Perché sui social stanno aumentando i contenuti d’odio verso le donne: i risultati dello studio
Il web è stato sin da subito una tana per gli uomini che odiano le donne. Basta pensare agli incel, gli “involontariamente celibi”, sottocultura online nata insieme a Internet. Da anni resistono nel sottobosco chat misogene e forum violenti dove viene alimentata la disparità di genere. Ora gli algoritmi dei social media vanno a peggiorare uno scenario già difficile. Secondo un nuovo studio, condotto dai ricercatori dell’University College di Londra e dell’Università del Kent, sono aumentati i contenuti contro le donne, che vengono presentati sulle piattaforme come video divertenti. Il "materiale tossico" viene spinto dagli algoritmi che intercettano soprattutto quei i ragazzi isolati, che soffrono di ansia, con problemi di socializzazione. La vittime perfette da trasformare in carnefici da manuale.
“I luoghi comuni e i contenuti dannosi si stanno diffondendo tra i giovani”, ha spiegato Kaitlyn Regehr, autrice dello studio. “Il consumo online sta influenzando i comportamenti offline dei ragazzi, perché vediamo queste ideologie spostarsi dagli schermi ai cortili delle scuole”. Gli algoritmi dei social media prendono di mira le persone più vulnerabili "per esempio fanno leva sulla paura della solitudine o la sensazione di perdita di controllo, e gamificano contenuti dannosi. Quando i giovani si trovano davanti a video che parlano di autolesionismo o di estremismo, lo scambiano per intrattenimento”, ha aggiunto Regehr.
Lo studio, intitolato Safer Scrolling, si è concentrato su TikTok, eppure i ricercatori hanno spiegato che i risultati potrebbero essere applicati anche alle altre piattaforme. Il tema è caldo. Una nuova ricerca condotta dal Survey Center on American Lif ha infatti mostrato come i giovani della GenZ siano più propensi dei baby boomer a credere che il femminismo abbia fatto più male che bene.
L'impatto dei contenuti misogeni sulla GenZ
Per comprendere meglio l'impatto dei social nel mondo reale i ricercatori hanno anche intervisto studenti e dirigenti scolastici. Hanno scoperto che i contenuti d'odio verso le donne sono radicati nella cultura dei giovani. Geoff Barton, segretario generale dell'Association of School and College Leaders, che ha collaborato con i ricercatori ha sottolineato: "I risultati dell'UCL mostrano che gli algoritmi hanno un effetto valanga e servono soluzioni estreme per bloccare questi contenuti venduti come intrattenimento."
Ha poi aggiunto: “Ciò è profondamente preoccupante, vengono amplificati i messaggi sulla mascolinità tossica e il suo impatto sui giovani che hanno bisogno di poter crescere e sviluppare la loro comprensione del mondo senza essere influenzati da materiale così spaventoso. Chiediamo a TikTok in particolare, e alle piattaforme di social media in generale, di rivedere i loro algoritmi con urgenza e di rafforzare le misure di salvaguardia per prevenire questo tipo di contenuti, e al governo di considerare una nuova legge sulla sicurezza online”.
Come proteggere le donne dagli algoritmi
Andy Burrows, consigliere della Molly Rose Foundation, ha spiegato al Guardian: “Questa ricerca rafforza il modo in cui gli algoritmi di TikTok prendono di mira e bombardano spietatamente i giovani con contenuti dannosi e in pochi giorni possono servire agli adolescenti una raffica quasi costante di video malsani e talvolta pericolosi". Secondo Burrows serve "un'azione coraggiosa e decisiva per affrontare gli algoritmi ad alto rischio che danno priorità alle entrate, rispetto alla sicurezza e al benessere degli adolescenti." Secondo l‘Online Safety Act, i social media hanno il dovere di proteggere la sicurezza degli utenti e i loro diritti, affrontare i contenuti che colpiscono le donne e le ragazze online è quindi fondamentale.
Un portavoce di TikTok ha ribattuto spiegando che “la misoginia è stata a lungo vietata su TikTok". Ha poi aggiunto: "Rileviamo in modo proattivo il 93% dei contenuti che rimuoviamo per aver infranto le nostre regole sull’odio. La metodologia utilizzata in questo rapporto non riflette il modo in cui le persone reali sperimentano TikTok”.