video suggerito
video suggerito

Per la prima volta un chip in grafene è stato impiantato nel cervello: come è andata l’operazione

I metalli sono ampiamente utilizzati per realizzare le interfacce cervello-computer, eppure rischiano di causare infiammazioni e cicatrici. Il grafene potrebbe essere un’alternativa più sicura ed efficace.
A cura di Elisabetta Rosso
0 CONDIVISIONI
Immagine

Nel 2004 i fisici AndréGeim e Konstantin Novoselov isolano per la prima volta il grafene. Passano 20 anni. Vincono un Nobel per la fisica, il materiale viene utilizzato per batterie, sensori, condizionatori, cuffie, semiconduttori, entra nei dispositivi, nei display flessibili e ora anche nel cervello umano. Il grafene è il materiale più sottile conosciuto, anche uno dei più resistenti, e potrebbe rivoluzionare le interfacce cervello-computer che permettono la comunicazione tra l’attività cerebrale e un qualsiasi altro device esterno per aiutare persone con disabilità e patologie. 

Il primo test è stato un successo. Un team di chirurghi dell'Università di Manchester ha impiantato temporaneamente (79 minuti) un sottile strato di grafene nella corteccia del paziente, lo strato più esterno del cervello. Secondo i ricercatori dispositivo è stato in grado di distinguere tra tessuto cerebrale sano e canceroso con una precisione micrometrica.

L'obiettivo del progetto, finanziato dal Graphene Flagship della Commissione Europea, è dimostrare che il grafene può entrare in diretto contatto con il cervello umano. David Coope, il neurochirurgo che ha eseguito la procedura, ha spiegato che il dispositivo in grafene è più flessibile di un elettrodo convenzionale, riesce quindi di adattarsi meglio alla superficie del cervello. "Da una prospettiva chirurgica, significa che probabilmente possiamo posizionarlo in punti in cui troveremmo difficile posizionare un elettrodo", ha spiegato. Nella maggior parte dei casi vengono utilizzati dischi di platino-iridio incastonati nel silicio, "quindi sono piuttosto rigidi".

Come funziona il dispositivo in grafene di InBrain

Il dispositivo è stato realizzato dalla società spagnola InBrain Neuroelectronics. "Puntiamo a realizzare un prodotto commerciale in grado di decodificare e mappare il cervello", ha spiegato Carolina Aguilar, CEO e cofondatrice di InBrain, a Wired Usa. "Questa è la prima volta che il grafene viene inserito nel cervello di un essere umano. Quindi speriamo in un risultato grandioso". L' interfaccia cervello-computer InBrain può essere utilizzata solo per la mappatura del cervello, per questo l'azienda sta realizzando altri due elettrodi aghiformi da inserire nel tessuto cerebrale per la stimolazione cerebrale profonda. 

Aguilar ha spiegato che la versione commerciale del dispositivo avrà circa 100 elettrodi, l'azienda sta sviluppando anche una versione con 1.024 elettroni. Più sono più dati possono essere registrati dal cervello. Grazie al grafene il dispositivo può anche fornire una stimolazione molto precisa. Le interfacce dell'azienda potrebbero essere utilizzate per il trattamento di pazienti con ictus, epilessia o paralisi.

Perché il grafene funziona meglio dei metalli

I metalli sono ampiamente utilizzati per realizzare le interfacce cervello-computer, il punto di forza è l'elevata conduttività, riescono infatti a rilevare le scariche elettriche emesse dai neuroni. Ma, come come ha spiegato Christina Tringides, professoressa associata di scienza dei materiali e nanoingegneria alla Rice University, ci sono anche dei punti deboli. I dispositivi in metallo sono fragili e rigidi, "è come mettere un cucchiaio in una ciotola di gelatina o un coltello in un blocco di tofu".

Il cervello è morbido e pulsa a ogni respiro, gli elettorodi metallici non essendo flessibili non seguono il movimento e rischiano di causare infiammazioni e cicatrici. Non solo, i metalli possono anche ossidarsi nel cervello, considerato l'ambiente acquoso, e degradarsi nel tempo, "ecco perché c'è una forte spinta a usare altri materiali", afferma Tringides. Il grafene invece oltre a essere un conduttore eccellente e non si ossida.

0 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views