Perché guardiamo il telefono quando lo fanno gli altri? Cos’è l’effetto camaleonte
Lo fanno gli scimpanzé, i leoni, e anche gli umani. La mimica involontaria, o effetto camaleonte è alla base della socialità: “Crea sincronia nei gruppi, serve per cacciare, per gestire la prole è effetto fondamentale dal punto di vista adattativo che aumenta livelli di cooperazione, rappresenta una base biologica estremamente importante per relazionarsi”. Eppure sta succedendo esattamente l’opposto. In realtà l’effetto camaleonte cade in una sorta di paradosso se si parla di smartphone. In poche parole se si vede qualcuno con un dispositivo in mano ci viene di riflesso l’istinto di imitarlo. Ed è così il principio base delle relazioni finisce per dividerci.
Il Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa ha condotto due sperimentazioni per comprendere meglio il fenomeno. Abbiamo intervistato la professoressa Elisabetta Palagi, autrice dello studio per capire meglio l’effetto camaleonte declinato in chiave contempornea.
Come avete condotto l’esperimento?
Abbiamo cominciato a pensare che dietro al successo degli smartphone ci fosse un meccanismo neuronale inconscio, quello che chiamiamo l’effetto camaleonte, ovvero la capacità automatica di riproporre le azioni altrui in modo inconscio e automatico, e così abbiamo condotto due sperimentazioni che hanno confermato la teoria. Una subito dopo il lockdown e poi l’altra un anno dopo. Per realizzarlo sono stato introdotti dei dimostratori, ovvero delle persone che usavano lo smartphone in mezzo agli altri e noi siamo andati a registrare la risposta di mimica in base allo stimolo. Quindi capire quante persone cominciavano a guardare un dispositivo dopo aver visto qualcun altro farlo. Tutto questo è stato fatto in condizioni naturali, dove capitava, sale d’aspetto, treni, posto di lavoro o cene.
Quindi avete anche osservato amici e familiari?
Esatto erano inclusi anche loro, chiaramente nessuno lo sapeva, anche perché la risposta di mimica può essere influenzata dalla consapevolezza di essere osservati. Tra l’altro abbiamo notato che la risposta mimica avveniva nei primissimi secondi.
Cosa fa scattare l’imitazione?
I processi imitativi soprattutto di mimica rapida sono stati ascritti, ormai c’è una grande letteratura in merito, ai neuroni a specchio, questi neuroni entrano in gioco non solo effettuando l’azione ma anche percependo l’azione fatta dagli altri.
È un po’ quello che succede quando qualcuno sbadiglia e anche a noi viene voglia giusto?
Esattamente, è lo stesso fenomeno del contagio dello sbadiglio ma anche della mimica della risata, ridere insieme permette di creare un forte collante sociale e spesso si ride anche senza sapere perché l’altro ride. La sua faccia risuona sulla nostra. Questo effetto di mimica è importante anche per animali non umani, crea la sincronia dei gruppi per la caccia per esempio, ed è importante dal punto di vista adattativo perché incrementa la socialità e i livelli di cooperazione, ha una base biologica estremamente importante. Tutti i fenomeni di mimica, ma anche per esempio adottare il dialetto di un altro, sono comportamenti che servono per creare legami sociali.
Però questo è un paradosso.
Esatto è proprio un paradosso perché imitando gli altri che usano uno smartphone noi in realtà non creiamo legami sociali ma ci allontaniamo. Perché il dispositivo mi trasporta in un'altra forma di socialità, dico questo perché la maggior parte delle persone osservate quando prendevano in mano lo smartphone aprivano i social network. E quindi è un fenomeno che di base serve per unire, ma il risultato è quello di catapultarci in una realtà virtuale che però ci allontana dalla realtà reale. Quella che stiamo vivendo.
Prima mi ha detto che sono state fatte due sperimentazioni, quali differenze avete notato?
Nella seconda sperimentazione abbiamo aumentato il campione, volevamo capire se dopo il lockdown, dopo il covid, il numero di persone fosse minore rispetto. Insomma siamo rimasti chiusi in casa, e abbiamo immaginato ci fosse bisogno di più socialità, in realtà siamo stati sorpresi perché abbiamo scoperto che i casi sono aumentati, molte più persone guardavano lo smartphone.
C’è qualcuno o ci sono condizioni in cui siamo più suscettibili?
Sì. Familiari, amici, le persone che ci sono più vicine, la familiarità gioca un ruolo importante, risentiamo di più della mimica verso le persone con cui abbiamo un rapporto stretto. Luoghi e situazioni in realtà negli esperimenti non sono state variabili che hanno influito particolarmente sulla mimica, non è che a lavoro si imita di più rispetto a quando si è casa diciamo.
E invece ci sono differenze, o anagrafiche o di genere. Qualcuno che lo fa di più o qualcuno meno?
No, non abbiamo trovato mai niente, né a livello di genere né a livello di età. Nonostante di per sé gli adolescenti dovrebbero usare di più gli smartphone, in realtà di mimica soffriamo tutti.
I rischi dell’effetto camaleonte per quanto riguarda gli smartphone?
Pensiamo a un gruppo di persone dove su dieci, sei o sette usano il cellulare, ecco questo può essere considerato a tutti gli effetti come un fattore di esclusione, che è paradossale, di per sé uno è più integrato se interagisce con il gruppo, ma ora sembra che l’integrazione passi dall'utilizzare lo stesso oggetto che però ti porta lontano. Non è che ti rende asociale ma spinge verso un altro tipo di socialità che può essere molto pericolosa, finisce che conosci meglio persone dall’altra parte del mondo rispetto a chi ti sta vicino.
Come si può arginare?
Non si può modificare la risposta ma diminuire occasioni per crearla sì. Se ci imponiamo quando siamo a cena di chiudere lo smartphone, evitare di usarlo quando qualcuno ci sta parlando, non darlo a bambini di sette anni. Non si elimina l’effetto camaleonte che fa parte della nostra natura ma bisogna proprio evitare che parta lo stimolo quando si tratta di cellulari o dispositivi.
L’effetto camaleonte può quindi spingere verso un bon ton dello smartphone?
Beh questo non sarebbe male: piccole semplici regole potrebbe essere molto utili.