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Intelligenza artificiale (IA)

Perché creare foto in stile Ghibli con ChatGPT è un’offesa a Miyazaki

Negli ultimi giorni stanno esplodendo sui social le immagini realizzate con ChatGPT nello stile dello studio Ghibli. C’è di tutto. Attentati, black humor, immagini dei grandi processi israeliani. Non sono solo meme. C’è qualcosa di più. È un nuovo campanello d’allarme sul futuro del lavoro e dell’arte.
A cura di Valerio Berra
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ChatGPT si aggiorna spesso. Lancia nuovi modelli, potenzia quelli esistenti, aggiunge dei pezzi alle offerte dei suoi abbonamenti. Molto spesso questi aggiornamenti rimangono all’interno delle bolle social di appassionati ma questa volta c’è qualcosa che è esploso. L’aggiornamento del modello GPT-4o sulla generazione di immagini è diventato virale.

Il modello permette di creare delle immagini quasi perfette. Corregge il problema del lettering: se prima l’intelligenza artificiale aveva problemi con le parole qui i testi scritti compaiono senza problemi. Non solo. La sua precisione nel copiare altri stili è impressionante. A partire da quello dello studio Ghibli, la studio di animazione fondato (tra gli altri) da Hayao Miyazaki.

C’è qualcosa di magnetico nelle copie di immagini che vengono create. È come se l’intelligenza artificiale non riuscisse solo a riprodurre i tratti, le tinte o la saturazione dei colori. Gli algoritmi di ChatGPT riescono anche a riprendere le emozioni disegnate sui volti. L’abbiamo provata anche noi, senza pubblicare i risultati. Basta inserire il comando “Make this photo Ghibli style” e caricare la foto che si deve trasformare.

Tutti i meme sullo studio Ghibli, a partire dalla Casa Bianca

L’aggiornamento è stato lanciato martedì 25 marzo. Nel giro di due giorni il meme è esploso. Gli algoritmi che di solito sono impegnati a rispondere alle domande degli utenti di ChatGPT si sono trovati intasati di foto da processare. Sam Altman, Ceo di OpenAI, ha dovuto scrivere su X: “Le nostre GPU si stanno sciogliendo. Dobbiamo introdurre dei limiti alla velocità di elaborazione”. In effetti ora le immagini ci mettono un po’ di tempo per essere processate. Prima appare una tavola sfuocata e poi piano piano diventa tutto più definito.

Intanto sembra che il filtro Ghibli sia stato applicato a qualunque cosa, dalle immagini più importanti della storia contemporanea, ai meme. Tutti i meme, anche quelli più dissacranti e legati all’immaginario del black humor. Nel flusso sono finite anche le sequenze del processo a Mario Vanni e Pietro Pacciani per il caso del Mostro di Firenze. Ma non solo. La Casa Bianca, nello specifico l’account ufficiale della casa bianca, ha pubblicato un’immagine in versione Ghibli di una donna venezuelana accusata di essere una trafficante di Fentanyl arrestata. La trovate nella copertina di questo articolo.

Il senso di uno stile

Ora provate a immaginare di essere uno degli animatori che hanno lavorato a un film prodotto dallo studio Ghibli. Avete lavorato per anni per affinare il vostro stile e rispettare dei canoni decisi da artisti come Hayao Miyazaki o Isao Takahata (Una tomba per le lucciole). Quello stile non viene applicato a qualsiasi racconto, ma solo a poche storie che riflettono anche un mondo di pensieri e emozioni. Lo stile è una firma di un intero progetto.

Poi un giorno vi ritrovate uno strumento che applica il frutto del vostro lavoro a qualsiasi immagine, dalle pornostar che ammiccano allo specchio, a Osama Bin Laden che rivendica l’attacco alle Torri Gemelle passando per l’omicidio di John F. Kennedy. La giurisprudenza su questi temi è ancora fiacca. Ma ci sarebbero da capire due cose. Visto che il riferimento allo studio Ghibli è esplicito, c’è spazio per una causa sulla proprietà intellettuale? E soprattutto. Le opere dello studio Ghibli su cui si è allenato l’algoritmo come sono state acquisite?

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