Play Has Not Limit (slogan di PlayStation 5). Ratchet&Clank: Rift Apart, Returnal, Horizon Forbidden West e God of War Ragnarok per ora hanno mantenuto buone le aspettative, nonostante il terzo sia stato fagocitato da Elden Ring e il quarto non abbia potuto contare sull’effetto novità del predecessore. Di conseguenza, cosa possiamo aspettarci da PlayStation 5? Tolto l’imminente Final Fantasy XVI, l’attesa è per l’autunno del 2023, periodo in cui sarà lanciato Marvel’s Spider-Man 2, titolo di peso nell’ecosistema di Sony. Ed è proprio qui che entra in gioco uno studio come Bungie (Halo, Destiny), acquisito da Sony l'anno scorso, specializzato nei titoli games as a service, ossia quella tipologia di giochi multiplayer, spesso free-to-play, con acquisti interni. Un tipo di esperienza videoludica su cui l'azienda di Tokyo sembra voler puntare sempre più, in quanto più remunerativa rispetto alla tradizionale via delle esclusive single-player. È un problema? Per un'utenza costruita lungo cinque generazioni di console, forse sì. Ed è allora che vengono i dubbi sul futuro.

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