Perché la Web Tax è uno schiaffo contro i giornali online: la tassa nascosta nelle righe della Manovra
Nella prima fase era passata sottovento. La nuova versione della Web Tax voluta dal governo di Giorgia Meloni nella Manovra per il 2025 è arrivata sui giornali solo quando il testo è stato presentato alla Camera dei Deputati. Nella Legge di Bilancio per il 2025 c’è un paragrafo che estende una tassa a un intero settore. L’articolo 4 del testo della Manovra estende di fatto la Web Tax a tutti gli editori italiani che pubblicano giornali online. Ricordiamo solo che la Web Tax doveva essere una tassa contro le Big Tech che fatturano milioni di euro in Italia ma lasciano poco o nulla.
In breve. La Web Tax prevede un’imposta pari al 3% dei ricavi alle aziende di servizi digitali. Fino a questo momento si applica solo alle aziende con un fatturato globale maggiore di 750 milioni di euro e ricavi in Italia di almeno 5,5 milioni di euro. Nel testo, almeno così come è scritto, questa limitazione viene eliminata e la Web Tax viene estesa a tutte le società che si occupano di servizi digitali. Un settore in cui c’è anche una categoria che verrà colpita in pieno dalla tassazione: i giornali online.
Lo stupore di Fieg, la Federazione italiana degli editori di giornali
Le critiche alla nuova Web Tax sono arrivate da diverse voci che si occupano a vario titolo di questo settore. Sono state chiare le parole di Fieg, la federazione degli editori: “Con l’estensione della platea dei contribuenti l’epilogo della Web Tax è paradossale: si colpiscono tutte le imprese digitali italiane, sottoponendole ad una duplice tassazione e accentuando così la disparità di trattamento e lo svantaggio competitivo nei confronti dei colossi globali del web”.
Il problema della tassa sui ricavi invece che sull’utile
Per chiarire l’impatto di questa tassa basta vedere un dettaglio. La tassazione del 3% non è sugli utili, ma sui ricavi. Questo vuol dire che per un’azienda che ha un ricavo annuo da 10 milioni di euro parliamo di 300.000 euro in più di tasse da pagare. E questo senza tenere in considerazioni gli utili. Tradotto: se un’azienda ha un ricavo annuo da 10 milioni di euro ma è in perdita dovrà comunque pagare 300.000 euro di tasse in più a partire dall'anno prossimo.
Le richieste di cambiare direzione per la Web Tax non arrivano solo dagli operatori del settore o dalla maggioranza. Le richieste per cambiare strada sono arrivate anche dalla maggioranza. Maurizio Gasparri, capogruppo di Forza Italia in Senato, ha spiegato in un’intervista a QN: “Non possiamo colpire le piccole tv digitali o i gruppi editoriali solo perché hanno un sito web. Capisco, perciò, l’amarezza e lo stupore degli editori. La web tax deve colpire i grandi operatori del web che non solo non pagano le tasse”.