Perché la prima protagonista femminile apparsa nei giochi Pokémon è da considerare rivoluzionaria
Per giocare nei panni di una ragazza nella serie Pokémon, è stato necessario aspettare il 2001 e l’uscita di Pokémon Cristallo. Un’aggiunta che per alcune persone ha significato ben poco, ma per altre ha rappresentato un importante punto di svolta a proposito di inclusività e varietà di rappresentazioni.
Questo perché per molto tempo il videogioco è stato appannaggio di pubblico e studi di sviluppo in prevalenza maschili, il che ha avuto ripercussioni sull’immaginario videoludico, composto per molti anni da protagonisti appartenenti a determinati standard di genere, corporei e professionali (il guerriero, il supersoldato, lo sportivo, l’otaku). Un discorso che ha investito anche i personaggi femminili, meno frequenti nel ruolo di protagoniste ma molto spesso sessualizzate per accontentare lo sguardo del pubblico di riferimento. L’esempio più lampante è quello di Lara Croft, la cui esasperata sessualizzazione del reparto marketing ha spinto il suo creatore, Toby Gard, ad allontanarsi dal franchise di Tomb Raider.
Un discorso che diventa ancora più complesso se si guarda alle produzioni giapponesi, dove il discorso sulle rappresentazioni di genere resta ancorato a convinzioni sociali rigide. Eppure qualcosa in grado di scardinare l’ordine delle cose è successo. Basti pensare a Final Fantasy IX nel 2000, in cui compare il personaggio non binario di Quina Quen, che nella versione italiana del gioco presenta un simpatico accento romanesco. Per avere poi la prima protagonista donna in Final Fantasy sarà necessario aspettare il capitolo XIII, uscito nel 2009. A onor del vero vi è anche Final Fantasy X-2 del 2003 con Yuna, ma in questo caso resta evidente il problema sessualizzazione.
Personaggi come Kris di Pokémon Cristallo e Quina di Final Fantasy IX hanno permesso in seguito una maggiore varietà di rappresentazione all’interno dei videogiochi. Il che, di conseguenza, ha influenzato le nuove generazioni di sviluppatori e sviluppatrici.
Tra loro vi è Maura Peterson, art director di Serenity Forge, il cui motto è "Creiamo giochi di grande impatto che sfidano il tuo modo di pensare". Del resto, il videogioco non è solo un prodotto per l’intrattenimento, ma è un mezzo d’espressione attraverso il quale veicolare un messaggio, come qualsiasi altro medium.
"C'è sempre una sorta di proiezione introduttiva dello sguardo maschile sulle cose. E penso che specialmente nei giochi – perché, sai, sono mezzi artistici – puoi ancora avere un personaggio femminile sessualizzato. Ma deve dire qualcosa. Deve significare qualcosa” afferma l’art director in un’intervista per Polygon. Un po’ come l’Olympia di Édouard Manet, in cui, a differenza dei nudi femminili rinascimentali, la figura guarda dritta negli occhi l’osservatore, come a volerlo sfidare. In altre parole, la sensualità può essere una caratteristica valida nei personaggi femminili, purché sia motivata e non semplice pretesto per accalappiare lo sguardo dell'uomo. Un esempio videoludico potrebbe essere Bayonetta, l’avvenente strega di PlatinumGames e Nintendo.
Un’altra testimonianza importante è quella di Emily Pitcher, director di Sondering Studio. "Il genere ha sempre influenzato il mio approccio al gioco" ha detto a Juno Stump di Polygon. Pitcher è stata streamer su Twitch durante il college, un’esperienza attraverso cui ha sperimentato razzismo, sessismo e altre pesanti offese da parte della community.
Quando poi ha iniziato a lavorare nel settore videoludico dei tripla A a grosso budget, ha notato come le donne vengano di frequente scoraggiate a partecipare, a fare domanda per nuovi ruoli o addirittura a intervenire durante le riunioni. Ecco perché in seguito Pitcher ha deciso di virare verso il panorama indie, più libero dalle logiche gerarchiche e di mercato e per questo più aperto sul fronte rappresentazioni. I giochi di Sondering Studio hanno spesso per protagoniste donne imperfette, dunque incredibilmente umane, in cui immedesimarsi facilmente.
Grazie all’interazione tipica del videogioco è infatti possibile sperimentare con la propria identità e convizioni, vivere in maniera virtuale dinamiche della vita reale, vestire i panni di qualcuno di diverso per comprendere meglio se stessi. "Può essere conflittuale realizzare giochi emotivi e sinceri", ha affermato Pitcher, "ma non stiamo compromettendo la nostra visione creativa, anche se inseguire le tendenze è un successo garantito". Attualmente Pitcher è molto attiva su TikTok, dove pubblica video per sensibilizzare e ispirare le nuove generazioni di sviluppatori e sviluppatrici.
In breve, si sta assistendo a una maturazione del medium e di chi vi sta attorno, tra team di sviluppo e pubblico. Il merito è di Kris, Quina, la nuova Lara Croft, Ellie, Aloy, Selene e tante altre eroine che hanno scardinato le rappresentazioni standard delle protagoniste videoludiche.
In generale, le software house, piccole o grandi che siano, stanno dimostrando un'apertura verso le questioni di genere e di rappresentazioni, promuovendo maggiore inclusività. Tra questi vi sono anche titoli di spessore come The Sims e Animal Crossing. Che sia quindi attraverso una maggiore varietà di personaggi o una serie di meccaniche che permettono di scegliere il pronome e l'identità in cui ci riconoscersi, il videogioco vuole diventare un medium attraverso cui parlare a più persone possibili.